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Perché AI Overview di Google è una rovina per tutti?

Google AI Overview non è solo una catastrofe per gli editori, che in alcuni casi negli Usa hanno già visto crollare del 40-50% il traffico sui siti, ma anche per gli utenti che non si confrontano più con un motore di ricerca ma con “un'opinionista” che elabora e fornisce un’unica risposta, omogeneizzando il pensiero. L’approfondimento di Laura Turini per Appunti di Stefano Feltri

 

L’AI Overview è una di quelle rivoluzioni che hanno tutte le sembianze di una sciagura.

Negli ultimi mesi in molti si stanno mettendo le mani nei capelli e le agenzie di marketing non hanno ancora capito che cosa debbano fare per arginare la valanga che gli sta cadendo addosso.

Quello che è certo è che deve esserci un cambio di rotta, urgente e repentino, se non si vuole rischiare che molte attività giungano al collasso, una tra tutte l’impresa editoriale.

AI Overview, nata come evoluzione della Search Generative Experience, è stata lanciata da Google nel 2024 negli Stati Uniti ed è arrivata in Europa nel 2025 diffondendosi rapidamente.

Il sistema è semplice. Quando un utente digita qualcosa da ricercare, Google usa l’AI Gemini per leggere decine di pagine, sintetizzarne il contenuto e fare apparire una risposta all’utente, in forma discorsiva, in alto nella pagina all’interno di un riquadro colorato, mentre i link ai siti richiamati si trovano a destra o in basso.

Si tratta di un meccanismo che, anziché limitarsi a indicare le fonti, fornisce una risposta strutturata che spesso soddisfa pienamente le aspettative, senza che sia necessario andare a leggere altro e mettere insieme le varie notizie.

Proprio per questo la maggior parte degli utenti si ferma qui e non preme più sul link dei siti richiamati. Il risultato è, ovviamente, un drastico calo di traffico verso i siti Internet.

Secondo dati di Similarweb, nel giro di un anno, da metà 2024 a maggio 2025, il traffico complessivo verso i siti di notizie sarebbe sceso da oltre 2,3 miliardi di visite mensili a meno di 1,7 miliardi, mentre la quota di ricerche news che si conclude senza alcun clic (zero-click searches”) è salita dal 56 per cento al 69 per cento.

Negli Stati Uniti si parla di cali di traffico fino al 40 per cento per alcune testate statunitensi, con siti come Forbes e HuffPost indicati fra i più colpiti, mentre il Washington Post stima un calo di visite dal web del 50 per cento.

In Italia non ci sono ancora stime precise ma la situazione non è certo meno preoccupante, tanto che la FIEG, Federazione Italiana Editori Giornali, ha deciso di farsi avanti e di depositare un ricorso all’AGCOM nei confronti dei servizi AI Overview e AI Mode, lamentando una violazione da parte di Google del Digital Services Act (DSA), il Regolamento (UE) 2022/206 che detta norme precise sulla gestione dei servizi digitali.

Nel comunicato stampa del 15 Ottobre 2025 FIEG definisce i servizi di Google un ‘traffic killer’, perché includendo le informazioni nelle loro risposte non rendono necessario cliccare sulle fonti originali e aggiunge:

“Stiamo parlando di un prodotto che non solo si pone in diretta concorrenza con i contenuti prodotti dalle aziende editoriali ma che determina anche una riduzione della loro visibilità e reperibilità, e quindi dei relativi introiti pubblicitari, minacciando il loro rifinanziamento.

Ciò ha gravi conseguenze per la sostenibilità economica e la diversità dei media, con tutti i rischi correlati alla mancanza di trasparenza e al proliferare dei fenomeni di disinformazione nel dibattito democratico”.

Il reclamo di FIEG si inserisce nell’ambito di una strategia più ampia che vede coinvolte le federazioni di editori di altri paesi europei che hanno intrapreso azioni analoghe, coordinate anche dall’ENPA, European Newspaper Publishers’ Association, a dimostrazione di quanto la preoccupazione sia alta.

Dal punto di vista legale si contesta una possibile violazione del DSA che ha introdotto una serie di obblighi per le VLOP, Very Large Online Platforms e per i VLOSE, Very Large Online Search Engines, ovvero servizi con più di 45 milioni di utenti in Europa e Google rientra in questa categoria.

Fra gli obblighi più rilevanti si ricordano la trasparenza dei sistemi di raccomandazione (Art. 27 DSA) che obbliga le piattaforme a spiegare quali sono i parametri utilizzati per indicizzare e raccomandare i contenuti, gli obblighi specifici sui sistemi di raccomandazione (Art. 38 DSA), per cui le piattaforme devono garantire una certa equità e evitare che si creino effetti discriminatori, a cui si aggiunge l’obbligo di valutare e mitigare i “rischi sistemici significativi” (Art. 34 DSA), inclusi gli effetti sulla libertà di espressione e di informazione.

Il funzionamento dell’AI Overview è, invece, piuttosto oscuro e non si sa esattamente quali siano i criteri utilizzati dall’algoritmo per selezionare le fonti, per quale ragione alcune testate vengono citate e altre no, ma soprattutto non si comprende come le varie informazioni vengano assemblate per fornire una risposta di senso compiuto.

DA MOTORE DI RICERCA A OPINIONISTA

Google è passata da mero motore di ricerca, che si limitava a indicare una serie di siti su cui era possibile trovare contenuti di interesse dell’utente, a opinionista-tuttologo che legge le fonti, le rielabora e offre una sua risposta strutturata a chi pone una domanda.

Questa funzione, oltre ad impattare pesantemente sul piano economico nell’organizzazione imprenditoriale degli editori, ha un effetto devastante anche dal punto di vista dell’informazione in generale e della democrazia.

Se già era difficile maturare una propria idea personale con le diverse fonti a disposizione, adesso la direzione è verso un pensiero unitario che non è quello di un grande esperto, e neppure quello di un dittatore o di un visionario illuminato, ma è quello di una macchina.

Nuovamente si ritorna al tema dei temi, a chi ci sia dietro l’intelligenza artificiale, a come viene addestrata, a quali sono le regole che stanno alla base dei suoi algoritmi.

È una tecnologia magnifica e straordinaria che rischia di sfuggire al controllo se non ci procuriamo strumenti sempre più adeguati a gestirla.

Il ricorso di FIEG rappresenta quindi un bando di prova importante perché testerà in modo concreto la tenuta del DSA, la normativa europea che non piace alle imprese statunitensi ma che dovrebbe essere il mezzo più efficace per arginare lo strapotere delle piattaforme.

Vedremo se ci riuscirà.

Nel frattempo agli editori e a tutti coloro che hanno fatto della clic economy il fondamento della loro impresa, non resta che correre ai ripari, inventandosi meccanismi diversi di attrazione per i lettori e per i clienti, con la speranza che tutto questo produca qualcosa di realmente nuovo e magari un progresso qualitativo dell’informazione.

(Estratto da Appunti di Stefano Feltri)

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