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Quali saranno gli effetti della Bce su euro e bund

Gli scenari per la Bce e per l'economia europea. L'analisi di Beth Beckett, economista di Capital Group.

In precedenza, avevamo previsto che la Bce avrebbe effettuato uno o due ulteriori tagli nel corso del 2025 sulla base delle aspettative di debolezza economica e solidità dell’euro, soprattutto alla luce dei rischi derivanti dall’aumento dei dazi statunitensi. Ad oggi, riteniamo che la Bce abbia concluso il suo ciclo di tagli e che manterrà i tassi invariati al 2% fino al 2026, quando potrebbe procedere a un rialzo di 25 punti base sia nella riunione di marzo che in quella di giugno.

COME PROCEDE L’INFLAZIONE

Da aprile, l’inflazione primaria è rimasta sostanzialmente stabile al 2%, ovvero l’obiettivo fissato dalla Bce. Dalle sue ultime proiezioni macroeconomiche (pubblicate a settembre) emerge che l’inflazione scenderà ben al di sotto dell’obiettivo (all’1,6%) nel primo trimestre del 2026, poiché l’ulteriore calo della crescita dei salari ridurrà l’inflazione dei servizi, mentre i prezzi dei generi alimentari e dell’energia rimarranno contenuti.

ECONOMIA RESILIENTE AI DAZI USA

A nostro avviso, i rischi per le previsioni sull’inflazione della Bce sono al rialzo. In primo luogo, sebbene ci aspettassimo che l’impatto dei dazi statunitensi sarebbe stato gestibile, l’economia si è dimostrata ancora più resiliente del previsto. Nel primo semestre, la produzione dell’Eurozona è cresciuta a un ritmo annualizzato dell’1,5%, superando le aspettative della Bce di una crescita dell’1,2% su base annua per il 2025 nel suo complesso, e secondo i recenti indici dei direttori d’acquisto tale solidità è rimasta invariata.

Da ciò si evince che non è dipesa esclusivamente dalle consegne anticipate prima delle scadenze relative ai dazi USA. Piuttosto, la ripresa della domanda interna sta offrendo sempre maggiore sostegno alla crescita grazie al recupero dei prestiti bancari e agli elevati tassi di risparmio dei consumatori in fase di riduzione.

IN ARRIVO UNA POLITICA FISCALE ACCOMODANTE PER L’EUROZONA

In secondo luogo, nei prossimi anni la politica fiscale dell’Eurozona sarà sostanzialmente più accomodante. Ciò è dovuto principalmente al pacchetto di stimoli della Germania, che potrebbe far incrementare il PIL della regione di circa lo 0,5% nei prossimi due o tre anni. Tuttavia, anche i deficit di altri Paesi, in particolare della Francia, dovrebbero rimanere elevati. Un contesto simile incrementa il rischio che una maggiore spesa pubblica contribuisca ad alimentare le pressioni sui prezzi, soprattutto se dovessero ripresentarsi prima del previsto limitazioni in materia di risorse in settori come quello delle costruzioni.

RAFFORZAMENTO DELL’EURO

In terzo luogo, l’effetto penalizzante sull’inflazione esercitato dal rafforzamento dell’euro dovrebbe essere contenuto. Finora, alla base della maggior parte della forza dell’euro ci sono state “buone ragioni”, ovvero una rivalutazione delle prospettive di crescita relativa nell’Eurozona anziché una destabilizzante ondata di vendite del dollaro. Ciò limita in genere il trasferimento del tasso di cambio sui prezzi al consumo.

COSA FARÀ LA BCE

In un contesto ancora caratterizzato dalla tensione sul mercato del lavoro, questi rischi potrebbero indurre la Bce a rivedere al rialzo le proiezioni di inflazione a dicembre o a marzo. In seno al consiglio direttivo della banca centrale, l’equilibrio di pareri potrebbe già essere in fase di cambiamento. Di recente Isabel Schnabel, membro influente del comitato esecutivo, ha evidenziato i rischi di rialzo per l’inflazione, esprimendo la sua opinione secondo cui gli aumenti dei tassi potrebbero arrivare “prima di quanto molti attualmente pensano”.

Visto che i mercati hanno scontato un taglio cumulativo di 10 pb da parte della Bce entro giugno del prossimo anno, la nostra previsione di due rialzi dei tassi da parte della Bce suggerisce una pressione al rialzo sui rendimenti dei Bund e sull’euro per i mesi a venire.

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