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Landini, Salis, Roccella: silenzio e ascolto

Che cosa si è scritto e che cosa non si è scritto di Landini, Salis, Roccella e non solo. Il corsivo di Battista Falconi

Landini che dà della cortigiana a Meloni in diretta tv sembra rendersi subito conto della gaffe, sollecitato da Floris, e fa una mezza marcia indietro che ovviamente non basta a frenare la risposta della premier, cui non pare vero di trovarsi una palla così facile da schiacciare, da appassionata di pallavolo qual è. Sa anche, la prima ministra, che troverà qualche sponda in suo favore a sinistra, tipo Pina Picierno, cui non pare vero di trovare una boiata al giorno da rimproverare ai vertici dem: stavolta poi, con un colpo solo, becca sia Elly sia Maurizio (anche se, tra Gentiloni e compagni, non è facile capire a chi un giorno passerà il timone del Pd).

Ilaria Salis che si mette a fare sociologia d’accatto sugli sgomberi, dando l’impressione di giustificare o almeno motivare la strage dei tre Carabinieri nel veronese, viaggia invece sulla spontaneità naïve, per cui manco si preoccupa di correggere il tiro più di tanto. Peraltro, le occupazioni abusive sono una sua specialità, quindi è comprensibile che si sbilanci nella frase più o meno consapevolmente provocatoria.

Non come la povera ministra Roccella, che tenta di articolare un ragionamento sensatissimo sull’antisemitismo ma infilandoci uno di quegli svarioni che i tuoi nemici ti ringrazieranno a vita: “Gita”. Andare ad Auschwitz per fare sega a scuola e infilarsi nella stanza della compagna di classe di notte, questo sembra essere il senso del termine e quindi di tutto il discorso, che portava invece in direzione diversa. E uno si chiede: passi ancora che i membri del Governo si rivelino impreparati al duro compito che devono svolgere, ma che senso ha andarsi a procurare da soli le rogne in questo modo? Non bastava tacere?

I bei silenzi non sono mai stati scritti, si sa. Massimo Recalcati non è simpatico, sa di piacere e non lo nasconde, però quando insiste sull’importanza dell’ascolto ha ragione. È importante parlare meno, parlare poco, ma il maggior vantaggio sta nel mettersi, silenti, a sentire cosa dicono gli altri. Una sorta di adattamento del “taci, il nemico ti ascolta”. Passando dal volley alle arti marziali, è come quando i maestri spiegano che nel combattimento non devi tanto usare la tua forza, quanto sfruttare quella dell’avversario.

Principio, a proposito di maestri, che collide con l’insistenza per la quale si vuole sempre “insegnare” a scuola il tema del giorno. Come quello del femminicidio, che purtroppo lo è quasi regolarmente. La repressione non basta, nemmeno la prevenzione, dicono quelli che sanno e che parlano molto: serve l’alfabetizzazione sentimentale e affettiva, in sostanza corsi per imparare a voler bene e non male. Figuriamoci. Immaginiamo come sarà folgorato sulla via del politicamente corretto lo studente caratterialmente ostile, che si vede il docente di buonismo in cattedra!

Ma il problema sono anche i silenzi sbagliati, le parole mancate. Come per la povera Pamela. Morire accoltellati è ovviamente sempre orribile, ma il contorno dell’inutile telefonata all’ex in diretta, della mancata denuncia e delle confidenze fatte alle amiche ma non ai parenti (almeno sembra) riescono ad aumentare l’orrore.

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