Il dottor Stranamore è tornato. Non si sa più se Donald Trump e Vladimir Putin siano due malati gravi, pronti a scatenare un Armageddon nucleare, o due tiranni, impegnati in una gara a chi spaventa di più con la dimostrazione della propria potenza militare. La strategia funziona. Gli europei sono smarriti. La paura di un conflitto armato cresce, alimentata dal riarmo forzato del vecchio continente, spinto dalle intenzioni del Cremlino di attaccare un paese della Nato. In questa dinamica di potere tra Stati Uniti e Russia, l’Europa ha una scelta: assoggettarsi o imparare anche lei a “fare paura”.
BOTTA E RISPOSTA DI TEST NUCLEARI TRA PUTIN E TRUMP
Vladimir Putin ha rilanciato la giostra con un test molto mediatizzato del missile a propulsione nucleare Burevestnik, seguito dall’annuncio di un test del siluro nucleare autonomo Poseidon. Donald Trump ha risposto ordinando al dipartimento della Difesa di “iniziare a testare” le armi nucleari. Gli Stati Uniti sono passati all’azione. Ieri è stato effettuato un lancio di prova di un missile balistico intercontinentale Minuteman III, senza testata nucleare ma in grado di trasportarla, dalla base spaziale di Vandenberg, in California, secondo quanto annunciato in un comunicato stampa. La risposta russa è stata immediata. Ieri Putin ha ordinato ai suoi ministri di preparare piani per la ripresa dei test nucleari. “Con l’annuncio della ripresa dei test nucleari americani, Trump, lungi dal contenere le ambizioni dei grandi e piccoli uomini forti sparsi per il mondo, non ha fatto altro che dare libero sfogo alle loro peggiori pulsioni — e alle sue”, si preoccupa la politologa italiana Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali.
LE RIPERCUSSIONI PER L’EUROPA
Il nuovo rapporto di forza tra Stati Uniti e Russia può terrorizzare, soprattutto quando il film più visto su Netflix in questo momento è House of Dynamite di Kathryn Bigelow, che racconta il processo decisionale durante un attacco nucleare sul suolo americano. È un momento angosciante per gli europei, presi nella morsa della guerra devastante condotta da Putin contro l’Ucraina e bombardati dall’ampia copertura mediatica delle dichiarazioni dell’ex presidente russo, Dmitri Medvedev, diventato il “Signor Apocalisse nucleare” del Cremlino, e dalle diatribe sempre più aggressive e disinibite dei propagandisti del regime che invocano la distruzione di Parigi o Londra.
LO SPETTRO DELL’ATTACCO NUCLEARE
Agitare la paura di un attacco nucleare, non esitare a usare un vettore come il missile Orechnik contro l’Ucraina nel novembre 2024, spaventare l’opinione pubblica con dichiarazioni choc diffuse sui social media e dagli “amici” del Cremlino: questo è l’effetto principale ricercato da Mosca. Non è una novità, come ricorda lo storico ed ex ufficiale di marina francese, Stéphane Audran, consulente indipendente in rischi internazionali, in un articolo pubblicato sulla rivista Le Grand Continent.
“Durante tutta la Guerra Fredda, Mosca ha giocato su questa paura del nucleare, soprattutto in Europa. Si trattava per l’Unione Sovietica di insistere sui danni che l’uso di armi nucleari avrebbe provocato sul suolo europeo e di esasperare sistematicamente la paura dell’atomo per dividere l’Alleanza Atlantica, minare la legittimità della deterrenza e sperare di permettere all’URSS di sfruttare il suo vantaggio numerico convenzionale in caso di conflitto (…) Il punto culminante di questa paura fu senza dubbio la crisi degli Euromissili, che vide immense ondate di protesta in Europa, motivate e alimentate dall’URSS attraverso i suoi canali di propaganda”, sottolinea Audran.
PRECISAZIONI: TEST Sì, MA NON NUCLEARI
Bisogna spaventarsi per le dichiarazioni di Trump e gli annunci di Putin? No, sostiene Héloïse Fayet, ricercatrice presso l’IFRI e specialista di questioni nucleari. “Bisogna insistere sul fatto che questi test non sono ‘test nucleari’, così come i recenti test russi del Burevestnik e del Poseidon non lo erano: si tratta di testare solo il vettore, non la carica”, spiega Fayet in un lungo thread pubblicato su X.
La voce della ragione e le analisi basteranno a rassicurare gli europei? Una maggioranza (55%) riteneva elevato il rischio di un conflitto armato sul territorio dell’Unione nei prossimi anni, rivelava un sondaggio pubblicato a marzo da Le Grand Continent. Gli intervistati consideravano Donald Trump un “nemico dell’Europa” (51%) e che il suo ritorno alla Casa Bianca avesse reso il mondo meno sicuro.
Da allora, Putin ha intensificato gli atti di guerra terrificanti in Ucraina, rifiuta di porre fine al conflitto e, secondo i servizi di intelligence occidentali, prepara un attacco contro i paesi della Nato. Trump, invece, moltiplica le esitazioni, rinnega il sostegno all’Ucraina e manifesta il suo disprezzo per gli europei. “Siete miei amici. Siete persone fantastiche. Ce ne sono due che non mi piacciono particolarmente, ma non vi dirò quali. In realtà, ce ne sono alcuni che non mi piacciono per niente”, ha dichiarato Trump ai leader riuniti a Sharm El-Sheikh in occasione del vertice per Gaza. Dietro di lui, il primo ministro canadese e i capi di governo europei si sono chiesti chi fosse il bersaglio.
IL DILEMMA PER L’EUROPA
“Con un’Alleanza il cui storico leader oscilla tra il ripiegamento su sé stesso e la vassallizzazione, con paesi molto divisi sulle questioni di deterrenza e con istituzioni comunitarie pensate per un’epoca di pace attraverso il commercio, l’Europa sembra sprovvista di fronte all’agenda del Cremlino, che mira a dividere e sottomettere le popolazioni europee, a minare la fiducia nella democrazia, nell’Unione e nell’Alleanza e a distruggere tutto ciò che fa la nostra prosperità e la nostra forza”, spiega Audran.
L’Europa deve abdicare? “Per scongiurare la paura, bisogna imparare a maneggiarla”, sostiene Audran. “Una volta ammesso l’impatto di questa paura — nelle nostre popolazioni come nei nostri dirigenti — bisogna affrontarla e fare in modo che il dialogo strategico con la Russia torni sul sentiero del calcolo razionale e della deterrenza; non instillando noi stessi il terrore, ma essendo determinati e credibili”, spiega l’analista. Audran è severo sull’idea di dotare l’Europa di un “muro” di difesa contro droni e missili, perché “si basa sull’idea implicita e falsa che non si possa colpire la Russia e che quindi bisogna accumulare scudi, non potendo sguainare la spada”.
LE POTENZE NUCLEARI EUROPEE
L’Europa conta due potenze nucleari, Francia e Regno Unito, con circa 500 armi nucleari. Ma bisogna completare questa deterrenza con capacità convenzionali più autonome e credibili per condurre rappresaglie graduate in caso di aggressione. Parigi ha risposto agli annunci americani e russi con la messa in servizio operativa, il 24 ottobre, del missile M51.3. Dotato di nuove testate nucleari oceaniche (TNO-2) e più performante in termini di gittata, precisione e capacità di penetrazione, “il M51.3 consolida la credibilità della componente oceanica di fronte all’evoluzione delle difese anti missili avversarie”, ha precisato il ministero della Difesa.
L’Unione europea ha i mezzi? Audran ritiene di “no” e ammette la necessità di fare delle scelte. “Non si tratta di proteggere le nostre popolazioni da ogni atto ostile, ma di disporre di uno scudo che ci preservi da ogni attacco disarmante, che completi la spada pronta a colpire l’aggressore, con o senza l’aiuto o l’assenso degli Stati Uniti. Disporre in Europa di queste capacità è cruciale, per la nostra sopravvivenza politica, per la sopravvivenza dell’Alleanza e dell’Unione e persino per la nostra credibilità nei confronti di Washington”, sostiene Audran. “Le capacità militari di cui dobbiamo disporre — scudo e spada — hanno valore solo se c’è la volontà di usarle”, aggiunge l’analista.
RISCHIO DI DEFICIT DI DETERRENZA?
L’Europa deve dissuadere la Russia e “possiamo farlo”, afferma l’ex ambasciatrice francese presso la Nato, Muriel Domenach, in un’analisi sulle tempistica della minaccia russa, del ripiegamento americano e del riarmo strategico europeo, cofirmata con Mélanie Rosselet sulla rivista Les Deux Mondes. Ma la diplomatica esprime un dubbio: “Gli europei saranno pronti in tempo o bisogna temere ciò che gli strateghi chiamano in inglese un ‘deterrence gap’, un deficit di deterrenza? Si aprirebbe così una finestra di vulnerabilità di cui la Russia approfitterebbe per lanciare una guerra di aggressione contro uno Stato europeo”.
(Estratto dal Mattinale Europeo)







