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Troppi o troppo pochi? Un discorso su persone, ricchezza, spazi e case

Che cosa si dice e che cosa non si dice su popolazione, ricchezza, spazi e case. Il commento di Falconi

 

All’assemblea dell’Anci a Bologna, Sergio Mattarella ha detto una cosa pienamente condivisibile e una che non lo è affatto, evidenziando la difficoltà di fare ragionamenti con un filo che eviti le cose contingenti e passi ai veri problemi. Il Presidente della Repubblica ha paventando una “democrazia a bassa intensità”, lamentando la flessione dell’affluenza che indica semplicemente un’offerta politica insoddisfacente e non la crisi dell’istituzione democratica. Il problema è apparente, un tempo elogiavamo le “democrazie avanzate” ad alta astensione, dove non ci si recava alle urne per abitudine né per scambi clientelari.

Mattarella ha poi sottolineato che 13 milioni di italiani vivono lontano dai grandi centri, in zone a spopolamento, e questo è un problema molto reale. L’ha sostenuto anche Giorgia Meloni, presentando una Strategia per raddoppiare la popolazione delle aree interne con 1,3 miliardi di euro di fondi nazionali ed europei. Non entriamo nel merito, ci limitiamo a rilevare quanto sia complicato e scomodo spostarsi o tornare, cambiando residenza, abitudini e vita, in zone come l’Appennino e le isole minori (60 con 220 mila abitanti, in 10 anni saranno tutti over 60), di cui già si stanno occupando il commissario Castelli e il ministro Musumeci.

Ma, soprattutto, prendiamo spunto dalla questione per guardare al problema generale. Siamo troppi o troppo pochi sulla Terra? Se lo chiedeva un articolo della Stampa confrontando giustamente l’ansia da sovrappopolamento del recente passato e quella odierna per il gelo demografico; quella era però globale, questa soprattutto italiana e occidentale.

Arriviamo così alla soluzione-problema delle migrazioni, tanto sentito ma che investe l’effetto e non la causa. Di nuovo: non è facile, anzi è quasi impossibile redistribuirsi in base alle disponibilità di reddito, che teoricamente regolano i processi migratori, poiché dove c’è più ricchezza c’è meno spazio. In Italia stiamo stretti perché abbiamo tanto territorio costiero e montuoso, non ci possiamo spalmare in modo orizzontale. E dove di posto ce n’è, come in Africa e Asia, ci si concentra in megalopoli che, dati i numeri superiori, assumono proporzioni mostruose, con condomini più popolosi delle nostre città (va detto che in Italia abbiamo capoluoghi di regione con meno residenti di un quartiere romano o milanese).

Questa confusione tra persone e superfici porta a quella sull’edificazione, per cui negli oltre 5.700 emendamenti alla Manovra, 1.600 dalla maggioranza, si mescolano proposte di condono e fondi per abbattere l’edificato. L’ipotesi di riaprire la sanatoria edilizia del 2003 in Campania proposta da Fratelli d’Italia e l’aumento di 25 milioni del fondo per demolire immobili abusivi gestito da CDP. Che di costruzioni ce ne siano troppe è certo, sicuramente da noi e forse anche all’estero, basta vedere quante incompiute o disabitate se ne trovino. Allora non si potrebbe sistemare, ristrutturare e adattare l’esistente? Già, ma quando ci abbiamo provato in pandemia col Superbonus 110% è stato un mezzo guaio, con interventi di efficienza energetica e miglioramento antisismico di dubbia utilità e aumento di costi, effetti inflazionistici, oltre 170 miliardi di euro che vedremo chi pagherà.

Troppi o troppo pochi è una domanda cui è difficile rispondere. Facciamo meno figli e, quando arrivano da noi, ne fanno meno anche gli immigrati, che dopo un po’ non vogliono neanche più fare i lavori per cui li consideriamo delegati, come badanti e saldatori: il 70% delle imprese metalmeccaniche non ne trova a 1.500 euro netti mensili, avverte Confindustria Lombardia. Man mano che ci arricchiamo però viviamo sempre di più, e servono entrambi i mestieri, specie il primo. L’obiettivo massimo dell’essere umano, sconfiggere la morte o almeno allontanarla, appena raggiunto si è rivoltato in un problema da risolvere. Istat rileva al 1° gennaio in Italia 23.548 centenari, l’82,6% donne, vecchiaia che non produce ricchezza e richiede un’onerosa assistenza.

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