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odio

Quali sono le radici dell’odio globale?

La causa profonda e reale della maggior aggressività è il crollo dell’impianto valoriale che ha retto l’Occidente: l’impianto tradizionale, familista e, soprattutto, cristiano. Il corsivo di Battista Falconi.

Si sostiene di continuo che l’odio stia dilagando, che sia in corso un’escalation, per ripetere un termine utilizzatissimo, anche se nessuno è in grado di fornire misure precise che lo dimostrino. Prendiamo però per buona la tesi, anche se in passato abbiamo conosciuto epoche e avvenimenti di ferocia e gravità superiori agli attuali.

Meno convincente è l’attribuzione dell’odio dilagante alla politica, rea di seminarlo per malvagità o per distrarre l’attenzione delle persone dai problemi reali e consolidare così il proprio potere. Un’eziologia che, pure, in qualche caso appare convincente: vedasi i leader bellicosi come Kim Jong e l’ayatollah Ali Khamenei, quelli disponibili a seguire l’onda odiosa come Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen, il caso psicopatologico di Donald Trump e Volodymyr Zelensky, che ha di recente dovuto assicurare di non ricandidarsi dopo la fine della guerra.

Ancor meno convincente poi che l’odio cresca per colpa dei mass media, che in particolare lo diffondano i social, dando la parola alle famose “legioni di imbecilli” stigmatizzate da Umberto Eco che una battuta che rinnegò senilmente volumi di raffinate analisi semiologiche. L’infodemia non muta la proporzione tra comunicazioni buone, cattive, intelligenti, stupide o neutre: semplicemente, dà fiato digitale a conversazioni che avverrebbero nei bar o sugli autobus. Si può semmai dire che, col maggior numero di voci che ambiscono ad avere audience, cresce anche il tone of voice, cosicché anche chi ritiene di essere buono urla metaforicamente e concretamente per ottenere la pace: vedi la Flotilla che intende forzare il blocco israeliano e i Pro Pal che aggrediscono le forze dell’ordine o devastano le stazioni.

Riteniamo invece che la causa profonda e reale della maggior aggressività sia il crollo dell’impianto valoriale che ha retto il mondo, almeno quello che contava e comandava, il primo, l’Occidente. L’impianto tradizionale, classista, padronale, familista e, soprattutto, cristiano. Quel mondo non era migliore moralmente in assoluto, avallava per esempio la sottomissione di classi e ceti meno abbienti, ma così garantiva anche a loro una certa tranquillità, almeno in politica interna e soprattutto nelle relazioni interpersonali: a scuola, in famiglia, sul luogo di lavoro. Ed è quest’ultimo ambito, quello più vicino alla sfera personale, a determinare la nostra percezione che le cose vadano bene o male, di essere in pericolo o incerti.

Questo sistema, per farla cortissima, è stato smantellato nel corso degli ultimi secoli, con la Rivoluzione franco-americana all’insegna di libertà, uguaglianza e fraternità, che separandosi hanno dato rispettivamente origine ai regimi capitalistici, social-comunisti e fascisti. Ed è stato demolito del tutto nel corso della seconda metà del secolo scorso, dopo la più grande apocalisse che la Terra abbia finora conosciuto, con la sconfitta di un terribile regime del terzo tipo e la contrapposizione frontale dei primi due che, in modi diversi, hanno azzerato le tre virtù cristiane: fede, carità e speranza.

Ne è nato un mondo incredulo, dove non esistono più valori imperituri, indifferente, miopemente interessato solo al proprio tornaconto personale, depresso, poiché non punta a beni assoluti ultraterreni né terreni. Un mondo dove dilaga l’odio, o almeno i nuovi sentimenti e le emozioni che gli somigliano. Le sinistre terzomondialiste dicono che i seminatori di cattiveria siano le destre figlie dell’emimondo liberal-capitalista, mentre loro propagherebbero le neo-bontà ecologista, pacifista, inclusiva e multirazziale. Solo che, così facendo, i buonisti progressisti vanno contro gli interessi delle classi popolari del mezzo mondo dove abitano: abbassando il valore del loro lavoro con una concorrenza sleale neo-schiavista, ostacolando le imprese con un mito ambientalista di origini inconsapevolmente bibliche, gettandole nello sconcerto e nello sconforto che deriva dall’illusoria trasformazione dei desideri in diritti, alimentando indirettamente il proselitismo islamico incluso quello delle forme estremiste.

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