In una seduta notturna che si è protratta fino alle prime luci dell’alba, i deputati dell’Assemblea Nazionale francese sabato hanno respinto con un voto schiacciante la parte del progetto di budget 2026 dedicata alle entrate fiscali.
Un testo che era già irriconoscibile rispetto alla versione iniziale del governo, sommerso da centinaia di emendamenti provenienti da tutto l’arco parlamentare: tasse straordinarie sulle grandi imprese e sui super-ricchi, ma anche sgravi per le famiglie e le piccole aziende.
Il risultato è un provvedimento che nessuno, nemmeno gran parte dei deputati della maggioranza relativa centrista, ha voluto difendere.
Il voto non chiude definitivamente i giochi – il testo passa ora al Senato – ma evidenzia tutta la fragilità di un Parlamento frammentato nato dalle elezioni anticipate del 2024 e l’enorme difficoltà del governo di Sébastien Lecornu a trovare un accordo credibile per riportare il deficit pubblico sotto la soglia del 5% del Pil nel 2026.
Il voto notturno
Nelle prime ore di sabato mattina, l’Assemblea Nazionale ha affossato la parte “entrate” del bilancio 2026 con 404 voti contrari, un solo favorevole e 84 astensioni.
Come riporta il Financial Times, persino diversi deputati della maggioranza relativa centrista di Emmanuel Macron hanno votato contro o si sono astenuti, segno che il testo era diventato indigesto praticamente a tutti.
Il disegno di legge originario del governo è stato stravolto da centinaia di emendamenti provenienti da destra e sinistra: tasse straordinarie sulle grandi imprese, sui riacquisti di azioni proprie, sui super-ricchi, ma anche alleggerimenti fiscali per famiglie e Pmi.
Un mix che la ministra del Bilancio Amélie de Montchalin, citata dal Ft, ha bollato come “stregoneria fiscale” e che, secondo i calcoli dell’esecutivo, avrebbe portato il deficit solo al 5% del Pil invece dell’obiettivo iniziale del 4,7%, come sottolinea Bloomberg.
Lecornu tiene la barra dritta
A differenza dei suoi predecessori, il primo ministro Sébastien Lecornu ha giurato di non ricorrere all’articolo 49.3 della Costituzione, lo strumento che permette di far passare un testo senza voto finale, pena una mozione di sfiducia.
Una scelta che, come ricorda France 24, dà ai parlamentari una libertà senza precedenti ma rende l’esito estremamente incerto.
Il ministro delle Finanze Roland Lescure ha parlato di “strategia distruttiva” da parte di estrema destra ed estrema sinistra, ma si è detto comunque “convinto che la maggioranza dei gruppi parlamentari troverà il terreno comune necessario” per approvare un bilancio.
La palla passa al Senato
Il testo arriva ora al Senato, controllato dalla destra repubblicana e centrista. Come anticipa France 24, la Camera alta dovrebbe cancellare gran parte degli emendamenti votati dall’Assemblea, ripartendo quasi da zero sul testo governativo originario.
Seguirà poi la commissione mista paritetica (CMP) che dovrà cercare un compromesso tra le due camere.
Se la CMP fallisce, il governo potrà comunque imporre il bilancio per ordinanza all’inizio di dicembre, oppure – scenario più probabile se vuole evitare l’accusa di forzatura – ricorrere a una legge di finanza rettificativa che prolunga semplicemente le regole 2025 (come già accaduto a gennaio scorso).
I socialisti ago della bilancia
Il vero snodo politico sono i socialisti. Come sottolinea il Financial Times, il PS rappresenta il blocco-ago della bilancia: senza il loro appoggio (o almeno la loro astensione benevola) il governo non ha i numeri.
Lecornu ha già fatto una concessione pesante: la sospensione della contestata riforma delle pensioni del 2023, un vecchio cavallo di battaglia macroniano.
Tuttavia, il capogruppo socialista Boris Vallaud, citato da Bloomberg, ha lamentato, che “non ci sono abbastanza entrate” nel testo per poter accettare il compromesso sulla parte spesa che arriverà a dicembre.
Se i socialisti decidessero di unirsi a RN e LFI in una mozione di sfiducia, il governo cadrebbe e si aprirebbe la strada a nuove elezioni – uno scenario che terrorizza i mercati.
Gli scenari possibili
Gli scenari possibili non sono infiniti. O si arriva a un compromesso dell’ultimo minuto, che sarebbe il percorso preferito dal governo.
Oppure, se non si raggiunge l’accordo, il bilancio 2025 viene prolungato con una legge ponte. Si eviterebbe cvosì lo shutdown all’americana, ma tale percorso peserebbe sul deficit e irriterebbe agenzie di rating e investitori.
L’ultimo scenario è la crisi di governo cui seguirebbero le elezioni anticipate. I socialisti si unirebbero all’opposizione per far cadere Lecornu, si aprirebbe un nuovo giro di consultazioni, e, esaurito ogni tentativo, vi sarebbe un ritorno alle urne nel 2026 con un deficit fuori controllo e lo spread in risalita.
Per ora l’esecutivo ostenta ottimismo. “In tutta questa complessità c’è una cosa molto semplice: esiste o no una maggioranza fragile che vuole stabilità in cambio di concessioni?”, ha detto mercoledì il ministro per i Rapporti con il Parlamento Laurent Panifous a Public Sénat, citato da Bloomberg.
“Io credo che esista, perciò vedo il bicchiere mezzo pieno”.



