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Governo Gialloverde

Ecco come Conte bisticcia con Di Maio e Salvini sul decreto Sicurezza

Lo stato dei rapporti tra il premier Conte e i vicepremier Di Maio Salvini secondo il notista politico Francesco Damato

Questa volta il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha davvero spiazzato i suoi due vice, il grillino Luigi Di Maio e il leghista Matteo Salvini, lasciandoli soli a inveire contro i sindaci “spottisti elettorali” e “traditori” – o “banditi” nella versione sarcastica ricavatane nel titolo di copertina dal manifesto – che rifiutano l’applicazione di una parte della recente legge su sicurezza e immigrazione. E’ quella che impedisce, con tutte le relative conseguenze, l’iscrizione all’anagrafe degli stranieri residenti, anche se provvisti di un permesso di soggiorno.

Conte, che pure aveva assecondato il decreto legge emesso il 4 ottobre scorso, ma emanato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella con una dimenticata lettera di sostanziale ammonimento proprio a lui, e ne aveva poi festeggiato con Salvini la conversione parlamentare con tanto di cartello al collo, non se l’è sentita di liquidare sbrigativamente le proteste dei sindaci. Ed ha accolto la richiesta di un incontro e confronto avanzata dall’associazione nazionale dei Comuni, aprendo così quel “tavolo” contemporaneamente escluso dal ministro dell’Interno fra un’aranciata e l’altra ostentata davanti all’obiettivo del suo telefonino.

La disponibilità del presidente Conte, cui Salvini ha contrapposto le proteste del quasi omonimo Mario Conte, sindaco leghista di Treviso, contro i vertici dell’associazione dei comuni mobilitatisi a favore dei sindaci “disobbedienti”, ha prodotto l’estensione del dissenso degli amministratori locali.

Alla solidarietà del presidente forzista dell’assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè al sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il capofila ormai della rivolta, si è aggiunta quella -per esempio- dell’ex ministro forzista dell’Interno Claudio Scajola, ora sindaco di Imperia. Col quale Silvio Berlusconi ha conservato buoni rapporti anche dopo la rottura consumatasi in Liguria per la sua candidatura a sindaco, vincente ma contrastata dal governatore forzista della regione Giovanni Toti.

Questa vicenda dei sindaci che contestano la nuova legge su sicurezza e immigrazione ha due effetti politici collaterali e significativi: estende l’area dell’opposizione di sinistra targata Pd e accentua le crepe nel centrodestra uscito dalle urne del 4 marzo scorso con la nuova leadership di Salvini. Che però ha investito la sua forza, con la paradossale autorizzazione di Berlusconi ripetutamente ricordata dallo stesso Salvini, alleandosi al governo con i grillini e lasciando all’opposizione i partiti del Cavaliere e di Giorgia Meloni. I cui parlamentari tuttavia quando possono danno una mano a Salvini, pur lamentandone il “tradimento”, come hanno fatto -per esempio- nella vicenda autunnale della conferma di Marcello Foa alla presidenza della Rai, dopo la bocciatura estiva nella commissione bicamerale di vigilanza.

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