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Qualità della vita

Bcc e Cassa centrale, ecco come M5s e Lega picchiano per il Mediocredito trentino

Politica e imprese chiedono al presidente della provincia di Trento di ripensarci sulla vendita delle quote pubbliche del Mediocredito a Cassa centrale banca (Ccb), una delle holding delle Bcc già al centro di polemiche per il salvataggio di Carige.

 

Il Trentino Alto Adige potrebbe ripensarci sulla vendita delle quote pubbliche di Mediocredito, deliberata dalla precedente giunta guidata da Ugo Rossi e confermata dall’attuale ad aprile scorso con la delibera sulla riorganizzazione delle partecipate. Il termine per la procedura di cessione è fissato al 31 dicembre prossimo. Ora però spuntano i mal di pancia del mondo imprenditoriale e di quello politico con il consigliere provinciale del Movimento Cinque Stelle, Alex Marini, che presenta un’interrogazione al presidente leghista della provincia di Trento per cancellare la vendita. Lo stesso Maurizio Fugatti ammette: “Per vendere le quote di Mediocredito c’è tempo. Valuteremo con calma e serenità ogni opzione”.

COS’HA DELIBERATO LA GIUNTA ROSSI

La cessione della quota di Mediocredito Trentino Alto Adige spa (Mtaa) in mano a Regione Trentino Alto Adige, Provincia di Trento e Provincia di Bolzano (con una quota paritetica del 17,49%) è stata oggetto della delibera n. 713 del 12 maggio 2017, anche per rispettare le prescrizioni della legge Madia secondo la giunta Rossi. I tre soggetti, come racconta il quotidiano L’Adige, “condivisero un percorso di valorizzazione per rafforzare velocemente l’istituto ‘al fine di favorire la solidità della banca e la vocazione territoriale a sostegno dello sviluppo locale, con azzeramento della partecipazione pubblica, al fine di favorire l’apertura a nuove risorse essenziali per il rilancio di Mtaa’”.

L’INTERROGAZIONE DEL M5S

Ora il Movimento Cinque Stelle si oppone alla cessione e chiede con una interrogazione del consigliere provinciale Alex Marini al presidente della provincia di Trento di cancellare la cessione delle quote pubbliche di Mediocredito Trentino Alto Adige spa (Mtaa) al sistema del credito cooperativo trentino – Cassa centrale banca (Ccb) e Reiffeisen – e di trasformarla in una banca che sostenga le due province della Regione. “Mediocredito è un istituto di credito che da oltre 60 anni sostiene lo sviluppo delle piccole e medie imprese sul territorio – si legge nell’interrogazione -, che ha prodotto utili dal 2011 al 2018 con la sola esclusione dell’anno 2015 e che ha un livello di solidità patrimoniale unico nel panorama italiano. Di fronte a tali numeri – evidenzia Marini – risulta difficile comprendere la scelta di alienare le quote pubbliche, a maggior ragione in un contesto in cui la spinta propulsiva allo sviluppo del territorio delle Casse Rurali sta venendo meno dopo l’adesione al Gruppo Bancario Cooperativo Cassa Centrale Banca” che peraltro “sta già operando come una vera e propria spa” come dimostra l’acquisizione di una quota di Carige. Secondo il consigliere provinciale Cinque Stelle Mediocredito ha un ruolo per cui può essere “una banca pubblica per gli investimenti valorizzando la funzione storica di sostegno delle imprese del territorio”.

L’ALLARME DELLE IMPRESE

Pure dal mondo imprenditoriale, come si diceva, arriva l’auspicio di un passo indietro o comunque di mantenere una forte attenzione al territorio. Il quotidiano online Trentino riporta le parole di Fausto Manzana, presidente di Confindustria Trento: “Se proprio hanno deciso di vendere il Mediocredito, che fissino paletti o garanzie perché continui a operare sul territorio regionale”.

L’istituto, aggiunge, “è in grado di valutare i progetti e le esperienze di sviluppo. Ha un know how specifico e competenze straordinarie, pur con tutti i limiti che ci possono essere. Spero proprio che possa proseguire in questa opera a sostegno dello sviluppo del territorio e delle imprese del Trentino Alto Adige, questo anche se Cassa centrale ormai guida un gruppo nazionale”. E non si tratta solo di un problema di sede: “Credo che la questione sia soprattutto l’anima della banca. Alla base di tutto c’è la vocazione del Mediocredito che è quello di dare risposte alle imprese. La politica faccia attenzione che in questo passaggio non si perda quest’anima”.

Sulla stessa linea Marco Segatta, presidente dell’Associazione Artigiani: “Che il Mediocredito resti territoriale è una necessità per tutto il mondo delle imprese che hanno bisogno di un confronto con una banca del territorio. Un’economia deve essere sostenuta dal credito soprattutto di questi tempi in cui l’accesso a quel mondo è difficile. E poi si devono trovare i meccanismi giusti per il credito alle piccole e micro imprese”.

COS’HA DETTO IL PRESIDENTE FUGATTI

La questione della alienazione delle quote pubbliche è stata posta dal quotidiano L’Adige proprio al presidente Fugatti che ha mandato un messaggio chiaro: “Non siamo sordi rispetto a quanto dicono le categorie economiche, e cioè al fatto che in Trentino c’è un problema: quello che tecnicamente si chiama razionamento del credito. Su questo fronte non possiamo essere insensibili”.

Dunque, nonostante la conferma della privatizzazione sia avvenuta solo pochi mesi fa, il numero uno della provincia di Trento sembra aver avuto qualche ripensamento. “Il principio – spiega Fugatti – è che la banca debba avere interessi legati al territorio. Non ci stiamo a piazzare le azioni di Mediocredito sul mercato al miglior offerente a prescindere. Tra le opzioni, valuteremo quella che garantisce più legami con il territorio, per il suo sviluppo”. Alla domanda diretta se ci sarà ancora una presenza pubblica in Mediocredito, una risposta che lascia speranze a chi è contrario alla cessione delle quote: “Non è scontato che la presenza pubblica non ci sia più”.

Del resto, come evidenzia il giornale trentino, da aprile sono cambiate alcune cose. Per esempio, Cassa centrale banca, che già detiene il 36,56% e che è la candidata principale a rilevare le quote pubbliche, è interessata a Carige e finora non ha formalizzato manifestazioni d’interesse alla Provincia. E poi “dalla politica, dal mondo economico e sindacale sono arrivati messaggi che auspicano il mantenimento dell’‘ultima’ banca regionale sul territorio”. Comunque al momento “la ‘macchina’ per la privatizzazione, dopo che l’advisor finanziario Mazars Italia ha già individuato un range di valori della partecipazione pubblica (120 milioni di euro), resta accesa”.

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