La produzione industriale italiana è rimbalzata assai più del previsto a settembre, di +2,8% m/m, dopo il crollo di -2,7% m/m visto ad agosto. La variazione annua corretta per gli effetti di calendario è tornata in territorio positivo, a +1,5%, dopo il -3% del mese precedente: si tratta di un massimo da gennaio del 2023.
Il rimbalzo di settembre, così come la caduta di agosto, è diffuso a tutti i principali gruppi (spicca l’energia con +5,4% m/m), con la sola eccezione di beni durevoli, fermi nel mese e in caduta di -1,7% su base annua corretta per gli effetti di calendario (pur in miglioramento da -4,2% precedente); sempre su base tendenziale, trainanti sono i beni di consumo non durevoli (+2,9% a/a).
Il dettaglio per settore mostra nel mese un balzo dell’output non manifatturiero ovvero delle attività estrattive (+12% m/m) e della fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+8,3% m/m). Il manifatturiero registra un incremento decisamente meno ampio di quello dell’indice generale di produzione industriale (+1,4% sia m/m che a/a). Su base mensile si nota un buon progresso per il comparto alimentare (+5,5% m/m), quello elettronico (+5,4% m/m) e per gomma e plastica (+4,3% m/m), mentre spicca la decisa flessione del farmaceutico (-11,1% m/m), dei mezzi di trasporto (-4,8% m/m) e del settore tessile (-4,4% sia m/m che a/a). Proprio quest’ultimo figura, assieme a legno, carta e stampa (-4,1% a/a) e chimica (-4% a/a), tra i comparti maggiormente in calo su base annua, mentre all’estremo opposto si registra il balzo dell’elettronica (+12,3% a/a) e dell’alimentare (+9,2% a/a).
Nonostante il forte rimbalzo di settembre, la produzione industriale ha chiuso il trimestre estivo con una contrazione di -0,5% t/t, dopo due trimestri di recupero.
Ad ottobre, le indagini di fiducia delle imprese nel settore manifatturiero hanno mostrato un miglioramento superiore al previsto: il PMI manifatturiero è tornato circa in linea con una stazionarietà (a 49,9 da 49 a settembre, sia pur al di sotto del massimo da un anno e mezzo toccato a 50,4 ad agosto), e l’indagine Istat è salita più del previsto a 88,3 da 87,4 (per trovare un valore più elevato, occorre risalire a marzo dello scorso anno).
Nel complesso, il balzo di settembre conferma che il crollo di agosto era dovuto a fattori temporanei legati ad effetti di calendario e problematiche nelle procedure di destagionalizzazione. Inoltre, le indagini segnalano un recupero della fiducia delle imprese, grazie al parziale allentamento delle tensioni sia sul fronte geopolitico che del commercio internazionale. Anche le misure espansive incluse nella Legge di Bilancio (in particolare le nuove regole sul super-ammortamento) potrebbero avere avuto un impatto.
Per questi motivi, pensiamo che l’industria possa aver superato il punto di minimo, anche se l’effetto dei dazi Usa sull’export, e quindi sulla produzione delle imprese esportatrici, verosimilmente non si è ancora visto appieno. Da notare ad esempio che i due settori che sinora hanno sostenuto le esportazioni verso gli Usa (il farmaceutico e i mezzi di trasporto diversi dalle auto, in particolare i mezzi di navigazione marittima) hanno subito una significativa correzione dell’output a settembre (nel caso del farmaceutico, sinora non colpito dalle tariffe, potrebbe trattarsi di un’inversione dell’anticipo di consegne visto nei mesi precedenti).
Pensiamo che la produzione industriale possa tornare a mostrare una crescita, sia pur modesta, nel 2026, dopo tre anni di contrazione. Al momento, manteniamo le nostre previsioni sul PIL italiano nel biennio in corso, a 0,5% per il 2025 e 0,8% per il 2026.







