Skip to content

insulto

Storia e cronaca dei sinistri insulti

Contro Meloni su temi cruciali viene sempre scagliata l'accusa di "alimentare odio". Ma è un'accusa falsa. Ecco perché. La nota di Sacchi

Quel senso di certa sinistra per l’insulto violento anche sul piano fisico, volgare contro gli avversari politici, accompagnato come da una sorta di autolicenza di offendere, in nome della presunta “superiorità morale”, è un dato storico. Ma con il linguaggio sessista di Maurizio Landini contro il presidente del Consiglio dei ministri, il primo premier donna, Giorgia Meloni, è stato oltrepassato ogni limite. Se a Bettino Craxi il portavoce di Enrico Berlinguer, Antonio Tatò, dal look elegante, l’alto borghese protagonista del cosiddetto catto-comunismo, dette del “bandito politico”, “avventuriero”, nel Pci volò anche la definizione di “gangster” e per il premier socialista alle feste dell’Unità si serviva “la trippa alla Bettino”; se a Silvio Berlusconi fu dato sempre da sinistra come minimo del “mafioso”, per il loro successore a Palazzo Chigi, Meloni, è arrivato l’insulto ancora più odioso perché marcatamente di stampo sessista. Il segretario generale della Cgil ha dato della “cortigiana” a Meloni, “cortigiana di Trump”, il presidente degli Stati Uniti d’America. E questo a rischio di offendere anche la stessa storia del sindacato fondato dall’ex bracciante ragazzino Giuseppe Di Vittorio, e poi di Luciano Lama, Ottaviano Del Turco e altri importanti dirigenti che si dedicavano al loro ruolo di difensori fermi e realisti dei diritti dei lavoratori e non esondavano, per giunta in modo cosi gravemente maldestro, nella politica.

Landini poi ha cercato di rettificare, ma la toppa è stata peggiore del buco. Come Meloni ha immediatamente ribattuto, quel termine, gira che ti rigira, secondo tutti i principali dizionari ha un significato preciso, quello di “prostituta” di corte. Offesa “per mancanza di argomenti” da parte di Landini, sottolinea il premier. Dal Pd tra le poche voci chiare a nette che si sono levate contro l’epiteto ingiurioso, esprimendo solidarietà senza se e senza ma al premier, ci sono quelle delle europarlamentari, dell’area riformista, Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo, e Elisabetta Gualmini. Voci che stridono platealmente con quella della segretaria dello stesso partito, Elly Schlein. Dopo un silenzio di ore, Schlein ha affermato che Landini “ha chiarito” e quindi Meloni “non faccia la vittima”. Parole simili le ha usate la ex presidente della Camera, Laura Boldrini.

Sono affermazioni che è facile immaginare abbiano raggelato le stesse esponenti riformiste dem e altri componenti della minoranza interna. Fanno riflettere molto sulla deriva estremista anche nel linguaggio di un’opposizione che sembra incurante innanzitutto del valore nazionale dell’istituzione che il premier in quanto tale rappresenta. Un’opposizione che arriva perfino all’attacco di stampo sessista pur di non accettare ancora dopo quasi tre anni la bruciante sconfitta elettorale da parte del centrodestra. È il cosiddetto campo largo i cui protagonisti, Landini compreso, sembrano impegnati ogni giorno in una gara tra loro a chi è più estremista e massimalista. Una sorta di gara che però non porta a costruire un vero fronte credibilmente alternativo. Landini è stato il più esplicito nel manifestare il sessismo contro Meloni, ma purtroppo questo è il sentiment che traspare anche da attacchi da parte di altri esponenti del centrosinistra, che non userebbero probabilmente mai certo particolare accanimento in toni e atteggiamenti contro premier uomini.

Chapeau per coloro, femministe comprese alla prova dei fatti incredibilmente maschiliste, che si ergono da sempre a paladini dei diritti delle donne. Forse però a fasi alterne, solo quando viene attaccata la propria parte politica. Inutile pensare la cosa più ovvia è cioè che sarebbe accaduto a parti rovesciate, magari anche cortei, chissà. Viene rimproverato addirittura da qualche esponente donna di centrosinistra a Meloni di “sfruttare sul piano comunicativo” l’insulto di Landini contro il quale viene espressa una solidarietà di fatto solo formale.

Contro Meloni su temi cruciali viene sempre scagliata l’accusa di “alimentare odio”. A parte che in questo caso sarebbe odio contro se stessa e che al sessismo offesa e, come lo definisce Picierno, “ostacolo per tutte le donne” è necessario ribattere colpo su colpo, si è mai riflettuto sull’evidente fatto che il premier usa un linguaggio schietto e diretto? Un linguaggio di rottura con certo “politichese”, più o meno aggiornato, e che già avevano inaugurato coraggiosi e moderni leader del passato. Altro che la solita tiritera per cui sarebbe sempre tutta colpa dei social.

Torna su