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Educare, la sfida di domani

Il tema di fondo è riuscire a fissare un punto di equilibrio tra vicende private e pubbliche, potere dello Stato e libertà della famiglia e dell’individuo. Il punto è difficile da definire perché sta a metà tra violenza e libertà, ma a complicare ulteriormente le cose è la velocità delle innovazioni tecnologiche, mediali e culturali. Il corsivo di Battista Falconi

La storia dei bambini tolti ai genitori che li stanno tirando su nei boschi, sorprendentemente divisiva ma in modo trasversale, fa il paio con le polemiche più scontatamente politiche sull’educazione affettiva, che a loro volta si abbinano al gran dibattere sulla norma del consenso sessuale libero e aperto, che dopo l’unanimità parlamentare sta suscitando molti dubbi in punta di diritto, anche questi trasversali.

IL CONFINE TRA VICENDE PUBBLICHE E PRIVATE

Al solito, molte chiacchiere riguardo alle quali, vedi Conferenza internazionale contro il femminicidio, avanziamo una modesta proposta per prevenire: i ministri evitino di inerpicarsi in questioni troppo complesse per risolverle con una battuta da social o da tg, i politici evitino di cavalcarle per propaganda. Al fondo, però, c’è il senso di non riuscire a fissare un punto di equilibrio tra vicende private e pubbliche, potere dello Stato e libertà della famiglia e dell’individuo. Non è facile, in effetti, altrimenti non ne parleremmo da qualche secolo. Il punto è difficile da definire perché sta a metà tra violenza e libertà, ma a complicare ulteriormente le cose è la velocità delle innovazioni tecnologiche, mediali e culturali. In un mondo che passa sempre più per uno schermo e che si è disabituato ai rapporti di persona, regolare l’educazione dei figli e i rapporti tra maschi e femmine diventa più complicato.

IL RUOLO DELLA FAMIGLIA NELL’EDUCAZIONE

Per dire: se un professore ritiene di intrattenere una relazione con una studentessa maggiorenne e consenziente senza avvertire il disagio della disparità di posizione, sarà dura stabilire in sede giudiziaria se si sia scavallato il limite della piena consapevolezza. Ma ancora, molto di più, lo è tutelare un’infanzia sempre meno protagonista del nostro futuro sociale: con pochi bambini, invecchiamo rapidamente e, con le ferite di pandemia e lockdown ancora aperte, tanti ragazzi socializzano poco e male. Anche senza arrivare ai coltelli (in chi li usa l’ostentazione social colpisce quasi più dell’efferatezza), la famiglia non fa più asse pedagogico e didattico con gli insegnanti, l’autorevolezza e la competenza non sono considerati valori intangibili, i saperi tecnici e disciplinari utili per la vita non esistono quasi più. In cima a tutte le preoccupazioni, quella per l’Intelligenza artificiale che, detratte bolla e business, è davvero un cambiamento epocale che resterà nella storia dell’umanità come la scrittura, la stampa a caratteri mobili e il wireless.

BAMBINI, EDUCAZIONE E TECNOLOGIA

Temi di cui si è tra l’altro parlato, in questi giorni, nei convegni per i 25 anni della Fondazione Patrizio Paoletti, che si occupa soprattutto di ragazzi, ma con l’occhio attento alla formazione permanente che ci coinvolge per tutta la vita. E nel cui modello l’auto-educazione e il benessere psicologico della persona precedono gli altri saperi. La Commissione parlamentare per l’infanzia ha annunciato una nuova indagine sull’impatto delle reti sulla salute dei minori, intanto i pediatri rinnovano l’indicazione di inibire il cellulare sotto i 13 anni. La nostra capacità di comprendere, normare, cercare di risolvere è in sempre maggior ritardo rispetto al cambiamento del reale.

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