La magistratura è meno indipendente con esplicite pressioni politiche sulle decisioni oppure con CSM separati per giudicanti e inquirenti? La domanda sorge spontanea dall’accostamento di due notizie giunte in redazione in queste ore. La prima: la conferenza stampa alla Camera dei Deputati contro l’archiviazione dell’inchiesta-bis sulla strage di Ustica aperta nel 2008 in seguito alle dichiarazioni di Francesco Cossiga sulla responsabilità francese. La seconda: la fissazione al 26 novembre della camera di consiglio nella quale il GIP Livio Sabatini dovrà decidere se accettare la richiesta di archiviazione del sostituto procuratore Erminio Amelio. Sorpresa: scorrendo il dopcumento si scopre che chi organizza la conferenza stampa non si è opposto all’archiviazione con le modalità previste dal codice di procedura penale. A pensar male, si potrebbe essere portati a concludere che per qualcuno la modalità normale per tenere aperta un’inchiesta non sia quello di depositare l’istanza richiesta dalla legge, ma il furor di popolo.
Corollario: la pressione politica è scandalosa quando viene dall’esecutivo, ma non quando viene dai partiti politici di centrosinistra che in questo momento ne sono fuori. Per la precisione, dal Partito Democratico, i cui deputati Walter Verini e Andrea De Maria ospitano l’evento, ma anche da M5S, Azione, Italia Viva e AVS, con Marco Pellegrini, Marco Bolognesi, Ivan Scalfarotto e Ilaria Cucchi. La contraddizione è particolarmente evidente per PD, M5S e AVS, che proprio con l’indipendenza della magistratura motivano il “No” al referendum confermativo della riforma. Ma ne escono male anche gli altri. Azione, che in aula ha votato per la separazione delle carriere, sembra quasi confermare che la riforma serve a mettere sotto tutela i magistrati. In fondo l’unica coerente è Italia Viva, da sempre contraria al sorteggio del CSM, i cui membri vorrebbe eletti dal parlamento. “Alla faccia dell’indipendenza”, avrebbe forse detto Totò.
Ai tempi delle inchieste su Craxi e Berlusconi era di moda la distinzione tra difendersi “nel processo” o “dal processo”. Nel caso Ustica, la strategia sembra essere la seconda. Per il cosiddetto “partito del missile”, l’archiviazione segnerebbe l’ennesima sconfitta della battaglia aerea, che dopo altri sedici anni di indagini non riesce a trovare certezze su autori e modalità. Meglio protrarre le indagini, fonte inesauribile di scoop e titoloni che nessuno verificherà mai. Meglio ancora che il GIP decida di tenere aperta la fabbrica delle indiscrezioni da rilanciare a mezzo stampa. Ovviamente in piena indipendenza, ci mancherebbe altro.
Il secondo corollario riguarda il ruolo della stampa: non fare le bucce al potere, non raccontare la “verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”, come impone dal 1963 la legge istitutiva dell’Ordine, ma spingere una tesi. Così suggerisce la presenza alla conferenza stampa dei presidenti di FNSI e Ordine dei Giornalisti, Vittorio di Trapani e Carlo Bartoli, spalleggiati dall’inossidabile Giuseppe Giulietti di Articolo 21. Chissà se qualcuno di loro oserà porre domande scomode quali “Avete depositato la vostra richiesta di opposizione?”, “Con quali temi ulteriori di indagine?”. O anche “Chi risulta essersi opposto all’archiviazione?”, “Ci sarete come Associazione Parenti delle Vittime?”, “Qualora l’inchiesta non fosse archiviata, la seguirà ancora il dott. Amelio?”.
Scomode, ma facili. Un normale cronista di giudiziaria ci metterebbe un minuto a dare conto della situazione: “No”, “Nessuno, non essendosi opposti”, “Giuliana De Faveri Tron, che aveva 16 anni quando nel disastro perse la madre”, “No, il GIP ha escluso le associazioni non costituite alla data del fatto” e “No, è stato nominato il sostituto procuratore Antonio Clemente.” Che, aggiungerebbe l’ipotetico cronista, non è detto che sia presente il 26 novembre, perché i PM sono quasi sempre assenti alle camere di consiglio.



