I dati, si sa, sono l’oro nero del terzo millennio. Specie tra le Big Tech che operano sul Web. Soprattutto quando si parla di utenti unici, page views e via di questo passo. In un sistema che si sostiene sull’Adv, ovvero sulle inserzioni della pubblicità, non deve sorprendere visto che misurano la eco che una piattaforma ha rispetto al mare magnum di internauti. Anche per questo le piattaforme non amano divulgarli, ma è chiaro che, soprattutto nello streaming, ciò finisca per creare un ennesimo gap rispetto alle emittenti tradizionali.
AUDITEL CHIEDE TRASPARENZA AI BIG DELLO STREAMING
È tornato a ribadirlo il presidente di Auditel, Andrea Imperiali, nel coso della sua recente audizione alla Camera, secondo cui è necessario non solo “introdurre fondamentali principi di trasparenza e di responsabilità per rimuoverei gravi squilibri già in atto. A cominciare dai non più tollerabili paradisi fiscali europei che, esaurita la funzione per la quale ieri furono concepiti, oggi, in un settore cruciale come quello dell’audiovisivo, alterano la concorrenza, frenano l’innovazione e allargano il divario finanziario tra i giganti globali e i nostri attori continentali”.
IL MERCATO DELLO STREAMING IN NUMERI
Ma soprattutto, in “un mercato globale dello streaming, che vale ben 154 miliardi di dollari” e nel quale “operano 27 diverse piattaforme” (un comparto che ai nostri connazionali piace parecchio, considerato che su 122 milioni di schermi, 97 milioni sono “connessi”, ovvero dispositivi dotati di un display e capaci di collegarsi a Internet) per Auditel occorre che tale trasparenza riguardi “naturalmente anche i sistemi di misurazione. E a proposito di questi, anche la pratica dell’automisurazione non è più tollerabile”.
AUDITEL CONTRO L’AUTOMISURAZIONE
Imperiali stiletta nuovamente le compagnie OTT (Over-The-Top, riferite a contenuti offerti via Internet) che continuerebbero a latitare sul fronte della misurazione degli ascolti di tipo censuario, così come previsto anche dalla Total Audience applicata da Auditel che, dal 2018, consente la rilevazione degli ascolti TV fruiti, in casa e fuori casa, su tutti i device abilitati alla visione via protocollo IP. Se si esclude dalla lista degli OTT Dazn, sono infatti appena cinque gli operatori che hanno aderito al sistema censuario (che si accompagna a quello campionario): Discovery, La7, Mediaset, RAI e Sky. Mancano insomma tutte le altre compagnie, quelle maggiormente rilevanti che detengono la percentuale maggiore nel campo dello streaming.
LA COLLABORAZIONE TRA GOOGLE E AUDICOM
E proprio tra Auditel e una delle OTT statunitense, Google, che ha iniziato a lavorare con Audicom (società che collabora con Auditel e che misura l’audience dei canali digitali e a mezzo stampa) per sviluppare strumenti di misurazione che possano monitorare le visioni su YouTube, si registra una inedita convergenza a margine dell’intervento di Imperiali in Parlamento.
SULLO STREAMING AUDITEL E GOOGLE D’ACCORDO, MA…
Scrive infatti Diego Ciulli, Head of Government Affairs and Public Policy di Google Italy, su LinkedIn: “Le parole di Imperiali contro la cosiddetta ‘automisurazione’ degli OTT sono state forti e nette – ‘fa male al mercato’. Ha ragione, e proprio per questo abbiamo da tempo dato la nostra disponibilità a aprire i server per far misurare YouTube da un JIC in Italia e siamo già al lavoro con Audicom per farlo”.
Non manca però quella che pare una coda velenosa, proprio su quella trasparenza chiesta con forza da Imperiali: “Speriamo che molto, molto presto questo lavoro porti i suoi frutti, e che Audicom e Auditel rendano le proprie metriche pienamente interoperabili, in modo da assicurare al mercato della pubblicità la trasparenza che tutti chiediamo con forza.”