La “riforma Leo” si avvia verso l’attuazione. È pronto per essere discusso in Cdm il decreto legislativo post-delega fiscale in materia di giochi online, che dovrebbe introdurre un riordino della materia. Un intervento presentato come una stretta su illegale e ludopatie che ha mandato in subbuglio l’intero comparto, che sta accusando il governo di voler nascondere tra le pieghe della normativa un maldestro tentativo di fare cassa.
LA RIVOLTA DEI SITI DI SCOMMESSE
Sui contenuti LOGiCO, Lega operatori di Gioco su Canale Online che rappresenta concessionari e provider italiani e internazionali del gioco legale online (Bet365, Betsson, Betway, Bwin, Kambi, Kindred Group, Leovegas, StarCasinò e William Hill), esprime in una nota “preoccupazione e contrarietà” poiché il decreto prevedrebbe un “esorbitante costo delle concessioni di 7 milioni di euro, canoni raddoppiati e nuove e ingiustificate restrizioni, come il limite di un solo sito Internet per concessionario, in contrasto con l’irrisolta mancanza di visibilità rispetto ai competitor illegali. Inoltre, si realizzerebbe una sorta di regolarizzazione dei punti vendita e ricarica (PVR) con un obolo di soli 200 euro cadauno, invece di bandire una regolare gara di aggiudicazione. Ne risulta un quadro di riforma confuso e senza logica, che rivela una mera volontà di restringere il mercato, con gravi effetti espulsivi della concorrenza”.
Per questo l’associazione parla di un provvedimento caratterizzato da una “marcata impronta anticoncorrenziale” prevedendo “un riassetto competitivo del comparto con un aumento sproporzionato e ingiustificato del costo delle concessioni, ben 35 volte superiore rispetto al bando precedente del 2018, che da una nostra analisi risulta senza precedenti nel panorama mondiale. Questo – l’accusa – taglierebbe fuori 65-75 attuali concessionari, lasciandone in campo una quindicina. Un taglio drastico che mette in serio pericolo molte aziende e i loro occupati. Principi di libera concorrenza sono richiamati nelle premesse del testo, per poi essere calpestati con norme che favoriscono un oligopolio, espellendo dal perimetro legale la stragrande maggioranza dei concessionari attuali, senza tuttavia garantire la visibilità dei concessionari operanti sul circuito legale”. Il riordino, d’altro canto, non appare neanche un buon affare per le casse dello Stato. Nelle ipotesi più ottimistiche, lo Stato incasserebbe tra i 105 e i 140 milioni. Per assurdo – viene fatto notare – basterebbe attuare il tanto criticato bando vigente e inapplicato, ed eliminare il limite di 40 concessioni previsto, per raccogliere tra i 100 e i 150 milioni, senza distruggere la concorrenza”.
Per l’associazione la regolarizzazione dei Punti vendita ricarica (Pvr) “porterebbe entrate per non più di 10 milioni di euro, cifra facilmente superabile attraverso l’indizione di una regolare gara per l’aggiudicazione dei diritti per l’utilizzo di tale rete, con chiara indicazione del numero massimo ed un limite di concentrazione per ciascun operatore”.
Anche per questo l’associazione “chiede l’apertura di un tavolo di confronto, critica nel dettaglio altri punti contenuti nel decreto, che glissano sull’effettiva esigenza del riordino del settore. In particolare, si segnala la mancanza di un quadro normativo certo su temi fondamentali come il superamento del divieto di pubblicità e una chiara regolamentazione dei punti vendita e ricarica. Tutto ciò comporta assoluta carenza di condizioni per poter partecipare”.
“Così formulato, il decreto – concludono dall’associazione – condurrebbe all’ennesimo contenzioso da parte della nutrita platea di aziende escluse de facto dal bando, con un mercato concentrato in pochissime aziende ed entrate decrescenti per lo Stato. Non sono queste le necessità del comparto. Noi crediamo in un riordino che, puntando su fattori chiave come trasparenza, competitività, innovazione e capacità di immaginare il futuro, riesca a tutela al meglio gli interessi degli utenti, delle aziende e non ultimo dello Stato”.
ECCO CHI CHIEDE ANCHE LA RIFORMA DEL GIOCO FISICO
Di tutt’altro avviso le associazioni di settore, Acadi, Astro, EGP e Sapar che per motivi diversi rivolgono il proprio appello al governo: “In queste ore – fanno sapere in una nota congiunta – si stanno discutendo i parametri e le leve della nuova legge di bilancio e anticipazioni di stampa lasciano intendere che tra le misure di reperimento delle risorse sono al vaglio iniziative regolatorie attuative di solo una parte delle misure previste dal riordino previsto della Delega Fiscale. Si parla infatti di riordino dell’online ma non anche di un riordino del territorio.”
“Senza nulla togliere all’importanza di un riassetto per l’on-line – sostengono Acadi, Astro, EGP e Sapar -, nell’assumere dei provvedimenti soprattutto se emergenziali per il reperimento delle risorse in legge di bilancio, occorre che si rammenti che procedere in modo non uniforme nell’attuazione della Delega Fiscale può concretamente significare di comportare delle penalizzazioni indirette alla rete generalista del territorio che è invece protagonista nel perseguire i principali obiettivi di interesse pubblico sottesi all’esistenza del comparto stesso.”
“Occuparsi solo dell’online – è il monito delle associazioni -, non prevedere in simultanea la riforma del fisico con la soluzione della questione territoriale, lasciare quindi l’offerta di Stato sui territori in balia dei distanziometri espulsivi e degli orari insostenibili senza una concreta prospettiva immediata di riordino significa indebolire quella parte di sistema che assicura per la gran parte i principali obiettivi di interesse pubblico in termini di tutela dell’utente, del presidio di legalità e dell’occupazione. Non solo dunque per ragioni di rischi cannibalizzazione dell’offerta. Tra l’altro in caso di spostamento della domanda di gioco dal territorio sull’online non si vedrebbero garantiti gli stessi livelli di gettito erariale.”
“E questo – sostengono Acadi, Astro, EGP e Sapar – lo dicono i numeri del comparto, laddove si metta a raffronto il contributo del territorio rispetto al totale del comparto. L’offerta generalista di bar e tabacchi sui territori è in grado di fornire un presidio di legalità massiccio, con la presenza di prodotti di gioco di Stato in 75.000 punti (di cui 41.000 bar) in ben 6.044 dei 7.901 Comuni italiani. La stessa offerta generalista con gli apparecchi di gioco assicura con le sale un gettito erariale da emersione importante di 5,9 miliardi di Euro (sugli 11 prodotti da tutto il comparto) e dà lavoro con le altre filiere del territorio a 140.000 occupati dei 150.000 stimati dell’intero settore.”
“Allo stesso modo – dicono Acadi, Astro, EGP e Sapar – sono presidio di legalità, voce importante per l’Erario e valore occupazionale di primo livello le piccole e medie imprese di gestione degli apparecchi da intrattenimento con e senza vincita in denaro. Si tratta di un sistema di imprese che hanno radici profonde sul territorio e rappresentano la prima linea dello Stato in tema di legalità e prevenzione del gioco problematico. Una riforma disallineata e parziale è una riforma che rischia di essere idonea a ridurre, comprimere, limitare o in qualche modo penalizzare indirettamente la presenza della rete generalista oggi radicata sui territori: così v’è il rischio di compromettere gli interessi costituzionali della tutela della salute dell’utente e della fede pubblica (realizzata con un’offerta misurata e controllata dallo Stato e gestita da operatori esperti), della tutela dell’ordine pubblico sui territori come la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose (con la presenza effettiva visibile ed efficace), del gettito erariale (che si ricorda essere di emersione) dell’occupazione (assicurata ad oggi nei fatti in ogni parte d’Italia). In definitiva, il presidio dei territori, così come del web, da parte dello Stato e dell’esercito dei suoi incaricati di pubblico servizio non deve arretrare”.
LE IMPRESE ADERENTI AD ACADI E L’ASSOCIAZIONE SAPAR
Admiral Gaming Network S.r.l., HBG Connex S.p.A., NTS Network S.p.A. e Global Starnet Limited fanno parte di Acadi.
La SAPAR nasce nel 1962 ed è ad oggi la più longeva e rappresentativa Associazione nazionale del comparto del gioco legale di Stato.
È composta da circa 5.000 piccole e medie imprese di gestione apparecchi di puro intrattenimento nonché da aziende di produzione e distribuzione tutte operanti nel settore della raccolta di gioco
SUBBUGLI IN CONFESERCENTI
“Apprendiamo – dicono da Confesercenti commentando le ultime notizie di stampa – del rinvio dell’esame del testo del decreto legislativo sul riordino del gioco online, previsto dalla Legge Delega per la Riforma Fiscale. Un rinvio che consideriamo utile, tenuto conto della necessità di modificare il testo del decreto stesso nella parte in cui, del tutto inaspettatamente, si prevede che il processo di ricarica di conto gioco su punto vendita fisico (compresi negozianti, tabaccai ed esercenti autorizzati) debba avvenire ‘esclusivamente con strumenti di pagamento elettronico’. Una previsione normativa che finirebbe per escludere gli esercenti da un processo virtuoso di integrazione tra operatori online e rete retail già in atto nel settore del gioco e in nessun modo giustificabile con una maggiore tracciabilità dei pagamenti”.
“Il processo di ricarica del conto gioco attualmente in vigore per i punti vendita fisici – spiegano in una nota – è già interamente tracciato: il titolare del conto gioco, prima di procedere alla ricarica con pagamento in contanti, si identifica con un documento di identità; quindi, l’esercente abbina il valore della ricarica al conto gioco e consegna al titolare del conto gioco un codice PIN per sbloccare la ricarica ed accedere, attivando il credito, con proprie credenziali. Eliminando le ricariche in contanti, si escluderebbe completamente il ruolo di tabaccai ed esercenti dal gioco digitale, chiudendo le porte al processo di omnicanalità che si sta portando avanti da anni con l’obiettivo di distribuire il valore generato dal business online tra i concessionari e i punti vendita fisici. L’utilizzo del contante sarebbe quindi verosimilmente dirottato verso il gioco “non nominativo” e quindi meno tracciabile, se non sui siti illegali attraverso intermediari (vedi casi recenti di famosi calciatori che affidavano i loro contanti a intermediari).”
“Siamo al cospetto di una misura ostativa, che punta ad ostacolare le transazioni in contanti, viste ingiustamente come indizio se non sintomo di infedeltà fiscale, ma è un intervento dai contorni quasi paradossali”, ha dichiarato Mauro Bussoni, Segretario Generale Confesercenti. “Da un lato, infatti, con ‘il punto vendita ricariche’ si vuole offrire al giocatore un’alternativa alle ricariche del conto in modalità online, che per loro natura avvengono solo con moneta elettronica. Dall’altro, tuttavia, tale alternativa di pagamento, peraltro interamente tracciato, viene vanificata dalla ingiustificata inibizione dell’uso del contante presso i punti vendita. Un’inibizione ancora più incomprensibile se si considera che la Legge di Bilancio assegna a questi stessi punti vendita la possibilità di diventare veri e propri ‘bancomat’, permettendo ai clienti di prelevare contanti con il POS. Ci auguriamo quindi che nel prosieguo dell’iter del decreto in questione questa previsione venga cancellata”.