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Innovazione energetica, pochi brevetti. Il rapporto 2014 di I-Com

I-Com, Istituto per la Competitività, ha promosso a Roma la presentazione del rapporto sull'innovazione energetica 2014, in vista del semestre di Presidenza europea dell'Italia. Il rapporto guarda anche con molta attenzione all'opportunità di Horizon 2020, il programma europeo di ricerca che offre 78 miliardi di euro alle imprese che investono in ricerca, tecnologia, energia.

 

Gli investimenti in innovazione energetica nel 2012  

A livello mondiale, la ricerca e sviluppo energetica ha fatto registrare investimenti in linea con il 2011, con un totale di circa 98 miliardi di dollari. A tenere sono gli investimenti privati, che rappresentano il 60% del totale, in crescita del 2,1% rispetto al 2011. Con 42,3 miliardi di dollari e il 44% dell’investimento mondiale, la Cina è in testa alla classifica per area geografica, che vede l’Unione Europea e gli USA al secondo e terzo posto, con rispettivamente 18 e 14,5 miliardi di dollari investiti.  

L’Italia, dopo la Spagna, è il paese che meno ha investito in innovazione energetica, con un totale di 1,3 milioni di dollari (878 milioni dal privati e 513 dal pubblico). Tra i settori che maggiormente hanno attratto risorse nel nostro Paese, si segnalano l’efficienza energetica con un trend di crescita del 59% negli ultimi dieci anni, i combustibili fossili che si attestano a 43,6 milioni di dollari nel 2012.

 

Pubblicazioni e brevetti: la situazione nel 2012 e 2013 

Il numero di lavori scientifici prodotti a livello internazionale subisce una contrazione del 13% nel 2013, con gli USA (14,4% sul totale)  che riconquistano  la  leadership  ceduta nel 2012  alla Cina (12,3%)  e  la Gran Bretagna che arriva terza, grazie ad un incremento del 24% degli articoli pubblicati. 

Pur retrocedendo dal quinto al sesto posto, l’Italia mantiene stabile il numero di pubblicazioni, con un 4,61%  degli  articoli scientifici  usciti  nel  2013,  non risentendo  dunque  della  diminuzione  complessiva registrata.  Nel  campo  delle  Smart Grid  e  del  Fotovoltaico  il  nostro  Paese  esprime  i  migliori risultati, piazzandosi rispettivamente al secondo e terzo posto mondiale.  

Relativamente  alle richieste  di  brevetto,  l’Italia  conferma tuttavia  la scarsa  capacità  di trasformare  la buona produzione scientifica sul piano delle opportunità di mercato: secondo i dati preliminari riferiti al 2013, passiamo dallo 0,3% allo 0,4% delle domande globali, con una prevalenza di fotovoltaico e solare termodinamico.  

Scomponendo a livello regionale la provenienza dei brevetti nazionali, emerge come nel 2013 la Lombardia consolidi la sua leadership (dal 34,4% del 2012 al 41,4% del 2013), seguita con il 13,8% a pari merito da Lazio ed Emilia Romagna. I‐Com fotografa così un doppio binario tra le regioni del Sud e quelle del Nord: le prime eccellono per produzione scientifica (nel 2013 la Campania è prima in Italia per articoli pubblicati con il 14,3% sul totale), mentre  le seconde riescono  a sviluppare  e proteggere  la proprietà  intellettuale  in maniera più efficace e proficua per il business.  

 

Le esigenze di innovazione delle imprese 

Attraverso un questionario somministrato a 945  imprese  italiane, I‐Com,  in  collaborazione  con RSE, ha enucleato i seguenti tratti distintivi rispetto all’innovazione energetica e ai bisogni in merito: 

‐ il  53,3%  delle  aziende  intervistate  sviluppa  processi  di  innovazione  in‐house,  piuttosto  che acquistare da terzi diritti di sfruttamento di brevetti (6,7%); 

‐ l’innovazione  non si  concentra tanto sullo sviluppo  di tecnologie singole,  ma si  orienta  verso integrazioni di sistema, abbracciando l’intero ciclo di vita dei prodotti; 

‐ il 60% del campione ha sviluppato progetti R&S in collaborazione con enti di ricerca statali, in virtù della  possibilità  di  accesso  a  fonti  di  finanziamento  pubbliche  e  di  utilizzare  la  capacità  di innovazione presente in centri esterni all’azienda; 

‐ burocrazia (35,3%) e tempistiche poco consone alla rapidità decisionale aziendale (13,5%) sono i principali ostacoli all’accesso a fonti pubbliche di finanziamento; 

‐ tra gli strumenti a sostegno dell’innovazione energetica, l’attivazione di fondi per la realizzazione congiunta di progetti di ricerca (45%) supera di gran lunga la richiesta di sgravi fiscali (10,7%) o di contributi per la ricerca in outsourcing (2,5%). 

 

Start‐Up energetiche – la situazione ad aprile 2014 

Rielaborando dati InfoCamere aggiornati ad aprile 2014, I‐Com ha messo a fuoco la presenza in Italia di 368 start‐up energetiche su un totale di 1941 unità. Dal punto di vista geografico, decisivi risultano fattori quali il livello di imprenditorialità diffusa e la presenza di università importanti: lo dimostra la densità di start‐up energetiche rilevata in Provincia di Trento (4,3%), di Padova (3,5%) o di Salerno (2,7%).  

L’elemento più critico risulta essere quello relativo alla dimensione economica e di organico delle nuove imprese energetiche: solo lo 0,9% ha un valore di produzione superiore al milione di euro e l’8,6% non supera i 5 dipendenti.  

 

Il punto di vista degli italiani – il sondaggio I‐Com 

Attraverso  un’indagine  proprietaria  condotta  su  un  campione  statistico  di  1.020  italiani,  I‐Com  ha evidenziato  come l’energia  (32,1%)  rappresenti,  dopo  la  sanità  (48,1%),  il  settore  di  ricerca  su  cui dovrebbero  concentrarsi maggiormente  gli  investimenti  pubblici.  Fra  gli  intervistati,  gli  uomini  danno maggiore  importanza  all’innovazione energetica,  infatti,  proprio  fra  gli  uomini,  la  percentuale  di  chi vorrebbe maggiori investimenti sale al 40,2% contro il 37% di chi mette al primo posto la sanità. 

Secondo  il 39,7% degli  italiani  intervistati  a sostenere  la ricerca energetica devono essere  le  istituzioni pubbliche.  Sono  l’Unione  Europea  (38,3%)  e  lo  Stato  (39,7%)  le  istituzioni  che secondo  il  campione rappresentativo devono sostenere la ricerca energetica.

I due terzi degli italiani vorrebbero fosse usata la leva della fiscalità generale (63,7%) nel finanziamentopubblico alla ricerca energetica (anziché quella dei  consumi attraverso un’apposita voce in bolletta).  La percentuale diminuisce però nelle regioni del Nord‐Est (51,7%), dove più presente è l’insofferenza verso il livello attuale di pressione fiscale.  

Quasi un terzo di italiani (il 30,7%) sarebbe favorevole ad un incremento della voce della bolletta elettrica dedicata  al finanziamento  della  ricerca  energetica  mentre  il  67%  è  quantomeno  contrario  ad  una diminuzione.  

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