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Banda larga, cosa c’è scritto nel rapporto Agcom-Antitrust

Il rapporto stilato dall’Antitrust e dall’Agcom sulla banda larga in Italia può rappresentare un punto di svolta per l’intero settore. Le due agenzie hanno ribadito la necessità per la competitività della nostra economia di “colmare il ritardo che l’Italia sconta nello sviluppo delle reti di comunicazione a banda ultra-larga e nella diffusione delle competenze digitali nella popolazione e tra le imprese”.

Al momento vi è incertezza su ricavi incrementali attesi dagli operatori delle reti a banda larga e questa, in un momento di congiuntura economica non positiva, frena di investimenti nelle nuove infrastrutture. È quindi ragionevole cercare di realizzare prima le retiFTTC (Fiber-to-the-cabinet) che arrivano fino alla strada e in seguito le reti FTTB/H (Fiber-to-the-building/home) che si estendono fino al palazzo o alla casa. 

Secondo le due agenzie da un lato si devono attuare politiche estensive che consentano “la digitalizzazione dei rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadini” e dall’altro politiche intensive che favoriscano “l’offerta e il consumo di servizi innovativi che richiedono una banda elevata”, soprattutto nel settore dell’audiovisivo.

 

 

Fondamentali, in tal senso, risultano essere i voucher, ossia i benefici fiscali per famiglie e imprese che voglia passare alla banda ultra-larga, come richiesto anche dall’Unione Europea. Gli investimenti degli operatori di telecomunicazioni fisse, al momento, si concentreranno prevalentemente nell’arco dei prossimi due anni e dovrebbero arrivare a coprire il 50% della popolazione prevalentemente nelle zone urbane e nelle principali città ma “la presenza di più infrastrutture di rete di tipo FTTC in competizione sarà limitata ad un’area corrispondente a circa il 25% della popolazione”.

Rispetto agli altri paesi europei l’Italia risente di una concorrenza dinamica tra gli operatori di rete di telecomunicazioni e operatori di rete via cavo che nel nostro Paese non è sviluppata, mentre nel settore mobile vi è la presenza di quattro operatori concorrenti.

L’Agcom, al fine di favorire la concorrenza in ambito FCCT, ha introdotto un nuovo modello di co-locazione presso i cabinet dell’operatore dominante per “incentivare il co-investimento e la condivisione delle infrastrutture da parte di più operatori, così da ridurre l’impatto ambientale e gli oneri amministrativi legati all’ottenimento dei permessi dalle Autorità locali”. 

Le reti FTTC risultano la soluzione migliore perché “possono essere realizzate in tempi più brevi delle reti FTTH con un investimento più contenuto” e “assicurare, nel medio-lungo periodo, il terzo obiettivo infrastrutturale dell’Agenda Digitale Europea”. Per i privati la realizzazione delle reti FTTB/H appare possibile solo dove vi sia un impegno chiaro da parte dei principali operatori italiani di telecomunicazioni e quindi anche da parte dell’operatore incumbent (l’operatore dominante).

In questo caso l’indagine conoscitiva ha preso in considerazione tre scenari di un progetto di sviluppo di reti FTTB/H.

Nel primo scenario lo sviluppo e la gestione della rete FTTB/H avviene da parte di un operatore di rete “puro” non verticalmente integrato nella fornitura di servizi ai clienti finali e che “cede agli operatori di telecomunicazione servizi di accesso all’ingrosso in modo neutrale”. Questo scenario, sebbene difficilmente praticabile garantirebbe una maggiore concorrenza.

Il secondo scenario vede protagonista l’operatore verticalmenteintegrato che, nel nostro è Telecom Italia, che, però, non ha finora presentato dei progetti di investimenti in reti FTTB/H mentre il terzo vede in campo lo strumento delle joint venture che potrebbe coinvolgere quanti più operatori possibili. Nel breve-medio termine quest’ultimo scenario pare quello che maggiormente più favorire lo sviluppo del FTTB/H nel nostro Paese.

Una rapida e decisa svolta nel settore della banda larga non può essere compiuta senza un serio intervento pubblico, che però potrebbe minare la concorrenza del settore. Il rapporto ha perciò indicato quattro strade possibili: politiche di sostegno indiretto degli investimenti sia dal lato dell’offerta che della domanda; attività di coordinamento, controllo e monitoraggio dei processi di sviluppo delle reti (“oversight”); investimento pubblico nella realizzazione delle reti nelle aree a “fallimento di mercato”; “accelerazione” del processo di sviluppo tecnologico. 

L’intervento pubblico più efficace ed economico consiste in un’azione di sburocratizzazione degli apparati amministrativi e nella realizzazione dei lavori di ingegneria civile necessari per le nuove infrastrutture. Agcom e Antitrust sottolineano inoltre l’importanza che l’agenda digitale non riguarda più soltanto la digitalizzazione della PA ma anche la diffusione della reti in fibra ottica.

Secondo le due agenzie ci sono tre modalità di intervento possibili: quello diretto, le partnership pubblico-privato e gli incentivi, come quelli previsti dallo “Sblocca Italia” recentemente approvato.

 

Il rapporto sulla banda larga dell’Autorità Antitrust e di Agcom (Autorità garante nelle Comunicazioni) si può leggere a questo link 

 

 

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