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Green economy e start up, oltre i luoghi comuni. Come cambiare marcia

Si fa presto a dire green economy, perché tutto ciò che è verde (o sembra…) diventa, magicamente, la soluzione per tutti i nostri problemi. Ancor più presto si fa a dire start up, la novità e la creatività capace di cambiare il mondo e creare impresa laddove non c’è o c’era.

Come tutte le cose serve creare il contesto affinché lo sviluppo generi i suoi effetti: servono buone idee e capacità imprenditoriale ma, talvolta, può non bastare per dar vita a imprese in grado di competere sul mercato, con profitti e posti di lavoro.

C’è bisogno di creare opportunità e contesti favorevoli, dove le imprese che producono utilizzando criteri di sostenibilità ambientale abbiano senso di esistere, con una stretta correlazione tra le condizioni di mercato e le regole di gestione del territorio.

I rifiuti, l’energia e la mobilità possono essere ambiti preferenziali dove innestare competenze e capacità imprenditoriali ma, per creare le condizioni perché start up e imprese possano operare servono regole, certezze di prospettiva e continuità dell’azione.

Regole che si traducano in piani e programmi, coerenti con le strategie europee e dove le scelte non risultino estemporanee e legate al ciclo elettorale: se si decide che i rifiuti – le materie prime seconde – sono un’opportunità e hanno un valore economico si deve realizzare un sistema complesso, fatto di prevenzione, riduzione e raccolta differenziata delle frazioni. Una filiera di gestione dell’intero ciclo di produzione, raccolta e smaltimento dove riutilizzo e riciclo non siano una parte residuale, marginale e opzionale, ma realmente capace di creare opportunità.

Se questo non accade e l’incertezza si traduce in emergenze e soluzioni estemporanee è ben difficile che le imprese capaci di innovazione trovino spazio: un sistema che mette in gioco l’intera comunità locale, dove amministrazione pubblica, cittadini e imprese, sono chiamati, ciascuno per la propria parte, a svolgere un ruolo e a dare concretezza a una scelta di governo che è una scelta che ha implicazioni importanti sul futuro e lo sviluppo di quel territorio.

Non facciamo la differenziata perché è complicato, portiamo i rifiuti in discarica perché costa meno, anzi li esportiamo perché così non c’è il problema di localizzare gli impianti: sono frequenti commenti di questo tipo che servono a giustificare l’assenza di politiche e di responsabilità. Di pari passo sono queste le cause che determinano un arretramento, la perdita di occasioni legate, proprio, al ciclo industriale che può essere basato su quelle che, altrove, sono risorse economiche.

Il passo è breve per passare dal facile entusiasmo alla delusione: di start up e di green economy sono pieni i convegni, le pagine dei giornali e, talvolta, i dépliant delle campagne elettorali. Serve cambiare marcia, comprendendo che il mondo è cambiato e con esso cambia il paradigma del modello di crescita vs sviluppo: se questo passaggio non entra nelle teste di chi governa e decide il futuro tutto è destinato a diventare più complicato e far diventare la green economy uno slogan, un po’ stanco, avviato a essere obsoleto.

 

 

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