Come da pronostici, il governo non abbandonerà dall’oggi al domani Spid, il Sistema Pubblico di Identità Digitale che sta velocemente diventando a pagamento dato che le parti private che fanno funzionare il servizio lamentano il fatto che finora sia stato solo un onere. Anche se l’intenzione dell’esecutivo – e le richieste di Bruxelles – vanno nella direzione di fare ordine nel settore delle Identità digitali e far sopravvivere perciò solo la Cie, la Carta d’Identità elettronica, al momento sarebbe impossibile abbandonare Spid, che è l’opzione più diffusa e usata: il regolamento eIDAS 2.0 impone a tutti gli Stati membri di fornire ai cittadini un’identità digitale entro il 2026 e l’emissione degli assegni del Pnrr è legata a precisi obiettivi sulla digitalizzazione della Pubblica amministrazione.
IL GOVERNO RINNOVA IL SISTEMA PUBBLICO DI IDENTITÀ DIGITALE
Come ricordano e sottolineano da Assocertificatori (l’associazione che riunisce gli identity provider del servizio) nel dare notizia del rinnovo per un altro lustro della convenzione tra AgID, il Dipartimento per la Trasformazione Digitale e le parti private, è grazie a Spid se il nostro Paese si trova in linea con gli obiettivi europei sull’Identità digitale che consente il dialogo online con la Pubblica amministrazione come pure tra privati.
QUANTI SONO GLI ITALIANI CHE USANO SPID?
Sono oltre 41 milioni i cittadini che hanno scelto di attivare il Sistema Pubblico di Identità Digitale, realizzando più di 1,2 miliardi di autenticazioni nel 2024 per accedere ai servizi digitali della Pubblica Amministrazione e delle imprese private.
Assocertificatori pone l’accento sul fatto che il 2025 abbia “fatto registrare un ulteriore incremento nelle identità rilasciate rispetto al 2024, con oltre 52 mila nuove identità settimanali e oltre 630 milioni di accessi nel solo primo semestre”.
Secondo le ultime stime dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano, la percentuale di popolazione internet italiana attiva che lo utilizza ha raggiunto l’89%, mentre l’86% degli utenti lo utilizza più volte durante l’anno, “rappresentando un significativo primato a livello europeo”.
IL SISTEMA DEVE DIVENTARE PIÙ SICURO?
Proprio di recente sono però emerse alcune magagne legate allo Spid che ne minano l’infallibilità: il sistema infatti permette a ciascun cittadino di aprire più Identità digitali legate alla propria persona, ma questo fa sì che alcune possano essere attivate all’oscuro della persona fisica che potrebbe non averne mai aperta alcuna o ne utilizza una senza aver modo di sapere che ne esistano altre a suo carico, usate per finalità illecite.
Il rinnovo della convenzione, perciò, è stato l’occasione per fare il tagliando a Spid: concordato l’istituzione di un tavolo di lavoro permanente dedicato all’individuazione di misure di miglioramento continuo. Parallelamente, verranno resi disponibili strumenti sviluppati da AgID e dal Dtd per consentire ai cittadini di verificare in modo semplice e sicuro gli SPID attivi associati al proprio codice fiscale.
LE TRUFFE CON SPID AUMENTANO
Resta da chiarire se tali strumenti saranno realmente utili per contrastare un fenomeno, quello delle truffe basate su Spid, che pare in costante aumento. Proprio all’inizio del mese si è scoperto per esempio che centinaia i neodiciottenni destinatari della cosiddetta 18app (il “bonus cultura”) si sono visti negare il contributo dal momento che era stato incassato precedentemente da truffatori che hanno sottratto loro l’identità digitale.
Gli accertamenti hanno consentito al Ministero della Cultura “di sospendere prontamente, in via cautelare, i rimborsi illecitamente richiesti, impedendo così un aggravio del danno economico già subìto dal dicastero, pari a circa 400.000 euro”.
Lo scorso aprile Altroconsumo avvertiva che con l’arrivo della stagione del 730, “aumenta il rischio di frodi online legate al furto di identità digitale. Una delle truffe più insidiose è quella del “doppio Spid”: i criminali rubano i documenti per attivare un secondo Spid e incassare rimborsi o pensioni”.
LA SPID DIVENTA A PAGAMENTO?
Nell’ultimo periodo sempre più gestori – Aruba, InfoCert e Register – hanno iniziato a far pagare il proprio servizio per l’uso di Spid. Il malumore tra gli identity provider del servizio è tale che persino Poste Italiane, controllata dal dicastero dell’Economia, ha ventilato (parrebbe infatti strano se l’indiscrezione fosse totalmente campata in aria) che starebbe considerando l’idea di introdurre un canone annuale di circa 5 euro per il servizio.
Attualmente sono 28 milioni gli italiani che utilizzano Spid attraverso Poste (il 70 per cento del totale): costringerli a pagare un abbonamento permetterebbe al Gruppo di incamerare ben oltre 140 milioni di euro l’anno per coprirne i costi di gestione. I provider Sielte, Lepida e Namirial continuano invece, a determinate condizioni, a offrire lo Spid gratuitamente.
In questa ottica i gestori oltre ad avere ricevuto conferma dell’erogazione dei contributi annunciati dal governo a sostegno degli investimenti sono stati rassicurati circa la possibilità di poter “introdurre una valorizzazione economica della base utenti secondo logiche di mercato”, fattispecie “già da tempo perseguibile con la precedente convenzione e solo recentemente perseguita da alcuni gestori”. Ovvero: c’è il via libera da parte dell’esecutivo alla possibilità di monetizzare il servizio offerto. Probabilmente anche un modo – la speranza del governo – per accelerare il travaso da Spid a Cie, il solo sistema di Identità digitale che a tendere dovrà restare in vita.