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Giappone e Cina sono ai ferri corti su Taiwan

La nuova premier nipponica Sanae Takaichi ha detto che una possibile guerra della Cina per Taiwan rappresenterebbe una minaccia esistenziale per il Giappone. Dichiarazioni, fatti e contesto.

Un acceso scontro verbale tra Tokyo e Pechino ha scosso le relazioni bilaterali dopo che la nuova premier giapponese Sanae Takaichi, in carica da meno di un mese e prima donna a guidare il governo nipponico, ha legato esplicitamente un possibile conflitto su Taiwan a una minaccia esistenziale per il Giappone, rompendo con una cautela decennale.

Le sue dichiarazioni in parlamento, pronunciate venerdì scorso in risposta a un’interrogazione dell’opposizione, hanno dipinto uno scenario in cui un blocco navale cinese o l’uso della forza militare contro l’isola ribelle potrebbero giustificare l’intervento delle Forze di autodifesa giapponesi, invocando il diritto alla difesa collettiva a fianco degli Stati Uniti.

La reazione cinese è stata immediata e furiosa: dal post minaccioso su X del console generale a Osaka, poi cancellato, alle proteste formali del ministero degli Esteri di Pechino.

Tokyo ha protestato a sua volta, condannando il linguaggio “estremamente inappropriato” e tentando di ridimensionare le parole della premier come “ipotetiche”.

Il casus belli

Venerdì scorso, durante una sessione alla Camera bassa, Takaichi ha risposto a una domanda dell’oppositore Katsuya Okada, del Partito Democratico Costituzionale, su situazioni che potrebbero minacciare il Giappone.

La premier ha citato come esempio un tentativo cinese di controllare Taiwan con navi da guerra e forza militare, definendolo “una situazione che minaccia la sopravvivenza del Giappone, da qualsiasi punto di vista la si guardi”, come riporta il Guardian.

Takaichi ha sottolineato la necessità di “anticipare lo scenario peggiore” per una contingenza taiwanese, invocando il diritto alla difesa collettiva per aiutare un alleato, riferendosi molto probabilmente agli Usa.

Come rileva Reuters, Takaichi ha di fatto specificato che un attacco a navi americane per rompere un blocco cinese su Taiwan potrebbe richiedere un intervento giapponese per difendere se stesso e l’alleato.

Le reazioni delle autorità cinesi

Pechino ha reagito con veemenza e rapidità. Il console generale a Osaka, Xue Jian, citato da Politico, ha postato su X un articolo, poi cancellato, sulle parole di Takaichi, commentando: “Non abbiamo scelta se non tagliare quella sporca testa che ci si è parata davanti senza esitazione. Siete pronti?”.

Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian ha difeso Xue, definendo le sue parole una risposta personale a dichiarazioni “erronee e pericolose” della premier, che tentano di separare Taiwan dalla Cina e invocano un intervento militare giapponese nello Stretto, sottolinea Newsweek.

Lin ha chiesto al Giappone di “riflettere sulla sua colpa storica” sulla questione Taiwan e di smettere di inviare segnali sbagliati ai separatisti taiwanesi, come riporta Bloomberg.

Pechino ha anche presentato proteste formali, accusando Takaichi di violare lo spirito dell’accordo del 1972, che riconosce la Repubblica Popolare come unico governo legittimo della Cina.

Tentativi di mitigazione

Tokyo ha cercato di contenere i danni con la diplomazia e i chiarimenti.

Lunedì, Takaichi ha chiarito in parlamento che le sue parole erano “ipotetiche” e in linea con posizioni precedenti, promettendo di evitare scenari specifici in futuro. “Come punto di riflessione, sarò cauta nel descrivere situazioni concrete d’ora in poi”, ha detto la premier, come riporta il Japan Times.

Il capo di gabinetto giapponese Minoru Kihara ha riaffermato l’impegno nipponico all’accordo del 1972 e alla risoluzione pacifica delle questioni taiwanesi tramite il dialogo, citando il recente incontro tra Takaichi e Xi Jinping al summit Apec in Corea del Sud, dove i due leader avevano promesso relazioni “costruttive e stabili basate su interessi strategici comuni”.

Kihara ha però annunciato proteste formali a Pechino per il post di Xue, definendolo “inappropriato”, come scrive Reuters.

Lo stesso capo di gabinetto ha rivelato che Tokyo era al corrente di “altri commenti inappropriati” di Xue e ha chiesto spiegazioni.

L’ambasciatore Usa George Glass ha appoggiato Tokyo su X, parlando di “maschera che scivola di nuovo” e accusando Xue di minacciare la premier e i giapponesi.

La tradizionale linea giapponese su Taiwan

Storicamente, i leader giapponesi hanno mantenuto un’ambiguità strategica su Taiwan, evitando di citare esplicitamente l’isola in scenari di difesa collettiva, come sottolinea Reuters, per non provocare Pechino e preservare relazioni economiche vitali.

Takaichi ha rotto questo tabù, diventando la prima leader a delineare in parlamento un caso concreto che attiverebbe le Forze di autodifesa.

Predecessori come Fumio Kishida parlavano genericamente di “crisi per il Giappone” in caso di emergenza taiwanese, senza dettagli operativi, e legavano la stabilità dello Stretto alla pace regionale.

La linea ufficiale si basa sull’accordo del 1972, che “comprende e rispetta” la posizione cinese su Taiwan senza riconoscerla formalmente.

Una legge del 2015 permette interventi militari da parte del Giappone solo in situazioni “che minacciano la sopravvivenza” del Paese, ma i governi precedenti evitavano esempi pubblici per non rivelare le proprie strategie, come avverte l’esperto Ryo Sahashi citato dal Japan Times.

Takaichi, protetta dell’ex premier assassinato Shinzo Abe – che una volta disse che “un’emergenza Taiwan è un’emergenza Giappone” e pronunciò discorsi una volta impensabili – spinge verso una normalizzazione più attiva, in continuità con l’evoluzione post-invasione russa dell’Ucraina e la vicinanza geografica del Giappone a Taiwan.

Le sue parole segnano un passo oltre la cautela tradizionale, rischiando di complicare il bilanciamento tra deterrenza e dialogo con Pechino.

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