Il Consiglio Europeo ha deciso di non destinare a Kiev gli attivi russi bloccati in Europa all’indomani dell’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022.
Al posto di questi, il Consiglio ha deciso un prestito di 90 miliardi, su due anni, per evitare in pratica la bancarotta di Kiev. 90 miliardi a tasso zero, che l’Ucraina avrà l’obbligo di restituire soltanto “quando la Russia avrà pagato le riparazioni di guerra” (cioè mai).
Inoltre, il Consiglio ha rinviato la ratifica dell’accordo commerciale con il Mercosur, già chiuso un anno fa (con Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay), ma ancora in attesa di firma da parte europea.
In tutti i casi, si tratta di una sconfitta della Germania di Merz – “Ne va della credibilità geopolitica dell’Europa”, aveva detto – e della Commissione von der Leyen.
E invece, l’utilizzo delle finanze russe sequestrate è stato impedito in primo luogo dal Belgio e del suo primo ministro fiammingo Bart De Wever (“sono peggio di Orban”, ha scherzato). Nelle banche belghe infatti sono bloccati la maggior parte dei fondi, e il Paese teme ritorsioni dirette nelle istituzioni finanziarie internazionali (la Russia potrebbe denunciarlo per l’illegittimità del sequestro), e una fuga di capitali per l’eventuale ritiro di altri Paesi – per timore di sequestri simili. La Cina se invadesse Taiwan, ad esempio.
Ma il Belgio non si è opposto da solo. A parte l’Ungheria, tra i contrari c’era la BCE, per possibili rischi sull’euro, e l’Italia di Giorgia Meloni – interessata a finanziare l’Ucraina attraverso meccanismi budgetari comunitari. Una classica posizione italiana, da sempre avversata dalla Germania e dal cosiddetto gruppo dei frugali. Molto dubbiose anche Francia e Austria. Tra i più favorevoli, invece, la Polonia: “saranno soldi o sarà sangue”, ha detto il presidente Tusk.
È stata la posizione diciamo “meridionale” a prevalere. I 90 miliardi saranno prelevati dal bilancio UE, mentre Ungheria, Cechia e Slovacchia che, come gli Stati Uniti, hanno deciso di smettere di finanziare l’Ucraina, hanno ottenuto di non partecipare con le loro quote.
E Meloni ha ottenuto anche il rinvio (di un altro mese, ma sono 26 anni che si negozia) del trattato col Mercosur. Per questo, serviva la maggioranza qualificata, e non l’unanimità come sull’Ucraina: tra i contrari, nonostante le pressioni sia dalla Germania che dal Brasile, che ha minacciato di far saltare tutto, l’Italia ha raggiunto un fronte già formato da Francia, Polonia, Ungheria, Austria.
Mentre Merz considera l’accordo come una boccata d’ossigeno per l’indebolita industria tedesca, Meloni e Macron temono entrambi le conseguenze della concorrenza, su economie già malconce, dei prodotti agricoli sudamericani. “Accettiamo solo se saranno ripristinati tutti i sussidi UE all’agricoltura”, hanno detto l’italiana e il francese: nemici-amici.




