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Di Maio Salvini

Ecco perché Salvini e Berlusconi faranno vedere le stelle ai 5 Stelle di Di Maio

I Graffi di Damato sui rapporti fra Berlusconi e Salvini con i riflessi sul Movimento 5 Stelle e sul governo Conte Saranno stati e saranno pure “fatti loro”, come li ha declassati il vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio commentando l’incontro “privato” svoltosi ad Arcore fra il suo omologo leghista Matteo Salvini e…

Saranno stati e saranno pure “fatti loro”, come li ha declassati il vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio commentando l’incontro “privato” svoltosi ad Arcore fra il suo omologo leghista Matteo Salvini e Silvio Berlusconi e quello che dovrebbe seguire a breve con la partecipazione anche di Gorgia Meloni, ma sono sin troppo evidenti e comprensibili l’imbarazzo, il fastidio e il timore dei pentastellati per i segnali di vita ancora trasmessi dal centrodestra. Che governa in amministrazioni regionali e di meno alto livello locale e si accinge, dopo qualche incertezza, ad affrontare ancora unito le elezioni amministrative in programma nei prossimi mesi.

Reduce peraltro da un pomeriggio televisivo di successo sulla rete ammiraglia della televisione berlusconiana, Salvini ha scatenato con la sua cena ad Arcore anche le fantasie e le ossessioni del Fatto Quotidiano. Dove l’incontro conviviale è stato rappresentato come quello delle “garanzie” chieste e ottenute dall’ancora socio politico di Salvini pensando agli spot e agli altri interessi delle proprie aziende, e non solo ad alcuni punti qualificanti del programma elettorale del centrodestra che il leader leghista, pur tra contraddizioni e ambiguità, continua a rispettare o perseguire anche nella sua azione di governo: per esempio, in tema di rapporti fra la politica e la magistratura.

Su questo problema, più genericamente o generalmente identificato con la “legalità” dal sindacato delle toghe, Salvini è paradossalmente in grado di raggiungere risultati maggiori del centrodestra avvicendatosi al governo col centrosinistra durante la cosiddetta seconda Repubblica. E ciò perché il leader leghista, come tale e come imputato, ottiene dai grillini, a dispetto del loro giustizialismo congenito, più solidarietà di quanto non riuscisse ad avere ai suoi tempi Berlusconi dagli alleati di governo.

Rimangono indimenticabili, a quest’ultimo proposito, due episodi fra tutti. Il primo fu la retromarcia imposta a Berlusconi nell’estate del 1994 dai leghisti dopo la protesta della Procura di Milano contro un decreto legge appena varato, e controfirmato al Quirinale dall’insospettabile Oscar Luigi Scalfaro, per ridurre il ricorso alle manette nella fase delle indagini preliminari. Per allinearsi alla solidarietà del suo partito con le proteste dei magistrati l’allora ministro leghista dell’Interno Roberto Maroni dovette praticamente fingere di non avere letto o compreso bene il provvedimento che pure aveva firmato col guardasigilli dell’epoca Alfredo Biondi. Il secondo episodio fu il fuori-onda o qualcosa di simile, al tavolo di un convegno, fra l’ allora presidente della Camera Gianfranco Fini e il capo della Procura di Pescara contro Berlusconi che sedeva a Palazzo Chigi sotto schiaffo giudiziario.

I grillini di fronte agli scontri fra Salvini e i magistrati hanno obiettivamente, pur tra crescenti appelli alla prudenza e mal di pancia, meno coraggio o più disinvoltura di quanto i leghisti, la destra ma anche i centristi di Pier Ferdinando Casini e Marco Follini non ne avessero ai loro tempi col Cavaliere, che pure li aveva portati al governo col centrodestra.

A complicare i problemi e la situazione dei grillini sta contribuendo nelle ultime ore il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Che, incoraggiato forse dietro le quinte dal capo dello Stato, sta manifestando una certa insofferenza per i ritardi impostigli dal movimento delle 5 Stelle con la pratica dei provvedimenti annunciati o adottati dal governo con la formula “salvo intese”. E si accinge, per l’emergenza di Genova e altro ancora, a prendere decisioni ed effettuare nomine in un’autonomia non permessa ma impostagli dall’articolo 95 della Costituzione, ricordatogli da Mattarella quando lo nominò. Esso dice: “Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri”. Le maiuscole sono tutte della norma costituzionale e confliggono decisamente con l’impietosa rappresentazione di Conte fatta da Emilio Giannelli sulla prima pagina del Corriere della Sera nella vignetta che raffigura il presidente del Consiglio come l’ombra prodotta dall’esposizione al sole dei suoi due vice presidenti.

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