Confindustria in azione contro la Robin Tax sui concessionari. E’ rivolta da parte delle associazioni confindustriali che rappresentano le concessionarie toccate dalla cosiddetta Robin Tax voluta dal governo giallo-rosso. Ecco tutti gli ultimi dettagli sulla vicenda: come funzionerà il tributo e che cosa dicono le aziende colpite.
CHE COSA PREVEDE LA NORMA
Tra i correttivi allo studio di maggioranza e Governo è spuntata una nuova «Robin Tax» del 2% (poi alzata al 3%) dovuta dai concessionari pubblici che “tecnicamente” seguono il meccanismo dell’ammortamento finanziario delle infrastrutture.In sostanza si tratta di tutte quelle società affidatarie che oggi gestiscono autostrade, porti, aeroporti, servizi di telefonia, radio e tv, nonché i produttori di energia elettrica. Resterebbero esclusi dalla norma su cui lavorano i tecnici, ora al vaglio per le quantificazioni, i balneari e le società del comparto petrolifero. L’aumento del 3% dell’Ires per i concessionari di servizi pubblici – che passerebbe dall’attuale aliquota del 24% a quella del 27% dal 2019 al 2021 – sostituisce la stretta che era prevista sull’ammortamento per i concessionari autostradali.
I NUMERI DELLA TASSA ROBIN
L’aumento porterà allo Stato 647,1 mln nel 2020 e 369,8 mln l’anno nel 2021 e 2022. Le risorse vengono destinate a migliorare «la rete infrastrutturale e dei trasporti» e alla «riduzione dei fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale».Con la misura del Ddl vengono colpite solo le imprese concessionarie di costruzione e gestione autostradale e trafori che, secondo l’attuale articolo 91, con l’ammortamento finanziario deducono l’1% del costo dei beni.
LE PAROLE DEL MINISTRO DE MICHELI
“Abbiamo ritenuto che questa norma fosse più equilibrata, nel momento in cui dobbiamo chiedere a chi le ha più risorse utili al Paese. Più equilibrata per tre ragioni: è spalmata su tutti i concessionari, è transitoria per soli tre anni, evita il rischio, che l’altra norma aveva, di bloccare gli investimenti autostradali. E gli investimenti autostradali sono l’interesse del Paese”, ha detto al Sole 24 Ore il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli (Pd).
LE CRITICHE DI MEDIASET E NON SOLO
Per Mediaset e Cairo, tra gli altri, ci sono addirittura profili di incostituzionalità. Infatti per Per Confindustria Radio e televisioni «suscita stupore l’irragionevolezza e l’incoerenza di una nuova disposizione appena depositata (c.d. Robin Tax) rivolta a concessionari di reti infrastrutturali e trasporti estesa alle imprese radiotelevisive che oltre a presentare evidenti profili vessatori e di incostituzionalità. In più, chi potrà recupererà questa tassa aumentando i costi per i consumatori, che è un risvolto assolutamente nefasto, il settore radiofonico e televisivo invece verrà ulteriormente penalizzato a discapito della concorrenza con gli OTT».
CHE COSA CONTESTANO ADR E SEA
In fermento anche il settore aeroportuale, in primis Aeroporti di Roma (gruppo Atlantia) e la Sea di Milano. Per Assoaeroporti «il prospettato aumento dell’Ires a carico dei gestori di pubblici servizi, attualmente allo studio nell’ambito della legge di Bilancio, rappresenta l’ennesimo “balzello” che va a gravare sulle imprese aeroportuali, deprimendone lo sviluppo e la competitività». Siamo «fortemente preoccupati da una proposta che, lungi dall’arrecare benefici al settore del trasporto aereo, non potrà che rallentare gli ingenti investimenti necessari per l’adeguamento e l’ammodernamento infrastrutturale del comparto, contribuendo a rendere sempre meno competitivo il sistema aeroportuale nazionale», ha detto Valentina Lener, direttore generale di Assoaeroporti.
LE PROTESTE DELLE ASSOCIAZIONI DI CONFINDUSTRIA
Utilitalia e Elettricità Futura hanno scritto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per spiegare le criticità della norma. Anzitutto che l’intervento tocca operatori impegnati con investimenti rilevanti, necessari per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità industriale che lo stesso governo sollecita e promuove. Poi, la sorpresa e le perplessità in considerazione della dichiarazione di incostituzionalità pronunciata dalla Corte costituzionale nel 2015 proprio su norme simili. C’è inoltre da considerare – ricordano le associazioni – il rischio che una norma simile finisca con il colpire non solo le imprese, ma anche gli utenti che dovrebbero concorrere all’inevitabile incremento degli oneri fiscali a carico di un sistema comunque regolato. La questione della costituzionalità non è un aspetto secondario e, ancora una volta, scaturisce dalla scelta di colpire solo alcuni settori in concessione, riporta il Sole.