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Ecco che cosa cambierà con la vittoria di Davigo al Consiglio superiore della magistratura

I Graffi di Damato sulle elezioni al Consiglio superiore della magistratura con la vittoria di Davigo A sentire e leggere gli esperti, Piercamillo Davigo con i 2522 voti raccolti fra gli 8010 partecipanti all’elezione dei 16 esponenti togati del Consiglio Superiore della Magistratura non ha soltanto vinto, ma trionfato. E ha sconfitto come più non…

A sentire e leggere gli esperti, Piercamillo Davigo con i 2522 voti raccolti fra gli 8010 partecipanti all’elezione dei 16 esponenti togati del Consiglio Superiore della Magistratura non ha soltanto vinto, ma trionfato. E ha sconfitto come più non poteva la sinistra giudiziaria escludendola per la prima volta, sul piano delle correnti, dalla rappresentanza dei “giudici di legittimità” della Corte di Cassazione dall’organo di autogoverno della magistratura.

Questa rappresentazione dei nuovi equilibri nel Consiglio Superiore destinato a insediarsi a settembre, dopo che verrà completato con gli otto “laici” di elezione parlamentare, è considerata a tenuta stagna, non destinata cioè a cambiare di segno con gli scrutini, ancora in corso mentre scrivo, per l’assegnazione dei seggi spettanti ai pubblici ministeri e ai giudici di merito.

La magistratura insomma andrebbe a destra, secondo gli auspici sfuggiti di recente alla lingua del sottosegretario leghista al Ministero della Giustizia parlando alle reclute dell’ordine giudiziario, e incorso per questo nelle proteste del vice presidente del Consiglio uscente del Palazzo dei Marescialli.

Si ridisegna -ha scritto sulla Stampa Paolo Colonnello- la geografia delle toghe nei confini del nuovo potere grillo-leghista che siede a Palazzo Chigi” col governo presieduto da Giuseppe Conte. Che peraltro -mi permetto di ricordare- è solo il quinto degli avvocati avvicendatisi alla guida dell’esecutivo nella storia della Repubblica, dopo Mario Scelba, Adone Zoli, Fernando Tambroni e Giovanni Leone, nell’ordine cronologico delle loro nomine.

E’ forse avvertendo proprio questo vento o odore di destra nell’ordine giudiziario che il ministro leghista dell’Interno Matteo Salvini, nonché vice presidente del Consiglio, allargandosi un po’ troppo nella indubbia svolta che ha segnato gestendo il fenomeno degli sbarchi e, più in generale, dell’immigrazione si avventura ad anticipare arresti e sequestri quando decide a malincuore di fare scaricare in qualche porto italiano i migranti soccorsi in mare. E liquida con battute da sfida, invitandolo a candidarsi alle elezioni politiche, il capo della Procura di Torino, Armando Spataro, che rivendica le competenze giudiziarie nelle materie roventi dei soccorsi e dell’immigrazione.

Per tanto tempo si è assistito in Italia, in particolare dagli anni delle indagini “Mani pulite” nella Procura di Milano, dove proprio Davigo faceva buona compagnia ad Antonio Di Pietro, al fenomeno di una politica preceduta dalla magistratura. Si potrebbe ora pensare ad una inversione di rotta? E francamente difficile dirlo. Certo è comunque che, di destra o di sinistra che sia o possa apparire, come dimostra ciò che continuamente dice Davigo del garantismo nelle “piazze” o nei salotti televisivi che lo ospitano, al pari del suo ex collega Di Pietro, la magistratura continuerà ad essere tentata dal giustizialismo.

Intanto l’uscente Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato un lungo documento contenente le linee guida della comunicazione negli uffici giudiziari che per l’ovvietà delle sue enunciazioni, a cominciare dal divieto di stabilire “canali privilegiati” con giornalisti o testate, induce a chiedersi perché mai si sia faticato tanto a stenderlo. E quali concrete possibilità esso abbia di essere applicato, dopo tante abitudini lasciate crescere o consolidarsi.

Lo stesso si può dire del divieto finalmente espresso a usare, da parte dei magistrati nelle loro ordinanze, sentenze e quant’altro, espressioni e “giudizi di valore” che poi consentono ai malintenzionati di praticare una gogna interminabile contro il malcapitato di turno. Che si deve, per esempio, portare addosso e a vita la patente di delinquente, stampata come una targa sui titoli di prima pagina.

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