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consumo alcol

Bere non va più di moda (soprattutto tra i giovani)

Bere responsabilmente o non bere proprio più? I giovani (e non solo) stanno mandando in crisi l'industria dell'alcol che, da una parte, crede sia una conseguenza della crisi economica, ma dall'altra non può negare che è in corso anche un cambiamento culturale. Motivo per cui non risparmia pressioni su istituzioni e governi al fine di non demonizzare il settore. Fatti, numeri e commenti

 

Dagli Stati Uniti all’Europa, il consumo di alcol è in calo. Oltreoceano, quest’estate, ha addirittura toccato il minimo storico. Alcuni professionisti del settore sostengono che la causa principale sia la pressione finanziaria, mentre altri ritengono che si tratti di un cambiamento strutturale nelle preferenze – e, quindi, più difficile da invertire.

Intanto, secondo un’esclusiva di Reuters, l’industria globale delle bevande alcoliche, inclusi produttori belgi, messicani e multinazionali come Heineken, ha esercitato pressioni sui governi per contrastare le nuove misure restrittive proposte dall’Organizzazione mondiale della sanità, che sostiene che non esista un consumo di alcol privo di rischi.

NEGLI STATI UNITI IL CONSUMO DI ALCOL RAGGIUNGE I MINIMI STORICI

Il consumo di alcol tra gli adulti statunitensi ha toccato il livello più basso mai registrato, secondo un recente sondaggio Gallup. Solo il 54% degli americani ha dichiarato di bere alcolici, in calo rispetto al 58% del 2024 e al 62% del 2023. Questo dato scende sotto il precedente minimo storico del 1958, segnando un cambiamento profondo nei comportamenti e nelle percezioni.

A determinare questa inversione di tendenza è anche una crescente consapevolezza dei rischi per la salute: per la prima volta, la maggioranza degli americani (53%) ritiene che anche un consumo moderato di alcol sia dannoso. Il consumo medio settimanale è sceso a 2,8 drink – il dato più basso dal 1996. E non sembra che ci sia stato un passaggio massiccio ad altre sostanze, come la marijuana.

I GIOVANI EUROPEI DICONO ADDIO ALL’ALCOL

Una dinamica simile si registra anche in Europa, dove i giovani stanno progressivamente abbandonando l’alcol. Secondo un sondaggio di Circana, il 71% dei consumatori europei dichiara di bere o acquistare meno alcol, e quasi uno su quattro tra i 25 e i 35 anni lo ha eliminato completamente dalla propria dieta.

Le ragioni? Preoccupazioni per la salute e un semplice cambio di gusti: il 55% trova le bevande analcoliche più rinfrescanti, il 27% più salutari o dal sapore migliore. Le bevande senza alcol rappresentano ora quasi il 60% delle vendite nel mercato europeo delle bevande, mentre gli alcolici sono in calo dell’1,8% annuo.

Alcuni dirigenti del settore, tuttavia, minimizzano la portata culturale di questo fenomeno, attribuendolo piuttosto alla crisi economica. Per Nik Jhangiani, Ceo ad interim della multinazionale britannica operante nel settore delle bevande alcoliche Diageo, per esempio, si tratta di un effetto temporaneo che si risolverà con la ripresa dell’economia.

L’INDUSTRIA ALIMENTA IL DIBATTITO GLOBALE SULL’ALCOL

Mentre cala il consumo e cresce la consapevolezza pubblica, l’industria del settore non resta a guardare. Durante l’estate, aziende come Heineken, i produttori belgi di birra e i produttori di tequila messicani hanno fatto pressioni sui rispettivi governi per ammorbidire le nuove linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che afferma ormai apertamente che non esiste un livello sicuro di consumo alcolico.

Lettere e comunicazioni ottenute da Reuters rivelano che il settore ha chiesto modifiche specifiche a un accordo Onu in via di approvazione, tra cui l’eliminazione di riferimenti all’aumento delle tasse sugli alcolici e al divieto di pubblicità, ottenendo effettivamente l’indebolimento del testo finale. La stessa Oms ha ammesso che il processo è stato condizionato da intense attività di lobbying.

UN CONFLITTO TRA SALUTE PUBBLICA E INTERESSI INDUSTRIALI

Il confronto tra istituzioni sanitarie e produttori di alcolici, afferma l’agenzia di stampa, si sta trasformando in una vera battaglia di comunicazione. L’Oms, soprattutto dopo il 2022, ha aumentato il numero di pubblicazioni e iniziative contro il consumo di alcol. Nel 2023 ha adottato una posizione netta: nessun livello di consumo è sicuro.

L’industria reagisce, con Diageo che ha annunciato l’assunzione di figure dedicate al lobbying per contrastare la “sfida senza precedenti” lanciata dall’Oms e dalle Ong sanitarie. I produttori chiedono un approccio più “equilibrato”, che distingua tra consumo moderato e dannoso, e insistono sui presunti benefici sociali del bere con moderazione.

Ma gli esperti avvertono: “Ricordiamoci che queste sono aziende il cui scopo è fare soldi”, ha affermato Eric Crosbie dell’Università del Nevada. Le scelte politiche, quindi, decideranno di tutelare la salute pubblica o il business?

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