Prima del drammatico (e ancora abbastanza lontano) declino della fertilità globale previsto entro il 2100, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha stimato che già ora una persona su sei nel mondo è affetta da infertilità.
La scienza, però, sta facendo passi avanti nella gametogenesi in vitro, una tecnologia che fa parte di un campo che ha l’obiettivo di creare spermatozoi e ovuli al di fuori del corpo. L’ultima “rivoluzione” – sebbene ancora lontana dall’essere un’opzione praticabile – consiste nell’aver creato per la prima volta degli embrioni a partire dal Dna della pelle umana.
UNA TECNICA RIVOLUZIONARIA
Per la prima volta, un gruppo di scienziati americani ha creato embrioni umani allo stadio iniziale utilizzando il Dna estratto da cellule della pelle, poi fecondato con spermatozoi.
Questa innovativa tecnica, sviluppata presso l’Oregon Health and Science University e descritta sulla rivista Nature Communications, potrebbe rappresentare una svolta per la medicina riproduttiva, offrendo nuove possibilità a chi soffre di infertilità legata all’età o a patologie.
Stando infatti ai dati pubblicati nel 2023 dall’Oms, si tratta ormai di una condizione globale e globalizzata che interessa una persona su sei – circa il 17,5% della popolazione mondiale – a prescindere dal Paese o dalle risorse a disposizione ma con una prevalenza del 17,8% nei Paesi ad alto reddito e di 16,5% in quelli a medio e basso reddito.
DALLA PELLE ALL’EMBRIONE
Il processo, spiegano i ricercatori, parte con l’estrazione del nucleo – contenente l’intero patrimonio genetico (46 cromosomi) – da una cellula della pelle. Questo nucleo viene poi inserito in un ovocita donato, privato del proprio Dna. Fin qui, la tecnica ricorda quella utilizzata per clonare la pecora Dolly nel 1996. Tuttavia, l’ovulo così ottenuto ha già un set completo di cromosomi, quindi non è pronto per essere fecondato.
Per superare questo ostacolo, i ricercatori hanno indotto l’ovulo a eliminare metà dei suoi cromosomi, ovvero 23, tramite un nuovo processo, da loro chiamato “mitomeiosi” – dalla fusione delle parole mitosi e meiosi, i due modi in cui si dividono le cellule.
Risultato: 82 ovuli funzionali, alcuni dei quali sono stati fecondati con successo e hanno raggiunto le prime fasi dello sviluppo embrionale. Nessuno però è stato portato oltre il sesto giorno.
UNA POSSIBILITÀ PER LE COPPIE INFERTILI E OMOSESSUALI
Questa tecnica apre scenari finora impensabili. Potrebbe infatti permettere a donne che non hanno più ovuli vitali, uomini con basso numero di spermatozoi o persone sterili a causa di cure oncologiche di avere figli geneticamente propri.
Ma potrebbe anche consentire a coppie omosessuali di avere figli biologicamente legati a entrambi i partner.
LIMITI E SFIDE
Nonostante il grande potenziale, gli studiosi riconoscono che la tecnica è ancora lontana dall’uso clinico. Attualmente il processo ha una bassa percentuale di successo (circa il 9%) e l’ovulo seleziona in modo casuale quali cromosomi eliminare, rischiando anomalie genetiche. Inoltre, manca un passaggio chiave della divisione cellulare – il “crossing over” – che è fondamentale per la corretta riorganizzazione del Dna.
Il professor Shoukhrat Mitalipov, direttore del centro che ha condotto lo studio, ha dichiarato: “Abbiamo ottenuto qualcosa che si pensava impossibile. Ora dobbiamo perfezionare la tecnica. In futuro, sarà una strada percorribile per molte persone che oggi non possono avere figli”.
ALTERNATIVE ALL’INFERTILITÀ
Questa ricerca, osserva Bbc, si inserisce in un ambito scientifico in rapido sviluppo chiamato gametogenesi in vitro, ovvero la creazione di ovuli e spermatozoi fuori dal corpo umano. L’obiettivo è aiutare chi non può beneficiare della fecondazione in vitro tradizionale perché privo di gameti utilizzabili.
“Dobbiamo perfezionarlo – ha aggiunto Mitalipov parlando dell’ultimo studio -. Alla fine, penso che sarà questa la direzione del futuro, perché ci sono sempre più pazienti che non riescono ad avere figli”.
Già oggi le tecniche di procreazione medicalmente assistita offrono alcune soluzioni a chi non può avere figli in modo naturale, superando ostacoli come malattie ed età o condizioni come essere single o omosessuale. Dalla fecondazione omologa a quella eterologa, fino alla gestazione per altri (non in Italia) e al congelamento dei gameti, le strade verso la genitorialità sono aumentate e, secondo gli esperti, nei prossimi dieci anni sono attesi ulteriori progressi in questo campo.
L’IMPORTANZA DEL DIBATTITO PUBBLICO
Medici e scienziati riconoscono l’importanza scientifica di questo traguardo, ma sottolineano anche la necessità di un confronto aperto con la società. Il professor Roger Sturmey dell’Università di Hull, per esempio, ha affermato che simili progressi richiedono una regolamentazione solida e trasparente per garantire fiducia e responsabilità.
Anche il professor Richard Anderson dell’Università di Edimburgo ha parlato di un possibile “grande progresso”, pur evidenziando che la sicurezza dovrà essere attentamente valutata prima di qualsiasi applicazione clinica.