Lunedì sera a New Delhi un’auto rallenta a un semaforo e si trasforma in una palla di fuoco: 8 morti, una dozzina di feriti. Meno di 24 ore dopo, un kamikaze si presenta al complesso giudiziario di Islamabad: bloccato all’ingresso, si fa esplodere, lasciando 12 corpi a terra e oltre 30 persone in ospedale.
Due capitali, due esplosioni, un filo di sangue che collega l’India al Pakistan in un crescendo di tensioni.
Islamabad non esita, parlando di “terrorismo di stato indiano” orchestrato dall’Afghanistan, e accusa il premier pakistano Sharif senza prove. New Delhi ribatte secca, parlando di “delirio” e “narrazioni false” per coprire guai interni, mentre il premier indiano Modi giura di stanare i cospiratori.
Una fazione scissionista del TTP, i talebani pakistani, rivendica l’attacco alla capitale pakistana; ma il gruppo madre smentisce.
L’esplosione a New Delhi
Lunedì, ore 18:45. Il quartiere di Chandni Chowk è un formicaio: turisti, venditori, pendolari. Un’auto rallenta vicino al Forte Rosso. Poi l’inferno.
Come racconta il New York Times, l’esplosione è così potente da far tremare i vetri del vicino mercato. Otto morti sul colpo, tra cui il conducente – un uomo del Kashmir, come confermano fonti interne alla polizia citate da Bloomberg.
Il ministro dell’Interno Amit Shah arriva sul posto a notte fonda e presiede una riunione d’emergenza. Martedì mattina, il caso passa alla National Investigation Agency.
Bloomberg sottolinea che lo stesso giorno era stato smantellato un “modulo terroristico interstatale” con 6 arresti e oltre 2.700 chili di materiali esplosivi sequestrati.
Il premier indiano Narendra Modi promette: “I cospiratori non saranno risparmiati, chiunque essi siano”.
Il kamikaze a Islamabad
Martedì, intorno a mezzogiorno, Il District Judicial Complex pullula di gente: avvocati in toga nera, imputati, familiari.
Un uomo con uno zaino si avvicina all’ingresso principale. I metal detector suonano, le guardie lo fermano. Lui si allontana di qualche metro, si ferma vicino a un furgone della polizia e preme il detonatore.
Al Jazeera riporta la testimonianza choc di un avvocato dell’Islamabad Bar Council: “Ero in cortile, ho sentito un’esplosione assordante. Poi ho visto la testa del kamikaze rotolare a tre metri da me. Il panico è stato totale: 2.000 persone che correvano, il cancello principale bloccato. Solo l’uscita dei giudici ci ha salvati”.
Il ministro Naqvi, alla BBC, conferma: “Aspettava da 15 minuti. Voleva entrare, non ci è riuscito”.
Il bilancio è pesante; dodici morti, 27 feriti, di cui cinque in terapia intensiva. Sulla scena del crimine auto carbonizzate, sangue sull’asfalto, un odore di bruciato che aleggia per ore.
Islamabad, sede del Parlamento e di ambasciate, non subiva un attacco simile dal 2014.
Pakistan sotto assedio
L’attentato di Islamabad è solo un capitolo. Lunedì mattina, a Wana, un’auto-bomba sfonda il cancello del College dei cadetti. Quattro militanti entrano armati. Le forze speciali rispondono: ne scaturiscono 14 ore di combattimenti.
Reuters parla di tre morti all’ingresso, e di oltre 600 evacuati, tra cui 525 cadetti. In centinaia restano intrappolati fino a notte.
Stesso giorno, a Dera Ismail Khan, un ordigno ferisce 14 agenti. Secondo Al Jazeera c’è un nesso tra gli episodi: “un’escalation drammatica mentre l’esercito è impegnato a Wana”.
Il premier Sharif, in un discorso infuocato, accusa: “Entrambi gli attacchi sono opera dell’India. È terrorismo di stato”.
Asif, ministro della Difesa, va oltre: “Siamo in guerra. Islamabad è un messaggio”. E non esclude raid su Kabul.
Le rivendicazioni
Come riporta il New York Times, Jamaat-ul-Ahrar, fazione scissionista del TTP, i talebani pakistani, rivendica l’attentato al tribunale. Ma il TTP centrale smentisce: “Nessun coinvolgimento”, scrive il gruppo ad alcuni giornalisti locali, secondo la BBC.
Stesso schema a Wana. Reuters cita l’analista Abdul Basit: “nuove fazioni permettono al TTP di colpire civili e negare tutto. È un segnale: se bombardate Kabul, noi arriviamo in città”.
Ihsanullah Tipu Mehsud, giornalista e analista di sicurezza pakistano, avverte su Al Jazeera: “Il TTP ora punta alla capitale”.
Volano le accuse
Islamabad non ha dubbi. Come dice il premier Sharif, citato da Al Jazeera, siamo di fronte ai “peggiori esempi del terrorismo indiano”.
Il ministro pakistano Asif parla di una “aggressione indiana via Afghanistan”. E il suo collega Naqvi punta su “elementi indiani e proxy talebani”.
New Delhi risponde con durezza. Il portavoce Jaiswal, citato da Bloomberg, parla di “accuse deliranti. Il Pakistan tenta di distrarre dai suoi fallimenti costituzionali”.
I talebani afghani, tramite un portavoce, condannano gli attacchi e negano ogni ruolo, come riporta il Nyt. Ma i legami tra TTP e talebani restano profondi.






