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Come si muoveranno Salvini, Di Maio, Berlusconi e Meloni dopo il no di Mattarella a Savona

I Graffi di Damato sulle reazioni di Matteo Salvini, Luigi Di Maio e Silvio Berlusconi alla decisione del capo dello Stato, Sergio Mattarella, di dire no a Paolo Savona come ministro dell’Economia nel governo fra Movimento 5 Stelle e Lega Dal professore, avvocato e non so che altro Giuseppe Conte all’economista Carlo Cottarelli, già passato…

Dal professore, avvocato e non so che altro Giuseppe Conte all’economista Carlo Cottarelli, già passato per la Banca d’Italia, l’Eni, il Fondo Monetario Internazionale, l’Università Cattolica di Milano e i governi di Enrico Letta e di Matteo Renzi come commissario o esperto di tagli alla spesa pubblica.

Questo dunque è il passaggio che il capo dello Stato ha deciso per il conferimento dell’incarico di formare il nuovo governo, destinato però – salvo altre clamorose sorprese in questa lunghissima crisi apertasi di fatto con la proclamazione dei risultati delle elezioni politiche del 4 marzo scorso – a gestire lo scioglimento anticipato delle Camere e un altro ricorso alle urne.

“Dateci subito la data delle nuove elezioni o andiamo a Roma”, ha minacciato l’”arrabbiato come una bestia” segretario della Lega, Matteo Salvini. Che si sente ormai impegnato in quella che nel suo partito, in continua e forte crescita nei sondaggi, chiamano “campagna elettorale permanente”, con tanto di acronimo: Cep. Una data per le prossime elezioni – ha annunciato in prima pagina il Corriere della Sera – potrebbe essere il 9 settembre, ai confini fra l’estate e l’autunno.

Salvini, sempre lui, accusato intanto dall’ex segretario del Pd, Matteo Renzi, di non avere mai voluto davvero il governo gialloverde per il quale aveva pur negoziato con i grillini un “contratto”, si è detto per ora “poco interessato” a un procedimento parlamentare di messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica davanti alla Corte Costituzionale per alto tradimento. E ciò per avere Mattarella rifiutato la nomina dell’economista Paolo Savona a ministro dell’Economia propostagli, prima della rinuncia, dal presidente incaricato Conte. Un rifiuto motivato dal presidente col pericolo che le idee di Savona, per quanto precisate da una dichiarazione a favore di “un’Europa più forte ma anche più equa”, portassero l’Italia all’isolamento nell’Unione Europea, all’uscita dall’euro e alla compromissione dei risparmi degli italiani, tutelati invece dalla Costituzione.

A porre sul tavolo il nodo dell’”impeachment” del presidente della Repubblica, come lo chiamano negli Stati Uniti, è stata l’iniziativa annunciata per ora dai grillini – dal capo in persona del Movimento delle 5 stelle Luigi Di Maio – e dai Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che pure si era collocata all’opposizione del governo gialloverde, o legastellato. A scioglierlo, questo nodo, dovrebbe essere con una complessa procedura il Parlamento. Che non ne avrà però il tempo se interverrà lo scioglimento anticipato, nonostante la diffida già levatasi dai grillini e dalla destra. Ma il problema potrebbe riproporsi nelle nuove Camere, specie se grillini e leghisti vi dovessero tornare in maggiori forze, addirittura con “l’80 per cento dei voti” pronosticato da Massimo D’Alema in una conversazione con l’ex presidente del Senato Pietro Grasso. “Ce la leghiamo al dito”, ha avvertito Salvini spiegando che le prossime elezioni equivarranno a “un referendum tra chi vuole un’Italia libera o schiava” dei vincoli europei e di chi li gestisce con tanta forza da intromettersi nelle vicende interne dei paesi dell’Unione.

La Cep, cioè la campagna elettorale permanente, è stata così già investita del drammatico scontro istituzionale apertosi con le polemiche contro il capo dello Stato. Pertanto i risultati delle prossime elezioni rischieranno di tradursi anche in un giudizio politico sulle scelte e sulla stessa persona del presidente della Repubblica: una cosa che non si era mai vista nella storia più che settantennale della stessa Repubblica.

Fra tutti i partiti, quello che si trova nelle maggiori difficoltà di fronte ai sorprendenti sviluppi della crisi è Forza Italia. Il cui presidente Silvio Berlusconi, uscito di recente dalle condizioni di incandidabilità in cui l’aveva messo la cosiddetta legge Severino per la condanna definitiva per frode fiscale comminatagli nel 2013 dalla sessione feriale della Corte di Cassazione, ha gioito della mancata formazione del governo legastellato e condiviso le preoccupazioni espresse da Mattarella per la sorte dei risparmi italiani. “Mi fai cadere le braccia”, gli ha però replicato in pubblico Salvini, che gli ha contestato il permesso datogli di trattare con i grillini.

Ma soprattutto Salvini non ha dato per scontato di ripetere nelle prossime elezioni l’alleanza di centrodestra. “Si vedrà”, ha minacciato il segretario della Lega, ripetendo la stessa espressione a chi gli ha chiesto se non si lascerà tentare invece da un’alleanza elettorale con i grillini, che potrebbe portare i due partiti al risultato pronosticato beffardamente da D’Alema.

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