“Chi ha paura degli affitti brevi?” È la domanda che, retoricamente, si pone Confedilizia, l’associazione guidata da Giorgio Spaziani Testa nonché la più agguerrita, tra le 13 che hanno firmato un documento per contrastare il ddl voluto dal dicastero di Daniela Santanchè (ultimamente alle prese con altri fronti, molto più personali), nel ribadire che le nuove regole non servono, sono sbagliate e rischiano di danneggiare un tessuto produttivo già messo a dura prova dalle ondate inflattive. Ma andiamo con ordine.
La bozza di disegno di legge del Ministero del turismo per limitare gli affitti brevi indica, nel suo articolo 1, due motivazioni: 1. “Fronteggiare il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali”. 2. “Salvaguardare la residenzialità dei… pic.twitter.com/toRW8dcXi3
— Giorgio Spaziani Testa (@gspazianitesta) July 9, 2023
AFFITTI BREVI, COSA VUOLE FARE IL GOVERNO
L’esecutivo, da parte sua, sostiene che col Ddl sugli affitti brevi si arriverà a «fornire una disciplina uniforme a livello nazionale volta a fronteggiare il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali e a salvaguardare la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento».
I PUNTI SALIENTI
Nell’articolo 3 del Ddl viene introdotto il Codice identificativo nazionale (Cin) per ogni immobile a uso abitativo messo in affitto per finalità turistiche. Sarà univoco, dovrà essere esposto negli annunci pubblicati sui portali telematici (altrimenti scattano le sanzioni) e andrà a sostituire i venti Codici identificativi regionali (Cir) attualmente esistenti.
Il Ministero del Turismo compilerà la banca dati nazionale, in modo da centralizzare l’attività di raccolta informazioni e contrastare qualsiasi forma di abusivismo nel campo dell’ospitalità. Resta alle Regioni, invece, il compito di concedere i Cin ai singoli immobili, mentre saranno i Comuni e le autorità di pubblica sicurezza a controllare e sanzionare la mancata esposizione del Cin.
I SOGGIORNI BREVI
L’articolo successivo, ovvero il 4, introduce l’obbligo di permanenza di almeno due notti negli immobili siti nei centri storici dei Comuni metropolitani classificati ad alta densità turistica. Al momento sono 14 i Comuni identificati come metropolitani.
Resta da capire se saranno esentate le famiglie numerose, identificate come quelle con almeno un genitore e 3 figli, per evitare di penalizzare eccessivamente chi sopporta per forza di cose spese più elevate degli altri.
I PROPERTY MANAGER
L’articolo 5 del Ddl istituisce e disciplina la figura del Property Manager, che detta in italiano è l’intermediario tra il cliente e il proprietario che affitta casa sua. La figura in realtà esiste già da tempo, ma non per l’ordinamento. Verrà istituito un codice ATECO ad hoc per questa tipologia di attività, specificando l’obbligo di agire da sostituto d’imposta, raccogliendo e versando per conto dei proprietari la cedolare secca.
LE SANZIONI DEL DDL SUGLI AFFITTI BREVI
Naturalmente l’articolo più inviso del corpus normativo in studio al ministero del Turismo riguarda le sanzioni collegate agli inadempimenti. La mancata esposizione del Cin comporterà una sanzione pecuniaria (come indicato all’articolo 6 del Ddl): per gli host, i gestori e le OTA l’importo della multa può variare dai 300 a 3 mila euro, mentre per il proprietario che non provvede sarà prevista una sanzione che va dai 500 a 5 mila euro.
LE RAGIONI DI CHI PROTESTA
Nelle passate settimane tredici organizzazioni rappresentative del settore immobiliare hanno redatto un documento in materia di affitti brevi turistici con cinque proposte: un unico adempimento a carico del proprietario che decida di locare per un periodo inferiore ai trenta giorni (o al gestore professionale del suo immobile), una comunicazione telematica alla Questura circa i dati e le informazioni normativamente richiesti con l’assegnazione di un codice identificativo o numero di registrazione. Insomma, per le 13 associazioni le nuove norme devono ridurre e non aumentare il carico di burocrazia nel comparto.
In secondo luogo si ritiene necessario uniformare le normative regionali che coinvolgono le locazioni brevi, “troppo spesso differenti tra loro nel trattare la stessa materia”, lamentano le associazioni di rappresentanza. “Nell’intento di favorire una maggiore trasparenza del settore, si richiama l’urgenza dell’avvio operativo su tutto il territorio italiano del Codice Identificativo Nazionale (CIN), da riportarsi in tutte le comunicazioni di offerte di locazione di immobili nonché della relativa Banca Dati, al fine di garantire i consumatori circa la legittimità dell’offerta”. Si propone, inoltre, di abrogare la disposizione che attribuisce al Comune di Venezia il potere di stabilire – per altro con riferimento alle sole persone fisiche – se, come e quando un proprietario possa esercitare il diritto di locare il proprio immobile. Si propone, inoltre, di abrogare la norma inserita nella legge di bilancio 2021 che trasforma obbligatoriamente in imprenditore il proprietario che intenda locare per periodi brevi più di quattro appartamenti, con tutti gli adempimenti conseguenti.
Insomma Confedilizia, Fiaip, Confassociazioni Real Estate, Property Managers Italia, Prolocatur, Aigab, Rescasa Lombardia, Breve, Myguestfriend, Host+host, Host Italia, Abbav e Fare promuovono unicamente l’istituzione di una anagrafe unica, mentre rispediscono al mittente tutto il pacchetto.
LA POSIZIONE DI AIGAB
Qualche settimana fa Aigab, l’Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi, per il tramite del proprio presidente Marco Celani, è intervenuta sulla Stampa per ribadire che “Il mercato degli affitti brevi si rivolge prevalentemente a settori business e viaggiatori, le case che hanno questa destinazione sono online per periodi limitati (spesso i proprietari continuano ad utilizzarle e comunque non vogliono bloccarle per lunghi periodi), sono case centrali, tipicamente mai entrate nei circuiti per studenti (la sovrapposizione è pochissima). Le case per gli studenti sono vicine alle Università o in semiperiferia, più grandi di quelle del breve, destinate al lungo termine da tempo. Il grande problema del momento è dato dall’adeguamento ISTAT che pesa il 7,4% sugli affitti a lungo termine (14,8 se l’aumento è biennale), in combinata con l’incremento del costo utenze, che è a carico dei conduttori nel 4+4 e a carico dei proprietari nel caso degli studenti.”
GLI ATTACCHI DI CONFEDILIZIA
E ritorniamo quindi alla domanda retorica posta da Confedilizia, che sul tema riserva al dicastero del Turismo attacchi a ripetizione e ha realizzato persino un video che si intitola, appunto, “Chi ha paura degli affitti brevi?”
Nel filmato viene sottolineato che a Milano sono solo l’1,6 del totale, quindi non creano problemi nelle grandi città, mentre i piccoli borghi e le botteghe beneficiano dell’indotto da 1,7 miliardi di euro al pari dei privati che non fanno concorrenza – è la loro tesi – agli alberghi. E allora chi ha paura degli affitti brevi? Chi non si informa, risponde Confedilizia.