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Patto Migrazione E Asilo

Vi racconto tutti i fronti aperti per Matteo Salvini 

I Graffi di Damato sui dossier che scaldano e che preoccupano il leader della Lega e vicepremier, Matteo Salvini Senza distogliersi dal fronte dei porti, dove continua a negare lo sbarco di migranti soccorsi dalle  navi della Guardia Costiera italiana, trattenute quindi al largo come quelle delle organizzazioni volontarie sino a quando il loro carico…

Senza distogliersi dal fronte dei porti, dove continua a negare lo sbarco di migranti soccorsi dalle  navi della Guardia Costiera italiana, trattenute quindi al largo come quelle delle organizzazioni volontarie sino a quando il loro carico non venga distribuito -giustamente, è vero-  fra più paesi dell’Unione Europea, il vice presidente leghista del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini ne ha aperto un altro contro il giornale economico internazionale The Wall Street Journal. Su una cui edizione telematica è comparso un articolo di apertura molto allarmato  sui rischi che l’Italia corre e fa correre all’euro con il governo “populista” di grillini e leghisti in carica.

Va detto che lo stesso Salvini, in una intervista al Giornale della famiglia del suo alleato elettorale Silvio Berlusconi, rimasto o ricacciato dai grillini all’opposizione, ha onestamente riconosciuto, pur nel contesto di una orgogliosa difesa del governo, che al suo interno esistono consistenti problemi da chiarire, o nodi da sciogliere. “Il banco di prova sarà la manovra economica con l’appuntamento su tasse, fisco eccetera”, ha detto il leader leghista alludendo al cosiddetto cantiere della legge di bilancio, che viene appunto seguito con una certa apprensione da chi se ne intende.

Ma che Salvini liquida come portavoce, espressione, dipendente e quant’altro dei “poteri forti” d’Italia e del mondo intero, impegnati secondo lui in un “complotto” contro il “cambiamento” perseguito e rappresentato dal governo grigioverde. E meno male che di questi poteri forti il ministro dell’Interno non ha avvertito o denunciato, o non ancora, qualche manina negli attentati che stanno subendo sezioni del suo partito.

In un crescendo di vittimismo e insieme di sfida Salvini ha arringato il suo pubblico avvertendo che potrebbe arrivare il momento in cui, non bastando le difese ordinarie del governo dal complotto internazionale, sarà necessario rivolgersi direttamente ai cittadini, cioè alla piazza. Dove il ministro dell’Interno conta evidentemente di raccogliere applausi e selfie crescenti, come gli è appena accaduto a Genova col grillino Luigi Di Maio ai funerali pubblici di  almeno una parte della vittime del crollo del viadotto Morandi: quelle i cui familiari hanno voluto ancora riconoscersi nello Stato, avendo la maggioranza voluto voltare le spalle alle istituzioni e provvedere privatamente alla esequie dei cari.

È una circostanza, quest’ultima, che forse Salvini e i suoi colleghi di governo hanno sottovalutato sopravvalutando invece i fischi e mormorii rivolti ai rappresentanti del Pd prima che cominciasse la cerimonia funebre celebrata dal cardinale Angelo Bagnasco: l’odiato partito di Matteo Renzi, compagni, amici e successori, accusati dalla propaganda grigioverde di uno scambio immondo di favori con la famiglia Benetton e quant’altri gestiscono le autostrade badando più ai guadagni che alla sicurezza, più ai caselli che ai ponti.

Perfino Marco Travaglio, che non perdona giustamente ai Benetton neppure l’inopportunità di quella festosa e affollata grigliata di Ferragosto offerta e gustata nella loro residenza estiva di Cortina d’Ampezzo all’indomani della tragedia di Genova, ha finito per chiedersi alla fine di uno dei suoi editoriali sul Fatto Quotidiano con una certa ansia, viste le sue simpatie per il governo gialloverde, quanto potranno durare ancora gli effetti della campagna in corso contro i governi precedenti di ogni colore, spesso anche verde.

Se quel maledetto ponte, su cui si è rivelata insufficiente anche la vigilanza spettante al Ministero delle Infrastrutture con tanto di direzione generale apposita, avesse resistito ancora e solo per sei o sette mesi, senza le “concause” su cui peraltro stanno indagando i magistrati, sarebbero stati guai -ha riconosciuto Travaglio- anche per Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Matteo Salvini, Danilo Toninelli. E Rocco Casalino, il portavoce di Palazzo Chigi impegnatosi la mattina dei funerali di Stato a segnalare ai giornalisti con messaggini telefonici e quant’altro non parole e sentimenti del presidente del Consiglio ma fischi, grida, mormorii e quant’altro all’indirizzo dei rappresentanti del Pd.

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