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Lo sapete che in Calabria c’era stato il primo distretto siderurgico d’Europa?

"Le Regie Ferriere di Mongiana. Un modello di eccellenza industriale o un’occasione economica mancata dallo Stato unitario” (Rubbettino) di Elia Fiorenza letto da Tullio Fazzolari

Quale sarà il futuro dell’Ilva di Taranto è ormai da anni un enigma. E nell’estenuante incertezza tornano in mente le chiusure di altre importanti acciaierie come Bagnoli o Cornigliano. Ma l’industria siderurgica italiana ha avuto sfortuna sin dalla nascita. Elia Fiorenza con “Le Regie Ferriere di Mongiana. Un modello di eccellenza industriale o un’occasione economica mancata dallo Stato unitario” (Rubbettino, 180 pagine, 18 euro) ripercorre tutta la storia di quello che può essere considerato il primo distretto siderurgico d’Italia e forse d’Europa e che non a caso si sviluppa in Calabria. A dirla oggi la cosa suona quanto meno strana visto che si tratta di una delle regioni in assoluto meno industrializzate. E invece la zona delle Serre, fra Vibo Valentia e Stilo, è sempre stata ricca di risorse naturali: boschi, sorgenti d’acqua e soprattutto miniere. In pratica, tutto ciò che serviva per produrre ferro e ghisa. E forse la vera stranezza sta nel fatto che dove adesso non c’è più nulla tranne la memoria storica per secoli c’è stata invece un’intensa attività.

A Mongiana, a Pazzano e nei comuni limitrofi lo sfruttamento delle risorse inizia dai tempi più antichi. Se ne hanno notizie documentate in epoca normanna o durante il regno di Carlo V. Ma la creazione e la crescita del distretto siderurgico arriva solo più tardi con la dominazione borbonica. Una prima iniziativa nel 1734 ha effetti abbastanza limitati. Ma dopo il 1815, quando Ferdinando I torna in possesso del regno di Napoli, arriva il vero impulso per fondare un vero e proprio polo industriale decisamente all’avanguardia per quel tempo. Tanto retrivo e liberticida in politica il regime borbonico è però altrettanto attento alle innovazioni anche tecnologiche che possono avere una valenza strategica. E Mongiana ha tutti i requisiti per soddisfare una primaria esigenza militare. Dalle ferriere escono fucili, cannoni e munizioni. Ma anche le rotaie per la Napoli-Portici, la prima ferrovia costruita in Italia. O le strutture per l’avveniristico ponte in ferro sul Garigliano. Per più di trent’anni la zona di Mongiana vive un’intensa attività. Miniere, fonderie e fabbriche danno lavoro a circa 1.500 persone. Il “grande sogno”, come lo ha definito il musicista Eugenio Bennato, finisce non con la caduta dei Borboni ma perché non rientra negli interessi del nuovo Regno d’Italia. Dopo alcuni anni di difficoltà ferriere e miniere chiudono per sempre. E finiscono nel dimenticatoio anche cose interessanti come il “regolamento di Pazzano” del 1845 che definiva una migliore organizzazione del lavoro.

Elia Fiorenza riesce a raccontare tutta la storia delle ferriere dalle origini fino all’epilogo ma l’aspetto di maggior rilievo è che pur dando conto degli obiettivi dei Borbone o dei Savoia l’epicentro della sua narrazione restano sempre Mongiana e la sua gente. Per loro le ferriere sono state sicuramente un’occasione mancata. Non resta che sperare che la storia non si ripeta altrove per l’ennesima volta.

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