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Bce

Perché le banche preferiscono depositare soldi nella Bce. L’approfondimento di Liturri

Le contraddizioni nei rapporti fra Bce e banche (disincentivate di fatto dall'Istituto centrale a prestare denaro alle imprese). L'approfondimento dell'analista Giuseppe Liturri

 

Ricordate tutti i proclami che abitualmente si ascoltano, ormai da anni, in occasione degli annunci delle azioni di politica monetaria della Bce e di Draghi (ed ora Lagarde)? Quali sono gli effetti di quelle azioni sull’economia reale, sulla vita dei milioni di famiglie ed aziende che generano il reddito del nostro Paese?

A giudicare dagli ultimi dati sull’andamento dell’attività bancaria, pubblicati dalla Bce lo scorso 28 novembre, pare che arrivi poco o nulla. Si registrano invece movimenti tellurici nei rapporti tra banche e la Bce.

Premesso che l’attività bancaria è il principale motore di trasmissione di quelle azioni verso l’economia reale, i dati sono imbarazzanti e deludenti. E lo sono ancor più se confrontati con i trend in atto in altri paesi dell’Eurozona.

Cominciamo dai prestiti verso le imprese che continuano a scendere regolarmente ad un tasso ormai costante del 5/6% rispetto all’anno precedente. Siamo arrivati al minimo storico di circa €655 miliardi, contro il massimo di circa 900 miliardi segnato nel 2011. Un fiume di circa €250 miliardi che ha smesso di bagnare le terre assetate delle nostre imprese.

Ma allora cosa fanno le banche italiane? Hanno pensato bene di approfittare del tasso zero (entro un certo plafond, anziché -0,5%) offerto dal 1° novembre dalla Bce sui loro conti correnti ed hanno massicciamente spostato la bellezza di 60 miliardi in 2 mesi su quei conti. Una cifra enorme, se si pensa che è pari a poco meno del 10% dell’intera consistenza di prestiti alle imprese, e fa segnare un incremento del 79% rispetto alle giacenze di fine agosto.

Se le banche italiane hanno trovato conveniente impiegare denaro a tasso zero presso la Bce, anziché prestarlo alle imprese italiane, devono aver fatto due considerazioni:

  • Che il rischio di fare impieghi presso le imprese sia troppo elevato e nemmeno tassi positivi siano sufficienti per remunerarlo, oltre alla necessità di accantonare capitale per lo stesso rischio.
  • Che ci sia qualcuno, in giro per il mondo, disposto a prestare denaro alle banche italiane ad un tasso negativo ma comunque superiore al -0,5% offerto dalla Bce per la liquidità in eccesso.

E quest’ultimo aspetto, se possibile, è ancora più clamoroso.

Da un lato, le banche italiane hanno trovato conveniente fare raccolta ad un tasso negativo (compreso tra 0 e -0,5%) ed impiegare a 0%. Dall’altro, altre banche (quasi sicuramente estere) che fino a ieri impiegavano al tasso del -0,5%, hanno trovato conveniente prestare a banche italiane ad un tasso superiore ancorché ancora negativo.

Ma presso chi hanno fatto raccolta le banche italiane? Depositanti italiani? Poca roba. Banche estere, come si diceva molto probabile. Però non lo hanno fatto con la raccolta diretta, ma tramite clearing houses (società finanziarie prevalentemente estere che hanno ruolo di stanza di compensazione) presso cui le banche abitualmente hanno flussi in entrata ed in uscita che però costituiscono una modesta quota della raccolta complessiva. Tale raccolta è avvenuta con prestiti a termine garantiti da titoli (repos, in termine tecnico) e tale modalità, inusuale nei volumi registrati al 31 ottobre, lascia spazio a qualche domanda.

Perché la raccolta non è avvenuta con la raccolta diretta sul mercato interbancario? Le banche estere forse non si fidavano e volevano avere un soggetto garante (il ruolo principale della clearing house, che si inserisce tra debitore e creditore) che triangolasse l’operazione? In definitiva le banche estere volevano tenersi le mani libere per poter prontamente rientrare da un impiego della loro liquidità in eccesso, in caso di turbolenze?

Sono interrogativi a cui si potrà dare risposta più esauriente nelle prossime settimane.

Le imprese italiane per ora possono attendere, con loro le banche non guadagnano. Conviene di più far girare denaro a rischio zero (apparentemente) tra loro e la Bce. A dispetto di tutti i proclami che arrivano da Francoforte.

(articolo pubblicato giovedì scorso sul quotidiano La Verità)

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