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Samsung cala nel terzo trimestre e perde quote di mercato. Ecco perchè

Samsung perde colpi. Secondo Strategy Analytics, le quote di mercato del colosso sudcoreano nel campo degli smartphone sono scese dal 35% al al 24,7% nel terzo trimestre rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

Le vendite e il profitto, invece, sono calati rispettivamente del 20% e del 60%, nonostante la Samsung abbia venduto quasi 80 milioni di smartphone nel trimestre preso in considerazione che equivale però a un -10% rispetto all’anno precedente. Si è passati, infatti, da 88,4 milioni a 78-81 milioni di smartphone consegnati. Lo stesso Kim Hyun-joon, senior executive della divisione mobile di Samsung, da cui arriva il 60% del fatturato dell’azienda, ha ammesso che “le vendite dei telefoni di fascia alta sono un po’ deboli”.

La causa principale di questo calo è da attribuire agli scarsi risultati di vendita che stanno conseguendo Samsung Galaxy S5 e il Galaxy Note 4. La serie Galaxy S, che solo lo scorso anno ha fatto registrare un guadagno di 5 miliardi di euro, nello stesso periodo del 2014 ha diminuito il suo profitto a 1,27 miliardi di euro, mentre il Note 4 non è stato sul mercato per abbastanza tempo per poter incidere su questi dati.

A impensierire la contabilità dei coreani, poi, non è soltanto la concorrenza degli americani della Apple ma sono soprattutto i vicini cinesi come Xiaomi, Huawei, Lenovo, Oppo, One Plus. Secondo Business Insider “visto che improvvisamente è diventato molto più difficile competere con l’iPhone sui modelli di fascia alta, Samsung prova ora a competere contro i produttori Android di fascia più bassa, come la cinese Xiaomi, offrendo dispositivi di qualità a prezzi ragionevoli”.

Quest’ultima, per esempio,  in un solo triennio è diventato il terzo venditore al mondo dopo Samsung e Apple, anche se il suo mercato è ancora localizzato soprattutto in Asia e quasi assente in Europa e Usa. Nel terzo trimestre di quest’anno ha venduto il 5,3% delle 327 milioni di unità commercializzate nel mondo.

A questo si aggiunge il fatto che la Samsung,  a differenza della Apple non produce in casa il sistema operativo dei propri smartphone (girano su Android che è targato Microsoft), e ha un costo della manodopera più elevato dei suoi concorrenti asiatici. Samsung, poi investe circa il 6% delle proprie risorse in ricerca e sviluppo ed è la seconda società al mondo per numero di brevetti depositati, che costituiscono da sempre un grosso onere per le grandi società. Non si può perciò parlare di crisi per una multinazionale che nel 2013 ha fatturato 216 miliardi di dollari e ha circa 290 mila dipendenti in 79 Paesi, ma indubbiamente si tratta di un primo campanello d’allarme.

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