Da “Ventimila leghe sotto i mari” di Jules Verne a “Caccia a Ottobre Rosso” di Tom Clancy le storie di sottomarini hanno ispirato la letteratura. E il cinema è andato a rimorchio con film di guerra ma anche con commedie brillanti come “Operazione sottoveste”. Però, per l’ennesima volta, la realtà supera l’immaginazione. Lo dimostra “Un piccolo sommergibile due oceani. 1941” di Roberto Bajano (Mursia, 304 pagine, 17 euro). Il format è quello del romanzo storico e questo rende più avvincente la lettura ma il racconto è quello di un’impresa epica realmente avvenuta durante la seconda guerra mondiale che pochi ricordano e invece merita di essere ricordata. E almeno per una volta non ci sono affondamenti di navi né naufraghi da salvare ma solo l’eccezionale abilità di alcuni marinai.
Il “piccolo sommergibile” è il “Perla”. Come le altre nove unità della sua classe è un po’ la cenerentola della grande flotta subacquea italiana. Non è adatto alle rotte oceaniche, l’armamento è scarso e perfino le condizioni in cui è costretto a vivere l’equipaggio sono abbastanza precarie. Comunque, tra problemi e incidenti, presta servizio nel Mar Rosso. E si trova in Eritrea, nel porto di Massaua, all’inizio del 1941 quando l’Africa orientale italiana viene conquistata dagli inglesi. Anche il “Perla” sembra destinato alla cattura ma al suo comandante Bruno Napp arriva un ordine quanto meno stravagante: lasciare Massaua e fare rotta a sud attraversando l’Oceano Indiano, superare il Capo di Buona Speranza e risalire l’Atlantico fino a Bordeaux dove fanno base grandi sommergibili italiani e tedeschi. Pare una follia ma Napp, un triestino con l’arte di navigare nel sangue, non si scompone. Chiede il permesso di fare un’ultima doccia calda e si prepara a salpare. Il “Perla” scarica i siluri e tutti i pesi inutili che possono diminuirne l’autonomia e rallentarne il viaggio.
E così il “brutto anatroccolo” della flotta subacquea italiana si trasforma improvvisamente in un cigno. Parte da Massaua il primo marzo 1941. Non essendo un sottomarino deve navigare quasi sempre in superficie e infatti viene avvistato e attaccato da un aereo inglese ma ne esce fortunatamente senza danni. L’impresa eccezionale che il “Perla” sta compiendo suscita l’ammirazione dei tedeschi che con le loro navi corsare lo riforniscono due volte in mezzo all’oceano. Alla fine Napp, l’ufficiale di rotta Elio Sandroni e il loro equipaggio entrano tra gli applausi nel porto di Bordeaux. Hanno percorso più di 13 mila miglia e circumnavigato l’Africa e costeggiato la penisola iberica in ottantuno giorni. Per la sua indiscutibile abilità Bruno Napp viene inviato a insegnare ai futuri comandanti di sommergibile. Soltanto i sommergibili più grandi erano stati in grado di fare una simile traversata. Ma l’epopea del “Perla” che Bajano racconta finisce qui. Dopo alcuni mesi di inattività viene rimandato in zona di guerra e nel Mediterraneo non ha la stessa fortuna che ha avuto nei due oceani. Nel 1942 al largo di Creta ha la peggio nello scontro con una nave inglese e sta per autoaffondarsi per non essere catturato dal nemico. Ma i britannici riescono a impedirlo e il “Perla” viene attentamente studiato dagli esperti della Royal Navy. L’impresa mitica di quel piccolo sommergibile capace di circumnavigare l’Africa aveva impressionato anche loro.







