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Dipendenze, non è una questione di legalità

Dalle sostanze ai comportamenti: internet, gioco, alcool, tabacco, sesso, cibo… Il problema sono gli abusi e la fragilità dei giovanissimi. Il corsivo di Battista Falconi.

La protesta antiproibizionista di Riccardo Magi e degli attivisti in costume da gallina, inscenata ieri a Roma fuori dalla Conferenza dipendenze, è stata patetica e fuorviante. Il problema della legalità o meno delle droghe non esiste più da tempo. I lavori dell’incontro organizzato dalla Presidenza del Consiglio, infatti, non riguardano solo cocaina o cannabis ma tutto lo spettro composto da dipendenze, abusi, comportamenti a rischio. Cibo, tecnologie, connessioni digitali, alcool, tabacco, gioco, sostanze psicotrope sono normati in modi molto diversi e in alcuni casi sono quasi totalmente legali, eppure, indipendentemente da ciò, rientrano in un’unica problematica di fragilità.

Si può star male per-con qualunque cosa, esattamente come si può star meglio con qualunque altra, vedi le recenti ricerche che confermano l’effetto positivo per la salute psico-fisica dell’arte e della natura. La bellezza forse non ci salverà, ma ci fa sicuramente bene.

Conferma l’abbattimento del muro tra sostanze e comportamenti, legalità e divieto, anche la discussione in corso sull’insegnamento dell’educazione affettiva a scuola. In pratica, la contestata proposta di far spiegare da docenti come si approccia il sesso, oggetto di un polarizzato approccio ideologico che vede tendenzialmente la destra contraria e la sinistra favorevole. La prima, in nome di un principio di libertà individuale per il quale, in queste cose particolarmente personali private e familiari, lo Stato non deve mettere bocca. La seconda, invece, favorevole in virtù di un opposto atteggiamento statalista.

Nessuno però nega che il problema esista, dopo che le nuove tecnologie di comunicazione hanno rovesciato su ragazzi, ragazzini e bambini una quantità alluvionale di immagini pornografiche che rappresentano un immaginario falso e fortemente degradato dal punto di vista morale, nel quale le donne sono mero oggetto di piacere, pronte a qualunque prestazione con chiunque. In questa preoccupazione tutti non possono che essere concordi: destra, sinistra, cattolici e laici.

Non è un caso se la Conferenza che si tiene ieri e oggi a Roma ha voluto, prima di tutto, ripristinare la regolare cadenza triennale di questo importante appuntamento, che mette a confronto gli operatori del settore e le istituzioni. Basti dire che erano presenti il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i presidenti delle due Camere, Fontana e La Russa, mezzo governo e due governatori. Mattarella ha anche preso la parola, cosa non prevista in programma (il capo dello Stato l’ha evidenziato), mentre l’altra grande sorpresa della giornata è stata il video messaggio del Papa.

La seconda novità della Conferenza è però, appunto, quella di allargare il campo di osservazione dalle sole dipendenze da sostanze ai comportamenti a rischio. È un ragionamento semplice ma che ancora qualcuno fatica a comprendere. Quando una persona debole e fragile – com’è sempre un giovane, l’allarme sull’abbassamento di età delle persone con problematiche del genere è impressionante, spesso si tratta dell’infanzia – viene esposta a sollecitazioni piacevoli nell’immediato ma dannose nel momento successivo o nel lungo termine, e questo accade con le droghe tradizionali come con il sesso o il cibo e le nuove tecnologie, il rischio può essere molto alto. Lo sappiamo dai tempi di Freud, per lo meno. Le istituzioni pubbliche se ne devono prendere carico, però in un’ottica di corresponsabilità che includa anche operatori privati, formazione, famiglie e singoli cittadini.

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