Skip to content

parodi

Perché l’associazione dei magistrati strepita tanto?

Il referendum in arrivo sulla magistratura, altro che sul governo Meloni. I Graffi di Damato

Cesare Parodi (nella foto), il presidente dell’associazione nazionale dei magistrati mobilitatasi con largo anticipo per il referendum cosiddetto confermativo della riforma della giustizia non ancora approvata del tutto dalle Camere, mancandole l’ultimo passaggio, ha appena detto da un raduno dei suoi colleghi – in attività o in pensione, o passati ad altro lavoro ma con la toga ancora sul cuore, come si vantava la buonanima di Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale- che il governo non sarà l’obiettivo della lotta. I magistrati ne hanno detto, dicono e fanno di tutti i colori con le loro incursioni in campo governativo, fra le proteste della premier Giorgia Meloni e il sarcasmo, spesso, del guardasigilli Carlo Nordio, ma non perseguono, per carità, la crisi.

Meloni, Nordio e via via tutti i ministri e i partiti della coalizione di centrodestra dovrebbero ringraziare di tanta generosità e responsabilità Parodi, peraltro appartenente a Magistratura indipendente, la corrente più a destra o meno a sinistra, come preferite, dell’arcipelago politico dell’associazione. Ma credo che non lo faranno perché non sprovveduti, o non ancora, al punto di scambiare lucciole per lanterne, come si dice. La vocazione antigovernativa del sindacato delle toghe, nei riguardi di qualsiasi Gabinetto ministeriale, di destra o di sinistra, impegnato in qualche riforma vera, non verbale, della giustizia è ormai troppo evidente per essere ignorata.

Ma ciò che Parodi mostra, con la sua sortita, di non avere avvertito con tutti i suoi colleghi è che il referendum in arrivo, diciamo così, sarà ormai sulla giustizia, più ancora che sulla sua riforma. Su come essa funziona, a carriere congiunte di giudici e pubblici ministeri, e con l’autogestione attraverso il Consiglio Superiore della Magistratura eletto dalle correnti.

Il referendum sta arrivando nel momento forse peggiore per la giustizia gestita dalle norme e abitudini correnti. Sul delitto di Garlasco di una ventina d’anni fa si stanno vedendo cose a dir poco sconcertanti, con un condannato definitivo che sconta la sua pena mentre i magistrati competenti, per territorio e altro, ne stanno demolendo il processo.

Sul delitto di 45 anni fa del fratello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Piersanti, presidente della regione siciliana, è stato appena disposto l’arresto di un ex questore ed ex prefetto che ha fatto la sua carriera non so se a causa o nonostante gli errori, a dir poco, nelle indagini sui partecipò a suo tempo, nella Squadra Mobile di Palermo. Non parliamo, poi, di quelle condotte da altri ancora sul delitto del magistrato Paolo Borsellino nel 1992, trentatre anni fa.

Sull’assoluzione definitiva, ancora fresca di stampa, del compianto Silvio Berlusconi dalle accuse di mafia che gli avevano rovinato una trentina d’anni di vita, proprio Parodi ha praticamente contestato alla figlia Marina il diritto di lamentarsi, come ha fatto in una lettera al Giornale, perché il sistema giudiziario si sarebbe rivelato efficiente. Il treno dell’assoluzione, diciamo così, è arrivato in ritardo, ma è pur sempre arrivato, senza disperdersi.

A Filippi, dicevano i romani. Al referendum, possiamo dire oggi pensando a questa giustizia, con la minuscola. E a questa magistratura..

Torna su