skip to Main Content

Geoblocking Credit Suisse Calcio Agcm Figc Legge Anti Pirateria PEZZOTTO

Streaming, l’Europa rottama il geoblocking

In zona Cesarini, in quest'ultimo scampolo di attività parlamentare, gli eurodeputati regalano un brivido inatteso, provando a tirare dritto in porta la proposta di rimuovere il geoblocking, ovvero i blocchi geografici per i servizi di streaming incentrati su film, serie tv e la trasmissione di eventi sportivi in diretta

 

Il nome in codice è geoblocking ed è conosciuto soprattutto in ambito videoludico, costituendo una barriera di stampo regionale che, fino al recente passato, impediva di giocare per esempio a un titolo destinato al mercato Usa su una console per l’Europa. Un tempo aveva anche un senso, dati i formati di codifica video differenti delle televisioni analogiche (Pal, Ntsc, ecc…). Ora sarebbe anacronistico e infatti diverse barriere sono via via cadute. Resta però nello streaming. Ma il Parlamento europeo non è più d’accordo.

L’UE CONTRO IL GEOBLOCKING

La volontà, attività di lobby permettendo, è dispiegare in campo entro il 2025 un nuovo regolamento sulla materia della trasmissione degli eventi in streaming. Strada tutta in salita, perché gli interessi in gioco (non solo negli stadi) sono immani e di mezzo c’è pure il rinnovo di legislatori e commissari, data l’ormai prossima scadenza della legislatura.

LIBERA CIRCOLAZIONE DI PERSONE, MERCI MA NON DELLO STREAMING?

Non a caso sebbene l’Ue in sé sia sempre stata contraria al geoblocking (sarebbe pure un paradosso se non lo fosse, visto che l’esistenza stessa dell’Unione si basa sull’abolizione di barriere e dogane per consentire la libera circolazione di persone e merci tra i Paesi membri) il settore nel regolamento del 2018 aveva beneficiato di una deroga ad hoc: “I servizi audiovisivi, compresi quelli il cui principale obiettivo consiste nel fornire accesso alla trasmissione di eventi sportivi, e che sono forniti sulla base di licenze territoriali esclusive, sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente regolamento”.

La disposizione è contenuta in una norma il cui titolo va esattamente nel senso opposto: “Misure volte a impedire i blocchi geografici ingiustificati e altre forme di discriminazione basate sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti nell’ambito del mercato interno e che modifica i regolamenti”. Insomma, un bell’autogol per il legislatore europeo.

LA RIVOLUZIONE UE

Ma in zona Cesarini, in quest’ultimo scampolo di attività parlamentare, gli “euronorevoli” regalano un brivido inatteso, provando a tirare dritto in porta la proposta di rimuovere i blocchi geografici per i servizi di streaming incentrati su film, serie tv e la trasmissione di eventi sportivi in diretta.

Con 376 voti a favore, 111 contrari e 107 astenuti gli europarlamentari hanno passato la palla alla Commissione che dovrà, nei prossimi due anni, predisporre un nuovo testo che faccia da cornice alla materia. Più che una palla, insomma, una patata bollente che potrebbe spettare a Ursula Von der Leyen in caso di bis o a Mario Draghi se le recenti indiscrezioni si rivelassero veritiere o ad altri. Quel che è certo è che il leader dei 26 commissari dovrà avere le spalle sufficientemente larghe per attuare quella che si prospetta come una vera e propria rivoluzione nel mondo dello streaming.

LE CONSEGUENZE PRATICHE DELL’ADDIO AL GEOBLOCKING

Nel caso in cui il nuovo regolamento facesse cadere ogni barriera, sarebbe consentito ciò che oggi è vietato e dunque un residente in territorio italiano potrebbe abbonarsi a un servizio streaming di un altro Paese.

Per esempio, se in Spagna ci fosse una realtà coi diritti di trasmettere la Serie A – oggigiorno in mano a Dazn per l’Italia – e proponesse la visione delle partite a un prezzo inferiore, un residente in Italia potrebbe abbonarsi a quel servizio. Si chiama libera concorrenza ed esiste già, più o meno a fatica, in tutti gli altri settori.

CHI NON È D’ACCORDO

Tutti felici? Non proprio. Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega Serie A e numero 1 di Infront Italy (azienda che si occupa di marketing per lo sport), ha già scandito il proprio altolà: “Ci opponiamo strenuamente all’abolizione del geoblocking perché metterebbe a serio rischio la sostenibilità economica del settore calcio e film in tutta Europa, con un indebito vantaggio alle grandi piattaforme Netflix, Amazon o Disney. Si rischia di mandare in frantumi l’intero sistema”.

La speranza europea di aprire il comparto al libero mercato potrebbe essere limitata nel caso in cui un’unica multinazionale imponesse i medesimi prezzi in tutti i Paesi Ue o in quello, più probabile, di cartello tra i pochi operatori di mercato. Ma anche in quel caso spetterebbe alla Commissione vigilare, fischiare e alzare il cartellino rosso. E in materia antitrust, si sa, l’Ue è un arbitro molto rigoroso.

Back To Top