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brevetti essenziali

Brevetti, la Commissione Ue favorisce Nokia, Ericsson e Qualcomm? Gli subbi del Parlamento europeo

Il Parlamento europeo porta la Commissione davanti alla Corte di giustizia dell’Ue per aver ritirato la proposta di riforma dei brevetti essenziali (SEPs), un provvedimento pensato per aiutare le Pmi nelle trattative con i grandi gruppi tecnologici come Nokia, Ericsson e Qualcomm.

 

Il Parlamento europeo ha deciso di avviare un’azione legale contro la Commissione europea dopo il ritiro della proposta sui Brevetti Essenziali Standard (SEP), un provvedimento volto a riformare il sistema di concessione delle licenze per tecnologie chiave come 5G, LTE e Wi-Fi. La decisione arriva dopo lo stop annunciato dalla Commissione, giustificato dall’assenza di un “accordo prevedibile” con il Consiglio.

LA VOTAZIONE E L’ITER LEGALE

Lo scorso martedì, durante la sessione plenaria, il Parlamento Ue ha confermato il via libera all’azione legale contro la Commissione. Come osserva Euractiv, la votazione è avvenuta dopo che il blocco di destra, composto dal Partito Popolare Europeo, dai Conservatori e Riformisti Europei, da Patriots for Europe e da Europe of Sovereign Nations, ha chiesto il voto nonostante la commissione giuridica (JURI) avesse già approvato all’inizio del mese la proposta di ricorso. La Corte di giustizia dell’Ue dovrà ora valutare se la Commissione abbia violato il diritto dell’Ue ritirando la proposta senza autorizzazione parlamentare.

IN COSA CONSISTE LA PROPOSTA

La proposta, presentata dalla Commissione nel 2023, mirava a semplificare le procedure di concessione delle licenze e ad aumentare la trasparenza, affidando all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) un ruolo centrale nelle negoziazioni. Il provvedimento avrebbe facilitato le trattative delle piccole e medie imprese con grandi aziende tecnologiche come Nokia, Ericsson e Qualcomm. Stando a quanto scrive Euronews, la Commissione ha deciso di ritirare la proposta “poiché non si prevedeva alcun accordo” e per le “notevoli implicazioni economiche” che essa comportava.

LE REAZIONI POLITICHE

Secondo il relatore del JURI René Repasi, “il diritto della Commissione di ritirare una proposta … non può essere usato come strumento politico per interrompere il lavoro del Parlamento”. Marion Walsmann, relatrice del PPE, ha aggiunto che l’azione legale “chiarirà che le decisioni democraticamente adottate dal Parlamento europeo non possono essere annullate unilateralmente”. La stessa Walsmann ha anche sottolineato come il ricorso miri a difendere il Parlamento come “co-legislatore alla pari e a promuovere relazioni istituzionali affidabili”. Terry Reintke, dei Verdi, ha invece definito il voto in plenaria “problematico” perché potrebbe ribaltare decisioni prese a livello di commissione.

Come osserva inoltre l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), il suo eurodeputato Tiemo Wölken, relatore ombra del dossier, aveva denunciato la mancata trasparenza della Commissione sulle riunioni relative ai SEP. Recentemente, il Tribunale dell’Ue ha stabilito che la Commissione non può cancellare i documenti legati al ritiro della proposta e ha fissato il termine del 3 dicembre per la risposta dell’esecutivo.

PRECEDENTI DEL PARLAMENTO

Non è la prima volta che il Parlamento europeo ricorre legalmente contro la Commissione. Nel 2020 infatti Euronews ricorda che aveva contestato la mancata applicazione di un meccanismo di reciprocità sui visti per i cittadini statunitensi, ricorso poi respinto dalla Corte di giustizia e, negli anni ’80, l’assemblea aveva anche avviato due azioni legali contro il Consiglio per inazione.

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