Non sono solo 500 schede, sono 2000 pagine e leggerle è veramente complicato soprattutto sul computer. Ma tant’è perché se non si studia come si fa ad essere propositivi anche quando la confusione è tanta e la speranza è molta. Intanto fare debito ancora non è consigliabile perché i numeri italiani sono devastanti. Nel 2023 ci sarà la fine del patto di stabilità e anche il famoso Quantitative easing che tramite l’acquisto dei titoli italiani da parte della Bce ci ha permesso di sopravvivere anche prima della falcidia sars.
Il nostro debito ora è al 160% del Pil ovvero è cresciuto a 2644miliardi come ha ben spiegato l’Osservatorio di Itinerari previdenziali con gli scostamenti di bilancio che si affastellano e poiché i risparmiatori non sottoscriveranno btp e cct con interessi negativi, la situazione è drammatica.
La liquidità alle Pmi non arriva e la pressione fiscale aumenta al 43,1% dovuta ovviamente alle minori entrate fiscali e contributive, dunque chiedere scostamenti di bilancio fissi è sbagliato perché aumentare il debito è autolesionismo.
Il Pnrr dovrebbe riuscire secondo studi scientifici previsionali a ogni miliardo di euro creare 750mila posti di lavoro dunque la verità è che le risorse che ci arrivano dobbiamo spenderle bene.
E tutte entro il 2026, che significa fare i progetti ed eseguirli e rendicontarli. Dobbiamo dunque riempire di contenuti dei titoli del Pnrr sul lavoro e scegliere un criterio per investirli ed è per questo necessaria una grande e fortissima rivoluzione culturale per ripartire da una positiva fiducia tra imprese e Stato e cittadini e Stato. Significa allora eliminare le procedure burocratiche per poter spendere i danari perché la parte attuativa del Pnrr deve scommettere sulle persone, sulla fiducia che automaticamente semplifica le procedure.
È sbagliato continuare a investire sui Centri per I’Impiego che vanno sicuramente riformati, ma ci vuole tempo e non ne abbiamo e bisogna ammettere che fino ad ora hanno ridistribuito rendite politiche e non producono valore. Assumere i navigator che non hanno esperienza pratica e competenze e addirittura portarli a 10.000 è sbagliato perché è Anpal che deve essere riformata con il sostegno di un sistema integrato Ministero Lavoro e Regioni.
Bisogna investire con convenzioni sulle Agenzie per l’impiego lasciando la governance allo Stato, perché dobbiamo puntare ad una fluidificazione del mercato del lavoro dell’incontro tra domanda e offerta e riqualificazione delle persone che perdono il lavoro con una formazione mirata e veloce.
Nel Pnrr non c’è uno stimolo alla creazione di posti di lavoro per nuove imprese o imprese esistenti (tranne quelle femminili ma modestamente) e continua implacabile il gap tra il mondo del lavoro e l’istruzione/ formazione. Le imprese possono e devono poter partecipare a ciò che richiedono di insegnare e dunque è indispensabile una intensa grande pratica per l’integrazione tra formazione e pratica diretta in azienda.
Sulla Formazione professionale, l’Azienda Europa per il 2021/26 ha posto ben 43 miliardi e bisogna capire che ci sono ben 1,5 miliardi che superano di ben 5 volte gli ultimi investimenti e dobbiamo metter insieme scuola/e università/ imprese e investire sul sistema duale sperimentando e irrobustendo l’apprendistato di 1 livello nel periodo di un anno durante lo studio.
Noi nel sistema formazione/istruzione professionale e dunque rafforzamento degli Istituti professionali nel Pnrr non abbiamo messo niente. Abbiamo bisogno che le Regioni applichino la legge 53/2004 cd legge Moratti che diminuisce la dispersione scolastica così alta per imparare un mestiere perché significa coesione sociale.
Bisogna premiare il merito e dunque creare dei veri sistemi di valutazione intercettando le eccellenze. In buona sostanza bisogna che condividiamo subito un criterio di come mettere a terra le riforme pensando per esempio a proposito di fiducia di superare il problema degli appalti: se qualcuno ruba allora punirlo ma non si può punire tutti e cioè bisogna ricostruire o costruire il rapporto di fiducia tra imprenditore e Stato.
Il rapporto tra pubblico e privato è decisivo perché è un paese affetto da modalità anti impresa sia nella Pa che nelle aule dei tribunali.
Dobbiamo uscire da un blocco sociale che non dà possibilità ai giovani le donne mentre le Agenzie (80%) aiutano a trovare lavoro e saper fare lavoro.
Abbiamo 6,5 miliardi sulla formazione ma bisogna mettere in rete le Regioni e lo Stato garantendo la sussidiarietà tra loro e chiarire le competenze che servono e che bisogna creare in fretta. Per esempio per tutti quelli che perdono il lavoro che fare per le loro competenze? Che fare per le piccole medie imprese: il fondo nuove competenze è già cannibalizzato dalle grandi aziende che si stanno organizzando ma noi siamo un paese al 93% di piccole aziende dunque è a loro che bisogna rivolgere lo sguardo creando filiere di formazione.
Per la prima volta siamo di fronte a tre generazioni che contemporaneamente hanno bisogno di aiuto: i 20enni, i 50enni i 70 enni e dunque come travasare le conoscenze o socializzare le esperienze nuove. Altroché bloccare solo i licenziamenti. Il sindacato deve cambiare passo e noi anche.