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Giorgetti

La guerra di carta fra Banca d’Italia e governo Meloni

Che cosa si dice e che cosa non si dice sull'audizione della Banca d'Italia in Parlamento sulla manovra. I Graffi di Damato

 

Oddio, ch’è successo?, viene da chiedersi vedendo le prime pagine dei maggiori giornali accomunate dal “gelo di Bankitalia” sul governo – titolo del Corriere della Sera – dall’”assalto a Bankitalia” per reazione da Palazzo Chigi e dintorni – titolo di Repubblica – e dall’”alta tensione” gridata dalla Stampa. Non parliamo poi delle intestazioni dei commenti.

Al Corriere hanno persino immaginato con la vignetta di Emilio Giannelli una secchiata d’acqua fredda rovesciata da una finestra della sede nazionale della Banca d’Italia sulla testa di un malcapitato difficilmente identificabile sulla soglia del palazzo ma affiancato dal riconoscibilissimo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

I più bravi con la fantasia, e la malizia, sono stati forse, e come al solito, quelli del manifesto. Dove hanno saputo scegliere tra le foto d’archivio delle conferenze stampa recenti a Palazzo Chigi una particolarmente adatta per rappresentare lo stesso Giorgetti e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni appena colti di sorpresa – “sballati”, ha titolato il quotidiano ancora orgogliosamente comunista – da qualcosa di imprevisto, sorprendente, imbarazzante e quant’altro.

A leggere poi fra le righe il solito Fatto Quotidiano si avverte quasi il sospetto di una conquista della Banca d’Italia da parte di Giuseppe Conte per la coincidenza fra le critiche formulate alla manovra finanziaria del governo da un alto funzionario della stessa Banca, Fabrizio Balassone, ascoltato in sede di commissioni alla Camera, e quelle che il capo delle 5 Stelle va ripetendo sulle piazze. Ciò a cominciare naturalmente dai tagli al cosiddetto reddito di cittadinanza per finire con i tentativi di favorire l’uso del contante rispetto ai pagamenti elettronici.

Come accade ogni tanto da sempre, da istituzione superiore, dalla quale sono stati scomodati anche fior di “governatori” per metterli alla guida di governi da salute pubblica, o quasi, la Banca d’Italia è stata scambiata per un partito. E colpita alla stregua di una specie di sindacato protettivo delle più esose banche private, come ha fatto addirittura un sottosegretario molto vicino a Giorgia Meloni, o Fdi un luogo anch’esso aduso a “bruciare miliardi”, come ha fatto su Libero il direttore Alessandro Sallusti alludendo sia alle vecchie lire sia all’euro.

Poi uno legge qualche cronaca dettagliata dell’accaduto, per esempio quella di Luciano Capone sul Foglio, e scopre che del povero Balassone sono state ascoltate e riprese solo talune critiche o riserve e non il giudizio complessivamente positivo, e compiaciuto, sulla legge di bilancio all’esame del Parlamento. O che la presidente del Consiglio, scrivendo le prime pagine o righe di quella specie di diario o rubrica appena battezzata nelle comunicazioni social col suo nome di battesimo, ha buttato acqua sul fuoco del suo sottosegretario e garantito tutto il rispetto dovuto all’autonomia, autorevolezza e quant’altro della Banca d’Italia.

Tutto a posto, allora? La guerra in corso resta solo quella in Ucraina, dove Putin certamente non si risparmia? Sì, pare proprio di sì. E non si può neppure dire “per fortuna”, viste le nefandezze delle quali ogni giorno di più al Cremlino si dimostrano capaci, purtroppo fra l’indifferenza o la distrazione di parecchi pacifisti di casa nostra.

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