Nasceva settant’anni fa un piccolo partito che ha una grande storia. Il suo ruolo nella politica italiana non si misura con il numero dei seggi conquistati in parlamento ma con la forza delle idee e con l’impegno in battaglie epocali. E quelle più importanti, dal divorzio all’aborto, le ha vinte tutte. Tutto inizia l’11 dicembre 1955. A Roma, in un cinema del quartiere Prati, viene fondato il Partito Radicale dei liberali e democratici italiani.
La denominazione originale, che nei decenni successivi sarà sostituita da quella di partito radicale, è tutt’altro che casuale. I promotori, tra cui Mario Pannunzio, Andrea Carandini ed Eugenio Scalfari, sono liberali in dissenso con il loro ex partito. Ma le loro idee di uno Stato laico non egemonizzato della Democrazia Cristiana e dalla sua legge-truffa ma altrettanto lontano dal PCI attirano intellettuali, ex azionisti protagonisti della Resistenza e l’unione dei giovani universitari di cui Marco Pannella è un leader autorevole.
Quello che avviene dopo lo racconta meglio di ogni altro Gianfranco Spadaccia con “Il Partito Radicale. Sessanta anni di lotte tra memoria e storia” (Sellerio, 764 pagine, 24 euro). Gli inizi della nuova formazione politica sono più che travagliati. Appena sei anni dopo la fondazione il “caso Piccardi” porta a una spaccatura insanabile e il partito sembra destinato a scomparire. In realtà nessuno o quasi dei promotori rinuncia all’impegno politico e civile. E un altro bel libro sull’argomento è “Pannunzio. Dal “Mondo” al Partito Radicale: vita di un intellettuale del Novecento” di Massimo Teodori (Mondadori, 278 pagine, 19,50 euro).
E’ un dato di fatto: i principi e i valori che avevano ispirato la prima assemblea dell’11 dicembre 1955 restano una presenza costante nella cultura e nel giornalismo italiani. Ma anche il Partito Radicale risorge per merito di Pannella, di Spadaccia e di pochi altri irriducibili. L’anima laica e liberale è sempre quella ma il modus operandi cambia radicalmente. A raccontare la nuova epopea è Lucia Bonfreschi con “Un’idea di libertà. Il Partito Radicale nella storia d’Italia 1962-1988” (Marsilio, 464 pagine, 17 euro). Sono gli anni degli scioperi della fame e della sete, delle manifestazioni dimostrative spesso un po’ provocatorie ma assolutamente efficaci per sensibilizzare l’opinione pubblica e sconfiggere l’indifferenza. Ed è grazie a questo che si riesce a difendere l’istituzione del divorzio da un referendum abrogativo. O a eliminare la tragedia degli aborti clandestini. E per dirla tutta ad avere un paese più civile.
Una rilettura della storia del Partito Radicale non può prescindere da chi non c’ più ma quelle battaglie le ha fatte in prima persona e sono da leggere “L’illuminato. Vita e morte di Marco Pannella e dei radicali” di Giovanni Negri (Feltrinelli, 208 pagine, 16 euro) e “Una libertà felice. La mia vita” (Mondadori, 192 pagine, 12 euro) scritto dallo stesso Panella con Matteo Angioli. Settant’anni dopo le conquiste dei radicali restano. Non c’è più il cinema dove il partito venne fondato che è diventato una sala bingo. E forse anche nella politica attuale gli ideali hanno lasciato il posto alle scommesse.



