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Di Maio Salvini

Ecco cosa succede davvero fra Salvini e Di Maio (secondo la Chirichessa del Foglio)

I rapporti fra Luigi Di Maio e Matteo Salvini visti dal Foglio. I Graffi di Damato

Quegli eterni e simpatici goliardi del Foglio – simpatici specie quando riescono a liberarsi di una certa supponenza da sapientoni, che li fa sentire più informati, più colti, più furbi ed anche più fortunati nella ricerca del mecenate di turno, necessario come il primo, che fu Silvio Berlusconi “di tendenza Veronica”, ad un giornale che voglia vivere bene, a prescindere dalle copie che riesce a mandare nelle edicole, e soprattutto a vendere – cominciano ad essere davvero insofferenti di fronte al protrarsi del matrimonio di convenienza politica fra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. E al sospetto, la paura e quant’altro che da interesse, tanto da essere stato valutato e autorizzato a suo tempo dal socio elettorale del leader leghista in una cerimonia d’investitura in quel di Arcore, l’unione non sia diventata un po’ anche d’amore: un po’ secondo gli auspici murali della prima ora, dipinti a mezza strada fra la Camera e il Senato, coi due giovanotti, ancora aspiranti in quel momento al vicino Palazzo Chigi, abbracciati e allabbrati, come ho sentito dire una volta in gergo sconosciuto in una borgata romana.

Consapevoli di quanto si siano complicate le cose dopo cinque mesi abbondanti di governo gialloverde, la brava e avvenente Annalisa Chirico, che Giuliano Ferrara si diverte a chiamare Chirichessa, immaginandola badessa e chissà cos’altro nella sua incontenibile e virtuosa fantasia, non è stata lasciata sola a esplorare la situazione e a prevedere come e quando si potrà contare sulla fine dell’esperimento. E così è venuta fuori un’articolessa, come si dice in gergo più o meno professionale di un pezzo tanto lungo quanto presuntuoso, cui possono dire di avere a loro modo contribuito l’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro, il successore Mario Calabresi, il direttore della Stampa Maurizio Molinari, il direttore -credo- del Messaggero Virman Cusenza, il suo illustre editorialista Carlo Nordio, Angelo Panebianco e Antonio Polito del Corriere della Sera, il direttore del Tg de la 7 Enrico Mentana, il direttore editoriale di Libero Vittorio Feltri, Lucia Annunziata, il professore Luca Ricolfi e Carlo Bonomi, di Assolombarda. Se ne ho dimenticato qualcuno, chiede umilmente scusa.

Ma più umilmente vi debbo confessare il risultato modesto di tanta e così affollata lettura. A parte un senso generale di fastidio, qualche volta anche di delusione e preoccupazione degli interessati per le condizioni del governo, mi è rimasto assai poco nelle meningi.

Di forte e chiaro mi è risultato il sottinteso che, magari sbagliando, ho trovato nella grande vignetta che ha preceduto graficamente l’articolo e un po’ forse l’ha riassunto e vanificato. Alludo a quel Luigi Di Maio fuori campo, che forse in versione maschile della ex fidanzata di Salvini recentemente staccatasi fotograficamente da lui, rimprovera dal letto il ministro dell’interno di essersene andato “dopo avermi tolto tutto”. Alludo inoltre a Salvini, che si riveste, magari per correre da Berlusconi, dicendogli: “Sai, Gigì, è la cosa che più mi piace dei noir. I protagonisti sanno quale sarà il proprio destino. Ciò nonostante vanno fino in fondo”.

Che cosa poi Salvini, una volta raggiuntolo, abbia potuto o voluto dire al suo vecchio e non ancora del tutto scaricato socio elettorale del centrodestra, appena lamentatosi del pericolo di una dittatura che correrebbe il Paese col governo gialloverde, non è neppure il caso di inventarselo perché è stato lo stesso leader legista, parlandone con i giornalisti, a liquidarlo come “un frustrato”. Gli credo, dopo tutti quei voti che Salvini, in sorpasso già da 4 marzo scorso, continua a prendere a Forza Italia nei sondaggi e negli appuntamenti veri con le urne locali.

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

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