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Benvenuti al festival dei numerini di Merlyn e Kkr

Tim, Kkr, Merlyn e non solo. Pillole di rassegna stampa

 

ETEROGENESI DEI FINI…

 

IL FATTO TRAVAGLIEGGIA SU KKR

 

IL SOLE FOLGORA TIM

 

MERLYN TURBA IL MERCATO SU TIM?

 

PAPOCCHI A CAPOCCHIA

MA COSA DIAVOLO COMUNICA MERLYN SU TIM? LA LETTERA DI WALSINGHAM

 

GLI SBUFFI DI CONFINDUSTRIA

 

IL SOLE TRANGUGIA CONTRIBUTI STATALI

 

CARTOLINA DALL’AMERICA

 

CINESERIE

 

QUISQUILIE & PINZILLACCHERE

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COSA COMBINA IL FONDO MERLYN IN TIM? ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL SOLE 24 ORE:

La notizia è passata quasi inosservata sulle agenzie di stampa di domenica. Alle 16,30 del 12 novembre è uscita l’Adn-Kronos e qualche minuto dopo anche l’Agi, identico il testo: «Su richiesta della Consob, Merlyn Partners Scsp e Rn Capital Partners comunicano che, alla data del 6 novembre 2023, detenevano congiuntamente, in proprio o per delega, complessivamente n. 3.231.657 azioni ordinarie di Telecom Italia Spa, pari allo 0,021% del capitale ordinario e allo 0,015% del capitale sociale. Alla data odierna (12 novembre, Ndr) non sono intervenute modifiche rispetto a tale partecipazione». Alle 22,41 anche l’Ansa ha rilanciato il succo della comunicazione di Merlyn (riferibile a Alessandro Barnaba) e RN Capital (riferibile a Stefano Siragusa, ex top manager Tim) che aggiornava la partecipazione in Telecom rispetto a quanto comunicato il 2 novembre, su richiesta del gruppo di tlc, e diffuso dalle agenzie di stampa il 3 novembre: 200mila azioni ordinarie di proprietà di Merlyn Advisors e 703.280 di Siragusa, assegnategli come stock option. Un pacchetto pari complessivamente allo 0,0056% del capitale ordinario.

Ad attirare l’attenzione della Consob il comunicato diffuso da Londra, su carta intestata a Merlyn Advisors, il 3 novembre – giorno di avvio della maratona consiliare che ha portato Tim a firmare il 6 novembre la cessione della rete al fondo Usa Kkr – dove si manifestava sorpresa per la «ricostruzione fuorviante», specificando che «Merlyn ha ribadito a Tim di avere più dossier titoli, per una quota del capitale inferiore al 3%», e che «parimenti è stata data disclosure di un solo dossier titoli per dimostrare correttamente il suo essere azionista». Si aggiungeva che «lo stesso ha fatto RN Capital che ha dichiarato un dossier titoli di Stefano Siragusa». Merlyn dichiarava infine che «la somma di tutti i suoi dossier portano a una quota inferiore al 3%» e che «non è compito della società verificare le quote, ma ascoltare gli azionisti».

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COSA COMBINA KKR SULLA RETE DI TIM? ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL FATTO QUOTIDIANO:

Nelle scorse settimane la Corte dei Conti, analizzando il decreto che autorizza il Tesoro a entrare nell’operazione, aveva spiegato che “i prospetti finanziari non appaiono idonei a suffragare il giudizio di sostenibilità finanziaria”. Dai numeri comunicati da Tim e dagli americani qualcosa però si intuisce. Kkr valuta la rete Tim 18,8 miliardi. Tim spiega che, a chiusura di tutto, avrà 14 miliardi di debito in meno. Quasi nove arriveranno da debito bancario contratto da Kkr e che verrà scaricato interamente sulla nuova società delle rete. Ne restano 10, di cui circa 4 rappresentano il vero esborso “cash”: di questi, 2,5 dovrebbe metterceli il Tesoro, 1,7 il fondo italiano F2i mentre non è chiaro quanto investirà il fondo sovrano degli Emirati Arabi comparso come finanziatore all’ultimo momento (si parla di oltre 1 miliardo). Il resto? Qui sta il mistero, per così dire, anche se non lo è per gli osservatori finanziari.

La restante parte verrà versata da Kkr “conferendo” la partecipazione che detiene in Fibercop, la società dove due anni fa la Tim guidata da Luigi Gubitosi conferì la rete secondaria (l’ultimo miglio che va dagli armadi di strada alle case degli italiani). Gubitosi aveva disperato bisogno di cassa e, in cambio di 1,8 miliardi per il 37,5% del capitale, assicurò un rendimento garantito a Kkr più un’opzione per uscire dall’investimento i cui dettagli non sono mai stati resi noti (si parla di un rendimento del 12%). L’acquisto di Kkr valutava due anni fa l’intera Fibercop 4,7 miliardi, ma oggi secondo il fondo Usa ne vale il doppio grazie agli investimenti fatti per portare la fibra ottica nei Comuni. Quelli programmati da Fibercop ammontavano a 3 miliardi, non tutti però sono stati effettuati, anche se poi sono subentrati i finanziamenti del Pnrr. Ad ogni modo, se le cose stanno così, l’esborso effettivo di Kkr per prendersi il 70% della rete Tim potrebbe oscillare tra i 500 milioni e i due miliardi, a fronte di una valutazione di quasi 19 miliardi. Il fondo peraltro otterrà subito una super plusvalenza sul suo investimento in Fibercop, che è forse il vero motivo che li ha spinti a fare l’intera operazione della rete, e fra qualche anno monetizzerà il tutto uscendo da NetCo. Il Tesoro invece entrerà a prezzi già gonfiati, rischiando di vedersi ridimensionare la sua quota, che nelle intenzioni doveva essere del 20%. Non un grande affare. O almeno, non come quello che fa Kkr.

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COSA FARA’ KKR? ESTRATTO DI UN ARTICOLO DI REPUBBLICA:

Fra 5 o 6 anni gli americani rivenderanno la rete con un’ipo o altro, mettendo sul mercato un’azienda ristrutturata e profittevole, che avrà solo i costi della manutenzione e gli incassi degli affitti. Il governo però resterà l’azionista di maggioranza, e quindi conserverà il controllo della rete, oltre al golden power. Incasserà la sua parte di plusvalenza, e avrà il potere di veto su chi subentrerà a Kkr, evitando che si ripresentino i cinesi o altri pretendenti sgraditi. L’Italia in generale ci guadagnerà l’innovazione della rete, che finalmente consentirà alla trasformazione digitale di realizzarsi. Nelle condizioni attuali — è il ragionamento di chi ha seguito la vicenda — Tim doveva usare tutto le sue risorse per ripagare il debito e non poteva fare investimenti. Facendosi carico di questo debito, Kkr rende l’azienda più libera di usare il “cash flow” per ammodernare l’infrastruttura. La cifra prevista è intorno ai 10 miliardi, per far passare la rete interamente dal rame alla fibra ottica. Una svolta tecnologica fondamentale per l’Italia, che così diventerebbe un paese totalmente cablato, dove la digitalizzazione potrebbe davvero funzionare. Acquistando la rete Kkr non si farà solo carico del suo debito, ma pagherà anche a Tim soldi che l’azienda potrà usare per ridurre il proprio. L’infrastruttura apparterrà al consorzio di cui faranno parte il fondo americano, il governo italiano e altri. La rete già oggi viene affittata ai vari operatori, inclusa Telecom. Questi proventi, tolti i costi, non verranno usati per generare dividendi, ma per fare gli investimenti necessari a cambiare le parti ancora in rame con la fibra ottica. Una volta completata l’operazione, la rete avrà bisogno solo di manutenzione, e gli affitti inizieranno a generare profitti. A quel punto, stimato fra 5 e 6 anni, Kkr uscirà.

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