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Vi racconto le ultime stilettate fra Sergio Mattarella e Matteo Salvini

I Graffi di Damato sullo stato dei rapporti fra Sergio Mattarella e Matteo Salvini

Quanto è stato allusivo con Matteo Salvini il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ospite alla Camera per ricordare nel centenario della nascita Oscar Luigi Scalfaro, tanto è stato diretto ed esplicito il vice presidente leghista del Consiglio e ministro dell’Interno nel respingerne l’invito a non considerarsi “al di sopra della legge”. Come invece Salvini ha dato a Mattarella l’impressione di aver fatto in diretta facebook dal suo ufficio al Viminale contestando il procedimento giudiziario avviato contro di lui per la gestione degli immigrati a bordo della nave Diciotti approdata nel porto di Catania il mese scorso.

Su quella vicenda peraltro il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha appena riferito al Parlamento condividendo le decisioni assunte dal suo ministro, e attribuendo la brutta figura solo all’Unione Europea per non avere voluto condividere l’accoglienza agli sventurati soccorsi dal pattugliatore della Guardia Costiera italiana.

“Io vado avanti”, ha detto Salvini a Mattarella, nominandolo e annunciando che all’occorrenza tornerà a fare quello che la Procura di Palermo gli ha contestato, per fortuna con le procedure del cosiddetto tribunale dei ministri, comprensive quindi di un preventivo passaggio politico nell’aula del Senato, come sequestro plurimo e aggravato di persona. Ma la Procura di Agrigento, dove era partita l’azione, aveva preteso la contestazione anche dell’arresto illegale, dell’abuso di ufficio e altro ancora.

Sempre per allusioni, cioè senza nominare il destinatario della sua polemica, Mattarella ha contestato a Salvini anche la distinzione fatta tra il politico che viene eletto, ed è quindi legittimato dal voto popolare, e il magistrato che invece non lo è. E non deve esserlo -ha detto il presidente della Repubblica rivendicando la scelta fatta dai costituenti, proprio per sottarlo alla tentazione di ritenere di dovere rispondere delle sue azioni agli elettori e non alla legge, soltanto alla legge.

Ma ciò tuttavia non sottrae notoriamente il magistrato, come ha ammesso Mattarella con un monito che ricorre spesso e da tempo negli interventi del presidente di turno della Repubblica, al rischio di cadere in tentazione politica, lasciandosi cioè condizionare dalle proprie opinioni politiche, appunto, o più genericamente ma non meno invasivamente dal protagonismo. Per cui tanto varrebbe -ha lasciato capire Salvini con la sua polemica su chi è votato e chi no- eleggere anche i magistrati, specie quelli d’accusa, come avviene d’altronde negli Stati Uniti. O assegnarli ai vari uffici per sorteggio vanificando nel Consiglio Superiore della Magistratura il gioco delle correnti cui le toghe partecipano come a partiti, secondo una recente proposta di Beppe Grillo. Che da tempo non parla più solo come comico, e di successo, ma anche come capo, garante e quant’altro di un movimento politico anch’esso di successo, tanto da essere arrivato al governo dopo una sola legislatura vissuta all’opposizione.

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