skip to Main Content

Industria 4.0

Vi spiego la soluzione per Alcoa con la partecipazione dei lavoratori

L’approfondimento dell’avvocato Angela Lupo sull’esito della riunione sul caso Alcoa Una prima assoluta. Questo il messaggio in sintesi del ministro Carlo Calenda all’esito della riunione di ieri al Mise, alla presenza anche dei sindacati. Non male per Alcoa, l’azienda (che Sider Alloys rileverà), situata in Sardegna, nel Sulcis, con stabilimento e produzione fermi da diversi…

Una prima assoluta. Questo il messaggio in sintesi del ministro Carlo Calenda all’esito della riunione di ieri al Mise, alla presenza anche dei sindacati. Non male per Alcoa, l’azienda (che Sider Alloys rileverà), situata in Sardegna, nel Sulcis, con stabilimento e produzione fermi da diversi anni e con i lavoratori, senza impiego e senza stipendio.

La “prima assoluta” si riferisce alla decisione, presa al tavolo sull’ex Alcoa con Sider Alloys e sindacati, di conferire il 5% del capitale della nuova società ad un’associazione dei lavoratori che avrà anche un posto nel Consiglio di Sorveglianza. Secondo il ministro Calenda, questo conferimento ai lavoratori “sarà il primo caso in cui i lavoratori partecipano alla gestione dell’azienda e se lo sono ampiamente meritato”.

Su Twitter, nel botta e risposta con Massimo Gibelli, portavoce di Susanna Camusso, il ministro Calenda incalza e precisa come nessuna problematica ci sarebbe in ordine alla destinazione del 5% delle azioni ad associazione di lavoratori. Testualmente il Tweet del ministro: “E perché sarebbe problematica? Il 5% va ai lavoratori costituiti in associazione. Gli utili rimangono nella loro associazione e possono essere utilizzati per fini sociali. Il posto in Consiglio di sorveglianza li rende partecipi decisioni. Credo sia primo caso in Italia”.

Nel frattempo ci sarà l’ulteriore aggiornamento della vertenza al 3 maggio prossimo. In quella sede al Mise si auspica una quadra univoca, da parte di tutti i sindacati, in rappresentanza dei lavoratori dell’ex Alcoa.

Magari con una proposta concreta, da sottoporre a Sider Alloys e al ministro Calenda, una proposta che veda finalmente, per la prima volta in Italia, i lavoratori protagonisti della gestione responsabile della società presso cui presteranno la propria opera.

Questa soluzione indicata dal ministro Calenda apre la strada a tante considerazioni sulla partecipazione dei lavoratori all’azionariato della società.
Tra le varie forme di partecipazione – stock option o donazione di azioni – la più singolare e la più semplice appare la figura degli Esop, acronimo di “employee stock ownership plan” (piano di proprietà azionaria dei dipendenti). L’Esop (nato e sviluppatosi negli Stati Uniti) è principalmente un fondo che acquista le azioni di una società dal proprietario – il più delle volte prendendo un prestito che ripaga con i ricavi dell’azienda – intestando tali azioni ai dipendenti che possono rivenderle quando vanno in pensione o nel caso in cui lascino l’azienda, alla stregua di un’assicurazione sulla vita. In buona sostanza, il proprietario incassa il prezzo di mercato delle azioni e i dipendenti le ripagano senza metterci dei soldi, poiché, di fatto, vengono utilizzati i profitti generati dal proprio lavoro. A differenza delle stock option o di una donazione di azioni, attraverso gli Esop i dipendenti, come gruppo, possono arrivare a possedere la società per cui lavorano.

Negli Stati Uniti gli Esop beneficiano anche di una serie di detrazioni fiscali sia al momento dell’acquisizione che successivamente. Al di là dei possibili vantaggi fiscali – la cui importanza non è da poco – credo che non vadano affatto sottovalutate alcune questioni a latere di tale figura di partecipazione all’azionariato.

Molte analisi sugli effetti, di medio e lungo termine, hanno dimostrato come la partecipazione azionaria dei dipendenti abbia comportato stimoli all’attività lavorativa e aggregativa della società, maggiori profitti, la tendenza a licenziare meno in momenti di crisi e a delocalizzare le attività produttive.

In estrema sintesi: una “migliore” ricchezza distribuita tra i lavoratori e l’azienda per cui gli stessi lavorano.

Questo è riferito agli Esop americani. Sicuramente per i lavoratori dell’ex Alcoa, al momento, non si rientra in tale fattispecie. In primis poiché è ancora in fieri l’evoluzione della vertenza. E va aggiunto: con un Governo in fieri. Auguriamoci tuttavia una presa di coscienza su qualcosa che davvero può mutare le sorti dei lavoratori dell’ex Alcoa. E le sorti anche di altri lavoratori di altre realtà produttive in crisi. Una prima assoluta!

Back To Top