Molti libri coinvolgono il lettore fino al punto di farlo estraniare almeno per qualche ora dalla realtà che lo circonda. Sono invece assai meno quelli che hanno un effetto rassicurante e quasi consolatorio. Ci riesce “Open. La storia del progresso umano” di Johan Norberg (Rubbettino, 374 pagine, 29 euro). Sia chiaro: nulla di velleitario, nessuna soluzione proposta per eliminare dalla faccia della terra guerre, stragi e povertà. Ma se è vero che violenze e disuguaglianze sono sempre esistite è però altrettanto vero che il mondo è comunque andato avanti. E quindi, anche in un periodo tragico come quello attuale, si può ancora sperare in un futuro migliore. Certo senza farsi troppe illusioni. Ci saranno altre guerre e non sparirà la povertà. Ma, alla fine, sarà sempre il progresso a prevalere.
La storia pressoché universale che “Open” racconta perfettamente è che i successi dell’umanità sono stati sempre determinati dall’apertura mentale. Alla base di tutto c’è puntualmente il concetto di scambio. Ed è banale credere che questo sia un elemento fondamentale soltanto nell’economia. Lo scambio è soprattutto di idee nel confronto costruttivo fra opinioni e culture diverse. O anche di persone perché le migrazioni hanno creato nei secoli nuove e più importanti realtà. Il punto essenziale che Johan Norberg spiega con grande chiarezza è che l’apertura mentale deve essere totale. Non si può immaginare che il libero commercio non porti con sé anche uno scambio di idee e di culture. Funzionava così ed è stato un veicolo di progresso già ai tempi protostorici dei cacciatori-raccoglitori. Ed è così, anche se molti sono reticenti ad ammetterlo, pure oggi nella contrapposizione fra Cina e Stati Uniti. In tutto questo c’è sempre stato un rischio che adesso è più evidente che mai. Chi si sente minacciato tende inevitabilmente a rifugiarsi dentro le mura di casa propria e manda a monte qualunque forma di apertura mentale. La guerra dei dazi, scatenata da presidente americano Donald Trump, ne è un esempio emblematico. Altrettanto si può dire per la Brexit. E, per inciso, va ricordato che mai nella storia atteggiamenti di questo genere hanno portato qualche concreto e duraturo beneficio.
Ripercorrendo le tappe del progresso umano, “Open” di Johan Norberg ribadisce qual è la via maestra da seguire non abbandonando l’apertura mentale e lo scambio. Non sono i valori del liberismo sfrenato che hanno prodotto effetti nefasti negli ultimi decenni ma l’esternazione di un autentico pensiero “liberal” di cui Norberg è un esponente di spicco. Forse il suo nome non è abbastanza conosciuto in Italia mentre lo è in Svezia (dov’è nato), in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Può essere anche questo un sintomo di minore apertura. In tempi passati c’era maggiore attenzione verso chi (da Marcuse a Pasolini) parlava di idee. Da tre decenni sembriamo più interessati a cambiare tanto per cambiare che a un costruttivo scambio di opinioni. Si spera che “Open”, grazie all’intuizione di pubblicarlo dell’editore Rubbettino con il supporto dell’associazione Lodi liberale, contribuisca ad aprire qualche mente.