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Ecco i veri bersagli delle critiche di Luigi Di Maio (non solo Tria…)

I Graffi di Damato sulle critiche che il leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, sta rivolgendo al ministro dell’Economia, Giovanni Tria In apparenza, ma solo in apparenza, l’”assalto” del vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio, come ha titolato in prima pagina il Corriere della Sera, o l’”assedio”, come hanno preferito chiamarlo…

In apparenza, ma solo in apparenza, l’”assalto” del vice presidente grillino del Consiglio Luigi Di Maio, come ha titolato in prima pagina il Corriere della Sera, o l’”assedio”, come hanno preferito chiamarlo altri, è al ministro dell’Economia Giovanni Tria. La cui “serietà” è stata messa pubblicamente in discussione dal capo nominale del movimento 5 Stelle perché non è ancora riuscito, o non vuole trovare i miliardi di euro necessari alla legge di bilancio in cantiere per finanziare il “reddito di cittadinanza” promesso agli elettori.

In realtà, al netto appunto delle apparenze, compreso il documento che i parlamentari grillini starebbero approntando contro Tria non ritenendo sufficienti le parole contro di lui pronunciate da un arrabbiatissimo Di Maio in partenza per la Cina, dove seguirà l’effetto che avranno prodotto per decidere se aggiungerne altre a distanza, l’obiettivo politico della partita è molto più alto. E si chiama Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica che, non a caso, sta seguendo con un’apprensione pari allo sconcerto, secondo quanto mi risulta, la polemica esplosa nel governo.

Scontato, visto anche il suo carattere, inversamente proporzionale allo svantaggio fisico nel rapporto con Di Maio, che il ministro dell’Economia preferirà “togliere il disturbo” con le dimissioni, come va dicendo ad amici, conoscenti e interlocutori internazionali, piuttosto che convertirsi alla “serietà” reclamata dal capo dei pentastellati, e intestarsi così un’altra crisi dei titoli del debito pubblico italiano nei mercati finanziari, i grillini pretendono da Mattarella la rinuncia alla pretesa di una crisi di governo. Essi si aspettano dal capo dello Stato una semplice di presa d’atto delle eventuali dimissioni del ministro dell’Economia e la disponibilità a nominarne uno più “serio”, intendendosi per tale uno più gradito a Di Maio. Che forse non reclama di assumere direttamente anche il dicastero dell’Economia solo perché il suo omologo leghista Matteo Salvini non gli permetterebbe mai di farlo, visto che il vice presidente grillino del Consiglio ha già chiesto e ottenuto i Ministeri assai consistenti dello Sviluppo Economico e del Lavoro.

Formulare previsioni o scommesse sul capo dello Stato è un esercizio sempre pericoloso, oltre che sgradevole, e di scarsa educazione istituzionale. Ma Mattarella ha già dimostrato nella gestione della crisi post-elettorale, per la formazione del primo governo di questa diciottesima legislatura, quanto ci tenga ad avere voce in capitolo nella scelta e nella nomina del titolare del Ministero dell’Economia. Che è quello di maggiore transito dei rapporti fra l’Italia e l’Unione Europea, ancor più del Ministero che pur si chiama “degli affari europei”, e che Mattarella accettò di assegnare a giugno a Paolo Savona dopo averlo rifiutato proprio come ministro dell’Economia.

Di Maio, si sa, è giovane e ambizioso, in questi ultimi giorni anche alquanto inquieto per le passeggiate e le cene del suo omologo leghista ad Arcore, dove sa bene che padrone di casa e ospiti non parlano solo di “affari loro”, come lui li ha sbrigativamente liquidati. Ma forse esagera a riprogrammare un assalto o un assedio anche al Quirinale, visto peraltro il rovinoso ripiegamento cui fu costretto nella scorsa primavera anche dal “garante”, “elevato” e quant’altro del suo movimento, cioè Beppe Grillo.

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