Siamo dunque arrivati ad un primo accordo tra Ue e Usa sui dazi. Ecco qualche commento.
1. Date le premesse, un buon compromesso. Gli USA, oltre ai dazi, avevano richieste legate ad un maggiore accesso al mercato UE sul fronte non tariffario, in particolare su regolamentazione dei servizi digitali e dell’IVA. Su questo l’UE ha tenuto duro, anche perché un accordo tra Stati membri sarebbe stato molto complicato, con il rischio di far naufragare tutto. Pericolo scampato.
2. Il 15% di dazio fa male, ma non malissimo. Negli ultimi 3 mesi, per ogni punto di dazio US, il margine scaricato sull’esportatore è circa 20%, quello sull’importatore USA 50%, e il resto sul consumatore finale. Se questi numeri fossero confermati, per gli esportatori europei i margini sulle esportazioni USA si ridurrebbero dunque del 3%. Non piacevole, ma non è la fine del mondo.
3. A questo si aggiunge lo “zero per zero”, ovvero l’eliminazione completa dei dazi sia da parte UE che US su alcuni prodotti (in corso di definizione), tra cui aeromobili e ricambi di aerei, prodotti chimici, farmaci generici selezionati, attrezzature per semiconduttori, alcuni prodotti agricoli e materie prime critiche. Più in generale c’è un impegno a lavorare con gli USA per esenzioni su componenti strategiche delle catene del valore.
Su acciaio e alluminio inoltre (dove restano dazi al 50%) ci si impegna a ridurre le tariffe, anche con un sistema di quote, e a gestire insieme il tema della sovra-capacità produttiva globale. Il Giappone, che pure paga il 15%, non ha avuto dagli USA un trattamento così di favore. Mi viene da pensare che il freddo e sprezzante trattamento che la Cina ci ha riservato la settimana scorsa in occasione della visita ufficiale della delegazione UE (nessuna conferenza stampa congiunta, e ‘la Cina non ha responsabilità per i problemi degli europei’), sia stato ripagato a Pechino con gli interessi. Ben fatto.
4. In cambio di questi accordi, secondo Trump l’UE si impegnerebbe ad acquistare 750mld di prodotti energetici USA l’anno e a fare investimenti produttivi per 600mld. Su questo la Von der Leyen tace (sarebbero impegni di aziende private). Sul quadriennio della presidenza americana questi numeri sono da valutare: oggi l’UE importa 400mld di dollari di beni energetici l’anno => 250mld import ogni anno dagli USA non è realistico. Oggi importiamo 20mld di LNG US, e importavamo 50mld di greggio russo. Sostituendo greggio russo con americano, facciamo un pezzo, ma non i 250 che vuole Trump. Sul fronte degli investimenti diretti, già oggi investiamo in media 150mld l’anno in US. E forse investiremo di più per ‘saltare’ i dazi, dunque qui non ci sono particolari problemi.
Tutto a posto? Non proprio: da aprile il dollaro si è svalutato del 12% (un margine tutto a carico dell’esportatore), e nei prossimi mesi potrebbe fare altrettanto…