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Arabia Saudita

Cosa combina il fondo sovrano dell’Arabia Saudita

Il Pif, il fondo sovrano dell'Arabia Saudita, guarda in patria per nuovi investimenti. Nel paese, intanto, non si fermano le violazioni dei diritti.

Il Fondo sovrano di investimento pubblico (Pif) in Arabia Saudita è cresciuto del 29% attestandosi a un valore patrimoniale pari a 925 miliardi di dollari nel 2024. Cosa significa questo per l’economia saudita? Prima di tutto la possibilità di diversificare gli investimenti, lanciandosi in altri mercati oltre quello petrolifero.

Arabia Saudita e Vision 2030

Per esempio, il Pif è impegnato in piani di investimento in giga-projects, come Neom, un progetto futuristico di sviluppo nel deserto, nella costruzione di Qiddiya, una mega-città per l’intrattenimento, nella realizzazione di una nuova compagnia aerea, la Riyadh Air, e nella creazione del gruppo farmaceutico Lifera.

D’altra parte, gli investimenti in progetti all’estero sono cresciuti solo del 14% rispetto agli anni precedenti, quando Riyad si è lanciata in mega investimenti per costruire città avveniristiche, e molto contestate per l’impatto che hanno avuto sugli assetti urbanistici locali e la sostenibilità, in Egitto, Giordania e in altri paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. In alcuni di questi paesi il sostegno saudita per i regimi militari al potere, come è avvenuto per esempio per l’appoggio accordato al generale Khalifa Haftar in Libia, ha avuto anche un impatto politico e strategico essenziale per le dinamiche di politica interna.

Eppure, quest’anno la quota degli investimenti esteri del Pif è scesa dal 30% del 2020 al 20% del 2023. In altre parole, il fondo sovrano più grande del mondo si sta concentrando su investimenti in territorio saudita più che all’estero promuovendo tutta una serie di iniziative che includono prestiti personali per incentivare il trasferimento di cittadini europei in una delle economie che più mira alla crescita economica e sociale in Medio Oriente, come previsto dai progetti di diversificazione economica di Vision 2030. Le banche saudite hanno incrementato così i prestiti di 700 miliardi di dollari lo scorso gennaio 2024, determinando una crescita dell’11% rispetto al 2023. In particolare, di questi 700 miliardi, i prestiti personali hanno toccato il 33% mentre il restante 67% ha riguardato l’espansione delle attività imprenditoriali soprattutto in edilizia, e nell’offerta di elettricità, gas e acqua.

Riforme senza diritti

Tuttavia la strada delle riforme, tracciata dall’erede al trono Mohammed Bin Salman, è piena di lati opachi. Prima fra tutti, ha profondamento segnato l’immagine del regno nel 2018 l’uccisione violenta del giornalista del Washington Post, Jamal Khashoggi.

Per le sue analisi critiche sulle riforme intraprese dal regime saudita, Khashoggi è stato fatto a pezzi nel Consolato saudita a Istanbul mentre andava a ritirare un certificato utile per sposarsi. Sebbene molti lati restino ancora oscuri sulla sua morte, molti confermano il coinvolgimento delle più alte cariche saudite nell’assassinio.

Ma non si tratta di un caso isolato. Dall’inizio della guerra a Gaza lo scorso 7 ottobre 2023 per esempio, sono stati banditi i post sui social network sul conflitto. Non solo, una Corte saudita ha condannato lo scorso luglio Asaad al-Ghamdi, un insegnate di 47 anni, a venti anni di prigione proprio per i suoi commenti critici sui social media. Asaad è il fratello di Mohammed al-Ghamdi, insegnate in pensione condannato a morte nel 2023 per i suoi post su X e Youtube. In realtà, il vero obiettivo delle autorità saudite sarebbe il loro fratello Saeed al-Ghamdi, docente in esilio in Gran Bretagna e molto critico verso le autorità saudite.

Il caso al-Ghamdi

L’insegnante è stato tenuto in isolamento senza contatti con l’esterno per cinque mesi. In un tweet, il fratello Saeed ha fatto sapere che “le accuse contro Asaad sono un attacco diretto” contro di lui dopo i tentativi falliti di costringerlo a tornare in patria. Le accuse contro al-Ghamdi sono quelle convenzionalmente usate contro i dissidenti politici in Arabia Saudita, dalla “pubblicazione di notizie false” all’attacco alle istituzioni della Corona.

Uno dei post di Asaad ricordava la figura di Abdallah al-Hamed, fondatore dell’Associazione saudita per i diritti civili e politici, morto in prigione per accuse legate alla sua attività di difensore dei diritti umani. “Un’altra sentenza oltraggiosa dimostra che le autorità saudite vogliono colpire qualsiasi voce critica”, ha dichiarato la ricercatrice sull’Arabia Saudita per Human Rights Watch, Joey Shea. “Gli alleati dell’Arabia Saudita devono condannare queste sentence e chiedere che il governo saudita rilasci i detenuti politici e metta fine alle sue pratiche repressive”, ha aggiunto.

Le riforme avviate dalla Corona saudita che includono anche una maggiore visibilità, seppur ancora limitata, per le donne saudite nello spazio pubblico, hanno portato negli ultimi anni a un restyling dell’immagine di Riyad nel mondo. Il fondo sovrano saudita, dopo aver investito in progetti faraonici nella regione, anche con lo scopo di sostenere alleati politici, si sta concentrando in mega investimenti in patria. Tuttavia, nonostante il ruolo centrale che ricopre Riyad nel negoziato in corso per arrivare a un cessate il fuoco a Gaza, le riforme volute da bin Salman nascondono lati oscuri che spesso gli alleati europei e negli Stati Uniti fingono di non vedere, in particolare in merito al rispetto dei diritti umani di attivisti critici verso il regime e per la sicurezza sul lavoro di migranti africani e asiatici.

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