Alla fine il vertice tra i sindacati e il nuovo amministratore delegato Antonio Filosa – incontro che avrebbe dovuto rappresentare un cambio di passo dell’azienda dopo la manifesta ostilità del periodo Tavares – si è tenuto e, come prevedibile, non ha riservato sorprese. Del resto, per i dettagli su chi farà cosa non solo bisognerà attendere la redazione del prossimo Piano industriale (che rischia di slittare da inizio anno a metà 2026) ma con la decisione del gruppo italo-francese di investire 13 miliardi al di là dell’Oceano per non attirarsi le ire di Donald Trump sembrava ormai palese che restasse ben poca coperta per questa parte di mondo.
ALL’ITALIA STELLANTIS RISERVA COMPASS E 500 IBRIDA
L’annuncio più importante riguarda la ripartenza di Mirafiori a bordo della 500 ibrida. Non è una novità, ma Filosa ha specificato che a quelle linee serviranno 400 assunzioni in più. Un primo, timido, segnale positivo in uno stabilimento simbolo per l’auto italiana nel quale la situazione si era incancrenita da parecchio: Collettiva qualche tempo fa ricordava che sia ormai arrivato a tagliare il 18esimo anno di cassa integrazione.
Le altre non-notizie hanno riguardato Cassino (smentite le voci della chiusura dati i continui stop produttivi dell’ultimo periodo, ben tre mesi nel 2025) e Melfi, cui arriverà la Compass dopo l’uscita di scena della Renegade. Ma anche qui tutti sapevano: erano impegni presi da tempo. Ciò che non si sapeva prima dell’incontro con Filosa, ovvero se Termoli avrà mai la sua gigafactory sulla mobilità elettrica e se gli impianti e i marchi italiani maggiormente in crisi avranno comunque un futuro, non lo si è saputo nemmeno ascoltando le parole del nuovo Ceo di Stellantis.
QUALE FUTURO PER POMIGLIANO E ATESSA?
Su Pomigliano il segretario generale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, al termine dell’incontro si è limitato a dire che “hanno confermato gli impegni presi nel piano presentato il 17 dicembre 2024”, mentre per quanto riguarda il destino di Atessa “è stata confermata la leadership nel settore dei veicoli commerciali e gli impegni presi, ma si è evidenziata la preoccupazione sul tema delle limitazioni del quadro regolativo”.
FILOSA PARLA AI LAVORATORI O AI POLITICI?
L’impressione è che per buona parte del proprio intervento Filosa si sia rivolto non ai sindacati e ai lavoratori italiani di Stellantis, bensì ai decisori politici tornando a lagnarsi delle norme comunitarie che frenano le scelte industriali.
“Serve rivedere la regolamentazione europea, che non tiene in debito conto della realtà del mercato e del contesto industriale. Questo obiettivo è collettivo: stiamo lavorando intensamente con l’Acea e direttamente con la Commissione Europea, ma per fare tutto questo abbiamo bisogno del supporto di tutti gli stakeholder, e in particolare delle organizzazioni sindacali di tutte le aree in cui operiamo, a partire da voi qui in Italia dove abbiamo un grande piano che si chiama Piano Italia”, ha detto il top manager.
COSA CHIEDE STELLANTIS ALLA UE
E, ancora: “Aver imposto obiettivi così stringenti in un così breve lasso di tempo – ha sferzato il Ceo – ha spiazzato sia la domanda sia l’offerta. Dobbiamo cambiare le regole per riuscire a offrire ai nostri clienti l’intera gamma di veicoli che desiderano e che possono acquistare: solo così sarà possibile rilanciare la produzione. Per raggiungere questo obiettivo, serve aprire al concetto di neutralità tecnologica, servono misure che incoraggino il rinnovo del parco auto, serve sostenere il segmento delle piccole auto, serve rivedere i target imposti sui veicoli commerciali, che non sono raggiungibili”.
SINDACATI CONTRO IL GREEN DEAL
Ma i sindacati sono già dalla parte di Filosa nel sostenere la sua battaglia anti-green deal caparbiamente voluto dalla Commissione von der Leyen: per Rocco Palombella e il suo collega della Uilm, Gianluca Ficco “il piano industriale per l’Europa e per l’Italia sarà completato anche sulla base delle scelte che la Ue assumerà. Anzi, hanno puntualizzato che gli imponenti investimenti negli Usa sono facilitati proprio da una regolamentazione orientata al sostegno all’industria e non fossilizzata esclusivamente sull’elettrico”.
I NUMERI DELLA PRODUZIONE STELLANTIS IN ITALIA
L’Europa ha certamente le sue responsabilità, avendo inguaiato le Case autoctone e spalancato la strada ai marchi cinesi, ma i veri convitati di pietra dell’incontro tra la dirigenza e i sindacati erano i numeri della produzione italiana di Stellantis che certificano non solo che il 2025 sarà persino peggiore del 2024 in termini di auto sfornate nel Belpaese, ma anche che, al netto di tanti proclami, i marchi nel portafogli del Gruppo (a tal proposito, Maserati continua a essere dispersa nelle nebbie: è stata appena lanciata la McPura ma in sei mesi Modena, culla del Tridente, ha sfornato appena 45 supersportive) hanno bisogno di un mercato. Senza vendite sarà difficile ripartire.
Insomma, ci vorranno ben più delle 500 ibride e delle Jeep Compass per risollevarsi. Tanto più che secondo i dati diffusi dalla Fim-Cisl nei primi nove mesi del 2025 sono stati realizzati 265.490 veicoli, in calo del 31,5% rispetto allo stesso periodo del 2024. Le autovetture segnano un crollo del 36,3% (151.430 unità), mentre i veicoli commerciali arretrano del 23,9% (114.060 unità).
UN LAVORATORE SU DUE IN CASSA (O AFFINI)
Il sindacato sottolinea che tutti gli stabilimenti italiani del gruppo registrano una contrazione dei volumi, con perdite comprese tra il -17% e il -65% e le previsioni per la chiusura dell’anno restano perciò fortemente negative: la produzione complessiva dovrebbe fermarsi poco sopra le 310.000 unità, con le autovetture destinate a scendere sotto quota 200.000. Inoltre viene ribadito il fatto che quasi metà della forza lavoro è attualmente coinvolta in ammortizzatori sociali.